lunedì 30 novembre 2020

CATERINA FRANCHETTA: RITRATTO DI UNA POETESSA.

 


Caterina Franchetta, nata a Pescara durante la guerra, ha vissuto la prima giovinezza tra il mare e la campagna. Ha iniziato a lavorare come impiegata giovanissima, prima a Pescara, poi a Teramo e dal 1970 a Reggio Emilia. Computista commerciale, impiegata alla Monti di Pescara, e poi all’ENEL. 

Per oltre un decennio ha curato con passione un’associazione di anziani: l’ANSE  in attività culturali, ricreative e assistenziali (mostre fotografiche, viaggi, pranzi, interviste, anche un concorso di poesia ecc).

Ha partecipato a moltissimi eventi con i poeti della Settembrata Abruzzese, associazione fondata nel 1952, in particolare dal 2015 è presente alle varie edizioni della Via Crucis organizzate dalla stessa associazione.

Dal 2009 ha iniziato a scrivere poesie e non ha più smesso. Da sempre appassionata della parola, partecipa attivamente a reading poetici e si mette in gioco ai Poetry Slam con suoi testi in lingua e in vernacolo abruzzese. Ha partecipato a Montesilvano all'ultima edizione 2020: “E lasciatemi divertire”, dal Futurismo al Poetry Slam  per il progetto “P/Ponti di Parole”: quattro pomeriggi di letteratura che ci muove! Si inizia con “E lasciatemi divertire… dal futurismo al Poetry slam” ovvero dalle avanguardie letterarie e artistiche del primo ‘900 fino alle ultime tendenze di poesia performativa.L’evento è inserito nell'ambito di “Voltapagine fest – letteratura e nuove generazioni” un progetto di promozione della letteratura, organizzato da Ooops! (scuola di scrittura e narrazione).



Nel 2018 ha pubblicato una raccolta di poesie in vernacolo “La parlatura parlate” corredata da un cd dove la poetessa dichiara:
 

"ho riunito venticinque poesie scritte dopo il mio ritorno in Abruzzo, avvenuto dopo quarant’anni di permanenza a Reggio Emilia, terra dalle nordiche radici. Per me è stato come un cammino nel passato strutturato all’insegna del cambiamento di oggi, dove io stessa sono la storia che si racconta nei fogli, volanti come i pensieri stampati che l’hanno generata, racchiusi in copertine ritagliate da una vecchia coperta di lana di pecora abruzzese e legati dal filo di lana della memoria. Un progetto particolare che esula dalla normale stampa fredda di un comune libro tipografico. Ogni opera è diversa l’una dall’altra ed è personalizzata, ricamata su misura con l’animo e lo spirito che hanno ispirato i testi scritti e il prodotto finito è una specie di opera d’arte dove il contenitore contiene copertina, fogli e fil di lana, a loro volta aperti al cammino nel futuro. Un’ edizione vissuta in un concerto di più mani, chi taglia la coperta e chi la cuce, chi chiede alla parola – come ti scrivi? – E chi ascolta la mia voce con l’interesse di una prima”. 

Nel 2019 durante il corso di poesia alla Scuola Macondo ha realizzato la raccolta in vernacolo “L’urganette de lu tembe” e partecipato con le sue poesie all'antologia “Presentosi”.  


Classificata in numerosi concorsi letterari, i suoi scritti sono inseriti in varie antologie.Tra i Tanti premi va ricordato il Premio speciale della giuria alla IX edizione del Premio letterario nazionale d’Annunzio a Città Sant’Angelo.

Una sua poesia è inserita nel volume Riprendiamoci la luna (Di Felice edizioni, 10 euro, 58 pagine) l’antologia curata da Dante Marianacci,  si presenta così come un tentativo di difesa della luna romantica, la grande musa ispiratrice della poesia di tutti i tempi, o almeno questo lascia intendere l’ironico titolo. Del resto il tema della luna magica, da un lato sottolinea l’interesse che il cinquantenario dello sbarco ha creato nell'anno appena concluso, dall'altro protegge l’idea che in fondo la luna rimane ancora quella dei poeti, quella di Leopardi, citato all'inizio della prefazione, o quella di Ariosto che con una sua epigrafe dà inizio all'intero libro.

 

POESIE


A MIA MADRE


O madre mia
da te lontana e carica d’anni
ancora con occhi da bambina
ti rimiro incorniciata.
Quel giorno senza uguali
tenevi nel braccio bianchi garofani uniti a fronde verdi
ed indossavi la candida veste
lunga, in crespo, arricciata al petto
con lo scollo a punta,
snella la tua figura e serio il viso,
sui neri capelli ondulati
la corona di fiori d’arancio e il velo
scendeva fino a terra come vaporosa nuvola ai tuoi piedi.
Accanto a te mio padre
con l’abito scuro, la cravatta a farfalla, i guanti bianchi,
aveva gli occhi lucenti.


SULLA POESIA    

Scrivo per capire il mondo

e io;

ma se il mondo non mi aiuta

e io resto un mistero

per chi scrivo?

Forse per le rose

che non fanno domande;

a maggio

chi si fa rossa, chi gialla,

chi si sbianca.

Calamitarmi nei colori!

Rischio d’esistere,

m’arrendo.

16-5-2013


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Io quando scrivo sono in compagnia,

oggi ai versi di ieri aggiungo una parola

antica o nuova, cambio in variazioni                                          

mi piego, entro nei dettati dell’altrove,

ascolto, colmo d’umiltà le mie capriole

e lievito un pane di misericordia.

 

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Grazie o mio segno,

sia che di sottile o intemperata punta

continua tu la mia amicizia con la luce pura

nel sole o forse Dio

ritorna alla scrittura

nel domandarmi come mai, da quando,

torna alla sorgente,

già in quel mio primo incontro

il sole ruzzolando

si nascondeva nell'innevato monte.


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Va penna mia,

ti penso indifferente

e poi m’imbrigli, lascia,                                                     

la vera libertà vuole l’affido

non è poesia la mia,

ma una ricerca di chiarore,

io, fra le stelle sento padrone il sole

vicino nel luminoso fuoco

riverbera unicamente a me diretti raggi

consola e ripaga il mio bisogno di aprire varchi,

togliere barriere

e spalancarmi alla luce.

24-2-2010


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Se vuoi pubblicare un libro di poesie

non raccontare della nonna e della zia,

e lascia stare i Santi (soprattutto Dio),

sulla morte, solo vaghe allusioni,

e taci della politica le tue posizioni,

unisci un po’ di scetticismo, qualche indecisione,

un pizzico di stupore, un certo languore,

un alone di mistero, tanta passione;

scrivi con cognizione, evoluta forma

purché ispirata a questo e quello;

scrivi ciò che ti viene in mente

ma lascia nel computer

ciò che non interessa la gente;

siano i momenti tuoi segreta scaglia,

i tu per tu qui non c’entrano nulla;

prenditi tempo, e una raccomandazione:

solo testi brevi, potresti perdere il filo;

sia la tua verosimile poesia,

e se scrivi per conoscerti

e questo ti ruba troppo tempo

lascia al tempo il tempo di capire.


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 E la ricerca sulla parola che scava

e ci fa conoscere aspetti di noi stessi,

lo stile personale, la qualità del testo

che va oltre l’emozione del momento,

il passo avanti verso inusitati campi,

ma soprattutto le motivazioni profonde

che ci legano intimamente ai nostri scritti? 

Addio poesia.

3-2-2014


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Da “La parlatura parlate”

POETE DE NU JURNE O ‘NA MATINE


Poete de nu jurne o ‘na matine?

Ma che ne sacce i’ ddò sta lu vere.

Me vuje fa nnazzecà’ mo ca è la sere

da ‘na speranze che me fa sta meje.

Me vuje mannà a mme ddù righe scritte

a ccore a ccore, che ddice ca se so sìngere 

facce la cunuscenze nghe nu mistere

che m’addummanne se le vuje pe spose.

E me le pije, se nghe lu carre de ‘na vôte

porte pe dote ‘na scèrte de parole andiche,

da mette mmende a mme, pe famme dice

ca pe n’amore ma retrove a fa la poete.

E pazzijenne nghe lu girallà de la poesïe

setacce canije e ffiore a tutte l’ore, e le dinghe

a cumbà vende che le manne addò je pare

e chi la rcoje, la rcoje e nne le sperde.

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Cosa ho in comune con quelli

che di mestiere affermano essere poeti?

Forse la necessità

che ad un tratto mi prende

di riempire gli spazi sulla carta bianca

con parole che non userei ordinariamente

se non mi trovassi presa dal bisogno.

Non sono io che scrivo

ma è la scrittura che sola s’accende,

la mia, semplice come io sono,

un’anziana signora

che se avesse potuto seguire

altre vie, forse

oggi potrebbe dirsi altrimenti.

Non è rimpianto, ma costante

verità che tengo innanzi

per proseguire nei vicoli dei versi

prima che sia tardi.

Raccapezzare cosa ci sto a fare

in questo strambo mondo,

di quel che so e di come niente sono                                   

e di questo niente

finché avrò voce

parlar serenamente.

2009

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L’italiano

E’ palese, ho divorziato dall'inglese

l’interesse mio è rivolto altrove.

Ho una passione per quell'italiano

mio compagno delle elementari

rivisto tempo fa: mi ha folgorato.

Aspetto latino, niente invecchiato

vestito alla moda, ben adeguato.

Da allora ci siamo frequentati.

In sua compagnia ho gran diletto,

ogni sera a letto, nella buonanotte

si dà l’appuntamento nei miei sogni.

A casa mia, spesso scorda qualcosa,

la giacca, l’ombrello o il cappello.

Vuol mettere radici? Quando va via

mi lascia sola, assorta e pensierosa.

Vocabolario di sorprese nella tasca,

parole solite, capriolando rinnova,

le mette a cavallo a una gazzella, 

aleggia in luoghi chiusi a chiave

e scava solchi, alle mie domande

chiede lui pareri, allerta antenne,

di gente troppo seria è il seduttore.

Un’inglesina a volte gli rifila termini

sospetti - io capisco a volo, sono

gelosa, l’intrusa potrebbe adombrare

il nostro dire - ma lui nulla teme, 

ha spalle forti e modulata voce,

mai uguale, per certi versi originale,

per me è tutto da scoprire.

Quando incantata accolgo il dono

d’una parola nuova, senza pari,

curiosa ardo e più m’innamoro,

vorrei rinascere e ricominciare

compagni di scuola come allora.

2009


Ricostruzione storiografica: Elisabetta Mancinelli

e-mail: mancinellielisabetta@gmail.com



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