giovedì 21 novembre 2024

Paolo Martocchia, “Le perle di Silvi”: l'evoluzione storico-sociale e le mutazioni antropologiche.


Paolo Martocchia
 nasce a Parma, si laurea in Scienze Politiche e si specializza in Cooperazio­ne allo Sviluppo. Scrittore, giornalista e operatore culturale, studioso e raffinato ama la ricerca storica dei tempi e dei luoghi del territorio in cui vive e con cui si identifica e, pur provenendo da altrove, il suo mondo ha l’epicentro in Silvi tra le colline e il mare.
Ha firmato per molte testate nazionale e dal 2001 ha scritto scrive per il  gruppo editoriale “Il Sole 24 Ore”. E’ un sostenitore della cultura a 360°, ha inoltre collaborato con gli Atenei di Chieti e di Teramo e contribuito alla rinascita della vita culturale a Silvi. Attualmente lavora al quotidiano "La città".
Già autore dei volumi “Come cambia il lavoro: comunicazione, automazione, flessibilità” (IT Roma 2002) e François Mitterrand (Arte della Stampa, Chieti 2007), Variazioni di giudizio (Hatria, Atri 2010) ha dato da poco alle stampe “LE PERLE DI SILVI”, il suo nuovo interessante saggio storiografico della casa editrice Marte che offre un quadro d’insieme di fatti e personaggi di Silvi, incentrato su fonti giornalistiche e bibliografiche e delinea sia l’evoluzione storico-sociale che le mutazioni antropologiche di Silvi un «sito incantato».
L’autore racconta la storia della città tra l’arrivo della ferrovia e i giorni nostri ed è dedicata a tutti i cultori e appassionati di abruzzesistica, che ritengono importante la valorizzazione della Cultura della nostra regione. Il testo non solo parla di Silvi, ma anche della nostra regione e dei principali fatti accaduti in Italia dal primo decennio del ‘900 ai giorni nostri.

LA STORIA DI SILVI RACCONTATA DA PAOLO MARTOCCHIA
Paolo Martocchia ripropone  i momenti storici salienti della città: dalla Banda musicale alla prima Casa del Maestro, dall’arrivo di Mafalda di Savoia agli edifici di culto, dalla vocazione marinaresca alle tradizioni gastronomiche, arrivando sino alle memorie popolari e ai personaggi storici che l’hanno resa celebre.
Silvi, che negli anni Settanta veniva definita “la perla dell’Adriatico”, è costituita da due nuclei: la suggestiva parte alta: Silvi Paese dalle caratteristiche arcate di sostegno e dalla Marina una volta dalla finissima e dorata sabbia. Il paese inizia il suo percorso evolutivo e sociale il 17 maggio 1863 nello stesso giorno in cui arriva a Castellammare il primo treno a vapore della Ferrovia Adriatica.
Nel primo decennio del ‘900, l’influenza di Pescara si esercita attraverso Gabriele D’Annunzio e Giacomo Acerbo: mentre l’aeroporto viene affidato al marchese Martinetti Bianchi, Silvi arriva a detenere la prima “Casa del maestro”, la marineria di Silvi si sposta a Pescara, il Prof. Bassani si stabilisce a Silvi dove accorrono centinaia di “bagnanti” nel suo storico stabilimento “Cerrano Sub” vicino alla torre di Cerrano.
L’attento itinerario di Martocchia intende corroborare la tesi che vede in Silvi una città amabile, socialmente attraente, con qualità e caratteristiche che giustificano pienamente un grande e rinnovato orgoglio, anche attraverso l'influenza di Pescara, soprattutto nell'epoca de "La dolce vita" degli anni '70-'80, quando migliaia di pescaresi andavano ad affollare le discoteche di Silvi.
Il saggio ,dalla agevole lettura, tratta anche dell'evoluzione storico-sociale e delle mutazioni antropologiche del territorio silvarolo che ha l’aspetto di un’aristocratica signora a cui il tempo e la decadenza non hanno portato via i tratti genetici della bellezza e quelli eleganti della personalità.
L’opera va a sommarsi a una bibliografia dedicata al suggestivo paese: la “Cronaca e diario del Castello di Silvi” (1932) di Giuseppe de Torres , “Silvi bel suol d'amore” (1992) di Edoardo Famelici e “Silvi, storia folclore turismo” (1970) di Lamberto De Carolis.
La storia ha lasciato tracce dentro e fuori il paese in cui rimangono i connotati di una “bella epoca” dall'arrocco antico di Silvi Paese alle verdi colline fino alle ville superstiti in prossimità del litorale a Silvi Marina, memorie inconfutabili seppur confuse col disordine di una modernità e di una contemporaneità che non sono state e non sono generose con quel «sito incantato» a cui rimanda il libro di Paolo Martocchia.

In mezzo c'è un periodo intenso che ha segnato splendore e decadenza di quella «perla dell'Adriatico» dove le famiglie nobili atriane sfoggiavano le proprie residenze estive, costituendo un tessuto urbano e sociale signorile che si ritrovava al Club Marina, dove la gastronomia si affinava tra i sapori del pescato e dell'agro circostante, dove la fabbrica Saila cresceva facendo conoscere la liquirizia locale in tutto il mondo, dove i turisti italiani e stranieri affollavano l'estate, tra nuovi alberghi e spiagge attrezzate, regate veliche al Circolo Nautico, notti al Kursaal prima e alla Silvanella poi, e dove Mogol trovava ispirazione e scriveva capolavori per Lucio Battisti a Silvi, dove il paroliere passava le vacanze da ragazzo, è ispirata “La canzone del sole” .
“Forse nulla di nuovo o inedito, dice l’autore, senza pretesa di completezza nell’affrontare la storia di un paese che andrebbe rivisitato nella sua interezza in quanto la memoria storica aiuta la formazione di un’identità culturale e la condivisione di valori umani da tramandare ai posteri e soprattutto ci aiuta ad affrontare i nuovi problemi dell’umanità.





Recensione a cura di Elisabetta Mancinelli
e-mail: mancinellielisabetta@gmail.com



martedì 19 novembre 2024

Intervista a Tonino Tucci, l'eclettico fotografo della vita pescarese degli anni '70 e '80.

 


BIOGRAFIA 

Tonino Tucci nasce a Pescara il 1 giugno 1938. 

Sin dall’età di dodici anni maneggia le prime macchine fotografiche, ne viene incuriosito e ne subisce il fascino. Inizia a praticare quest’ arte a sedici anni, man mano acquisisce nozioni ed esperienze e sviluppa le sue innate potenzialità. Anche durante il servizio militare gli viene assegnato il compito di fotografo della Compagnia e svolge con amore ed interesse sempre crescenti questa attività. Tornato a Pescara rileva uno studio fotografico in via Galilei dove, da subito, mette in mostra il suo talento, con servizi fotografici di alto livello. Viene poi chiamato da “ll Messaggero” di Roma che gli affida l’incarico di fotoreporter per le pagine di Pescara e Provincia. Collabora con la redazione de “Il Tempo” e viene poi assunto come fotografo da “ll Resto del Carlino”. Fotografo eclettico riesce a dare il massimo nei servizi fotografici riguardanti teatro, concerti, jazz e cultura in generale ma anche nello sport e nella moda. Partecipa al concorso fotografico per il 50° anniversario del Comune di Pescara e vince il 1° Premio. Nell’anno 1974 Lucio Fumo, responsabile del Festival Jazz di Pescara, gli affida il compito di fotografo della manifestazione. Le sue immagini appaiono su tutte le riviste specializzate anche americane. 

Viene nominato fotografo ufficiale della Pescara Calcio negli anni delle tre promozioni in serie A. Fotografo della mondanità pescarese negli anni ’70 e ’80 è testimone di questi anni insieme alla sua inseparabile macchina fotografica, fermando immagini di storie belle e meno belle della vita di Pescara e dei pescaresi e conoscendo personaggi del cinema, teatro e sport dell’epoca. Riceve diversi riconoscimenti tra cui il secondo premio per il concorso sulla “Porta del Mare”. E’ il fotografo ufficiale del Primo Giro ciclistico d’Abruzzo a tappe e fotografo di scena nel film “La sposina” girato a Pescara. La sua curiosità e creatività lo portano ad affacciarsi anche al mondo del teatro e, dopo aver frequentato un corso di dizione e recitazione con Antonio Calenda, nel 1980 entra a far parte della compagnia “Giovani oggi” di Pescara. Trasferitosi a Spoltore nel 1985 il suo entusiasmo coinvolge i giovani del paese con i quali organizza spettacoli teatrali a cui partecipa sia come attore che come regista. La sua passione per la fotografia lo spinge ad insegnare quest’arte ai bambini della Scuola Elementare del paese, affascinato dal gran desiderio di trasmettere alle giovani generazioni le proprie conoscenze.

Espone il suo ricco patrimonio fotografico in diverse mostre personali. Da una sua idea nasce il 1° Concorso fotografico “L’aratro d’oro” a Cavaticchi di Spoltore. Attualmente si dedica a letture di brevi racconti e poesie, con la predilezione per i versi di D’Annunzio che lo affascinano per la loro musicalità. Contemporaneamente il suo animo romantico e poetico ed il suo occhio fotografico sempre attento, lo portano a catturare immagini del mare e delle campagne del nostro Abruzzo, riscoprendo la dolcezza delle nostre colline dalle forme sinuose ricche di vibranti sfumature cromatiche e la particolare bellezza delle coste chietine disseminate di trabocchi da Ortona a Punta Aderci di Vasto.



INTERVISTA AL FOTOGRAFO.

Quando un raggio di sole, da un cielo coperto, cade su un vicolo squallido, 
è indifferente che cosa tocca: il coccio di una bottiglia per terra, 
il manifesto lacerato sul muro, o il lino biondo della testa di un bambino. 
Esso porta luce, porta incanto, trasforma e trasfigura.

Hermann Hesse


Come si è avvicinato alla fotografia? 

Naturalmente, sin dall’età di dodici anni ho cominciato a maneggiare le prime macchine fotografiche perché ne ero incuriosito, poi per personale attitudine e inclinazione verso questa arte, a sedici anni ne ho iniziato lo studio, acquisendo nozioni ed esperienze e sviluppando le mie potenzialità.


La fotografia per lei che cos'è?

Non solo è un modo di fermare la realtà che ci circonda ma è una forma d’arte che mi permette di esprimere la mia interiorità: le mie sensazioni, emozioni, suggestioni e vibrazioni dell’anima.


A proposito di colori lei preferisce il bianco e nero o il colore?

Ho sempre distinto il bianco e nero dal colore. Sono due modi differenti e diversi di fotografare: dipende dal soggetto, dagli elementi che si desiderano raffigurare. Il bianco e il nero è il mezzo tecnicamente più impegnativo e artistico e si adatta ai volti, ai mezzo busti e agli ambienti e crea un gioco di luci che meglio esalta le caratteristiche somatiche e le immagini. Il colore invece fa parte dell’esistenza in quanto noi vediamo a colori e rispecchia la vita reale.


Ha dei modelli, dei maestri?

Non ho modelli di riferimento, non ho mai imitato fotografi importanti, ma ho attinto da questi nozioni e tecniche per creare immagini confacenti alle mie esigenze personali di raffigurazione di soggetti e paesaggi.

E lei si sente un maestro?

Non mi sento un grande maestro ma semplicemente un insegnante che è affascinato dal desiderio di trasmettere le sue esperienze e le sue tecniche ai giovani.


Lei è stato fotoreporter per importanti giornali. Queste esperienze hanno influenzato il suo approccio all’attività più strettamente artistica?

Sì, avendo lavorato per Il Messaggero, Il Resto del Carlino e Il Tempo ho avuto esperienze formative basilari per la mia formazione professionale che hanno sicuramente determinato e sviluppato il mio senso artistico.

L’occhio con il quale fotografa i diversi luoghi cambia in funzione del soggetto, oppure i suoi scatti riflettono tutti una sua personale poetica?

L’occhio con il quale riprendo le immagini, i paesaggi, cambiano a seconda della luce, del soggetto e della situazione. Lavorando solo in esterni, non in uno studio, la fonte di luce è una sola e non sempre disponibile. Bisogna sapere in anticipo quando ci sarà, di conseguenza occorre recarsi sul luogo delle scene da fotografare per valutare se è quella adatta alla realizzazione delle immagini. In queste situazioni diventa esaltante cogliere l’attimo. È proprio in tali circostanze che si manifesta quel non so che di magico che ci consente di trasfigurare piuttosto che riprendere semplicemente una porzione di territorio. Ed è così che si può catturare l'anima dell'ambiente che ci circonda, che non è altro che il riflesso della nostra anima.


Quali sono i suoi soggetti preferiti?

Il mare e la campagna della mia terra. Questa scelta deriva da un’esigenza del mio carattere, dal mio modo di essere, non è una ricerca ma è insito nel mio animo. Il mare con il suo rumorio, il colore che cambia a seconda della luce, le sue caratteristiche mutevoli: selvaggio, forte, allegro, tranquillo, burbero, arrabbiato, rispecchia la mia indole. Mi affascina, soprattutto d’inverno, quando le onde impetuose si infrangono sulle rocce con i suoi zampilli schiumosi che bagnano la vegetazione selvatica sull’arenile. Adoro anche la campagna d’Abruzzo, dalle stupende immagini come le calde sfumature dei tramonti, i tagli dei terreni appena arati intramezzati dalla vegetazione e da tutte le sue componenti: alberi, fiori, farfalle…Anch’essa come il mare è parte di me, mi appartiene perché delicata, riposante, poetica: in questi elementi mi sento fotografo ma anche poeta.



Perché è così speciale la fotografia di paesaggio e, soprattutto, cosa è realmente la fotografia di paesaggio?

Per me è assolutamente speciale perché fa sì che io mi immerga nella natura dove il mio occhio e la mia macchina fotografica possono spaziare per coglierne i vari elementi: pianure, colline, alberi, fiumi, laghi, mare con i loro colori. Ma preferisco fermare le immagini in primavera e in autunno quando i contorni non sono tenui e sfumati ma ricchi di vibranti tonalità cromatiche.

La sua arte è in continua evoluzione? Quali sono attualmente le sue fonti di ispirazione?

Attualmente , dopo tanti anni dedicati alla fotografia di paesaggio, ho scoperto un modo nuovo di espressione fotografica lo “still-life” , che mi permette di ritrarre oggetti inanimati: frutta, ortaggi fiori, piccole composizioni a distanza ravvicinata. Sollecitato dalla mia fantasia cerco di cogliere la direzione del fascio di luce per convogliarlo sull’oggetto; questa mia personale lettura mi sta rivelando un mondo affascinante e fantastico a cui mi sto dedicando con grande emozione e che cerco di far conoscere a quanti sono appassionati alla fotografia.






























Intervista a cura di Elisabetta Mancinelli

email: mancinellielisabetta@gmail.com


Recapito: