Gabriele D’Annunzio nella sua vasta produzione si è dedicato a
molteplici generi: poesia lirica, poesia epica, romanzo, novelle, teatro,
scritti di critica, cronaca giornalistica, prosa d'arte e questa variegata
prolificità mostra la sua grande apertura mentale, verso i più svariati campi. Tra
l’altro, mediante il maestro Cesare De Titta, entra in contatto con le
tradizioni popolari e la poesia dialettale abruzzese che segnano in modo
indelebile l’esordio del d’Annunzio narratore, come testimoniano: Terra
Vergine e le Novelle della Pescara in cui l’autore solidarizza intimamente con l’immaginario
collettivo rivelato da Antonio De Nino e Gennaro Finamore. Su questo filone ha toccato le
corde del meraviglioso e del fantastico
nelle “Favole di Natale” tratte da Parabole e novelle edite nel 1916 infatti
rappresentano un unicum nella sua produzione. Le Favole che attingono al
patrimonio delle fiabe popolari e delle leggende rielaborate in terra d’Abruzzo,
alcune delle quali conosciute tramite fonti orali, vengono trascritte e
ricreate con uno stile personale inconfondibilmente dannunziano.
Tra le “Favole
di Natale” particolarmente significativa
e suggestiva è ‘La leggenda in terra d’Abruzzo’:“La notte era senza luna; ma tutta la campagna
risplendeva di una luce bianca ed eguale, come nel plenilunio, perché il Divino
era nato. Dalla capanna lontana i raggi si diffondevano per la solitudine; e la
bontà che da quella luna anche diffondevasi intorno co’ raggi era tanta che le
terre coperte di neve parevano fiorite di rose e come un immenso rosaio
odoravano nella notte. Il bambino Gesù rideva teneramente, tenendo le braccia aperte
verso l’alto come in atto di adorazione; e l’asino e il bue lo riscaldavano del
loro fiato che fumava nell’aria gelida, come un aroma sulla fiamma.
La Madonna
e San Giuseppe di tratto in tratto si scuotevano dalla contemplazione estatica
e si chinavano per baciare il figliuolo. Vennero i pastori, dal piano e dal
monte, portando i doni. E vennero anche i Re Magi. Erano tre : il Re Vecchio,
il Re Giovine e il Re Moro. Come giunse la lieta novella della natività di
Gesù, si adunarono. E uno disse: "E’ nato un altro Re. Vogliamo andare a
visitarlo?" "Andiamo", risposero li altri
due.“Ma con quali doni? con mirra ed oro ed incenso. Se accetta la
mirra, sarà un beone; se accetta l’oro sarà un ladro; se accetta l’incenso,
sarà un santo". E si misero in
cammino. Le mule seguivano i sentieri di
montagna, guidate da una stella che procedeva innanzi pè cieli. Come la stella
si fermò sulla capanna, i Re Magi scesero a terra ed entrarono. San Giuseppe e la Madonna stavano in
ginocchio d’innanzi alla mangiatoia, dove riposava il Bambino. L’asino e il bue
facevano su lo strame un bel passo di danza: e la cornamusa suonava
spontaneamente, come pel soffio d’una bocca invisibile. Si avanzarono i Re Magi e afferirono a Gesù
Cristo i tre doni. Gesù Cristo li accettò tutti. E, nel tempo medesimo, il
Vecchio diventò giovine, il Giovine diventò vecchio e il Moro diventò bianco.
Non più si riconoscevano tra loro; e contesero a lungo e si copersero
d’ingiurie a vicenda. Chi non tanto si lamentava era il Vecchio diventato
giovine. Ma li altri due sopra lui specialmente tempestavano. Disse il Moro: "Insomma, chi è la causa della nostra discordia? Non è forse
l’ambizioso che è nato ora? Facciamogli la guerra." Li altri due consentirono. E poco dopo incominciarono le persecuzioni.
Una seconda leggenda narra che, nel viaggio, i Re Magi contendevano con molta
furia; poiché non potevano ancora stabilire chi dovesse essere il primo ad offrire
il dono. Primo voleva essere chi portava l’oro. E diceva: “L’oro è più
prezioso della mirra e dell’incenso; dunque io debbo essere il primo donatore”.
Li altri due alla fine cedettero. Quando entrarono nella capanna, il primo a
farsi innanzi fu dunque il Re con l’oro.
S’inginocchiò a’ piedi del Bambino; e accanto a lui s’inginocchiarono i
due con l’incenso e con la mirra. Gesù
mise la sua piccoletta mano sul capo del Re che gli offerse l’oro, quasi
volesse abbassarne la superbia. Rifiutò l’oro; soltanto prese l’incenso e la
mirra, dicendo: “L’oro non è per me!” E
quando il Re donatore di oro si levò, i suoi compagni videro ch’egli era
diventato nano.
Gesù Bambine nasce
Nche tanta puvertà!
Nen ha né panne, ni fasce,
Ni fuoche pe’ scalla!
La Madonna la remire
E San Giuseppe suspire,
“Tu ce sci nate al monne
Pe’ volecce salvà:
Faceme grann’allegrezze,
Ch’a è nate ‘ Redentore:
E’ ‘nu fiore de bellezze,
E’ ‘nu gra ‘ foche d’amore.”
Viènghene li pastore
Pè fagli grand’anore.”
La figlia de Sant’Anne
Pè noi lu sta prienne.
Lu bove e
l’asinelle
Lu stanne a riscaldà.
Giuseppe vicchiarelle
De basce se lu vò magnà.
‘N ciele, oh che splendore!
Menete a faglie onore!
Gabriele d’Annunzio
Ricerca storiografica a cura di Elisabetta
Mancinelli email mancinellielisabetta@gmail.com
I dipinti sono dell’artista Andrea De Litio
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