domenica 15 gennaio 2023

PIETRO CASCELLA. RICORDO DI UN GRANDE ARTISTA PESCARESE.

Il 18 maggio 2008, all’età di 87 anni, morì uno dei maggiori scultori italiani del secondo Novecento, Pietro Cascella. Si spense nella sua casa di Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca, il luogo dove si era trasferito anche perchè gli permetteva di avere a disposizione il marmo che desiderava plasmare. Al suo capezzale la moglie Cordelia Von den Steinen, anch'ella scultrice, conosciuti durante il progetto Campo del Sole nel 1984 e i loro figli, Tommaso junior e Jacopo. Pietro pur vivendo da tempo lontano dall’’Abruzzo era molto legato alla sua terra e a Pescara ma alla vecchia città non alla Castellammare nata in modo frenetico che definiva un "agglomerato di palazzi e palazzoni". Non per qualche motivo campanilistico ma solo perché, dopo la guerra, era cresciuta in modo disordinato, vorace. Quindi, anche con l’influenza della nostalgia, del ricordo, per lui attraversare il fiume voleva dire, ancora, andare in un’altra città. Ricordava spesso che quando andava a vedere la Coppa Acerbo, che invece si svolgeva tutta a nord del fiume, per fare prima evitava il ponte e andava sull’altra sponda a nuoto. Ricordava anche la Pineta d’Avalos perchè gli rievocava la sua infanzia, luoghi, nomi e persone che da 50 anni non ci sono più. A Pescara comunque ci tornava lo stesso e lo si vedeva spesso aggirarsi nella sua Casa natale ora Museo dando suggerimenti e consigli per migliorarlo, ma con malumori sempre crescenti perché la città diveniva, a suo dire, sempre più caotica e diversa da quella che gli aveva dato i natali.

UNA DINASTIA DI BEN CINQUE GENERAZIONI DI ARTISTI

Pietro figlio d’arte appartiene ad una lunga e illustre dinastia. Nella storia dell’arte italiana vi sono molti casi di famiglie di artisti, a volte ristretti ad una sola generazione, altre volte riguardanti vere e proprie dinastie di più generazioni. La parola "bottega" radicata nella storia della pittura italiana ed europea, è forse quella che dà la spiegazione più plausibile del formarsi di questo tipo di famiglie perché, al di là del talento e della grandezza di ciascuna personalità, quasi obbligatoriamente era all’interno dell’impresa familiare che avveniva l’apprendistato, come garzone o solo preparando i colori. Questa tradizione continua fino agli inizi del 1900. La dinastia dei Cascella, nella sua formazione, si inserisce in questa tradizione anche se essa costituisce un caso del tutto particolare nella storia dell’arte italiana degli ultimi centoventi anni, perché si è manifestata nella continuità di ben cinque generazioni. Inoltre “la famiglia”, pur formandosi nello spirito della bottega rinascimentale, ha espresso personalità artistiche caratterizzate e riconoscibili, ciascuna autonoma nel proprio particolare mondo immaginativo.

Questa famiglia patriarcale di artisti ha dato alla terra natia onore ed orgoglio per la capacità espressa nelle diverse forme artistiche in cui si è cimentata, sempre con incommensurabile impegno, arte e genialità. La storia di queste generazioni di artisti rappresenta la testimonianza sempre giovane di un entusiasmo creativo che si è manifestato e continua a manifestarsi in maniera impareggiabile. Il capostipite di questa illustre dinastia fu Basilio personaggio multiforme, pittore, ceramista, litografo ed editore. La seconda generazione è costituita dai figli Tommaso, Michele e Gioacchino. 

Il primogenito Tommaso, poeta dell’elegia, dipinse con fedeltà veristica i luoghi della sua infanzia legati al paesaggio abruzzese. Egli ebbe due figli Andrea e Pietro. 

Il secondogenito di Basilio: Michele pittore e sognatore, ritraeva con delicatezza di pennello paesaggi dai colori tenui nel tiepido sole, sfumature primaverili e le voci soffuse delle colline, dei fiumi e del mare. Egli non ebbe figli. 

Il terzogenito: Gioacchino sensibile pittore elesse il suo paese Rapino a soggetto privilegiato della sua arte, lo amò a tal punto che decise di trascorrervi tutta la sua vita tra l’argilla dei monti e i colori dei pennelli. Egli non ebbe figli.

Alla terza generazione appartengono Andrea (unico figlio di Tommaso) raffinato disegnatore, pittore e ceramista ma soprattutto scultore di fama internazionale e direttore dell’Accademia di Brera e Pietro.

Della quarta fanno parte: Marco unico figlio di Andrea, artista che si esprime con un suo suggestivo e personale mondo fantastico di sapore spazialistico e poi i tre figli di Pietro Tommaso Junior, Susanna e Jacopo che dialogano tra pittura e scultura con grande sensibilità e creatività.

Alla quinta generazione appartiene Matteo Basilè (in omaggio a Basilio) artista di integrazioni culturali, che riafferma con la sua ricerca sui nuovi linguaggi dell’arte la persistenza intuitiva della “modernità” di Basilio.


 BIOGRAFIA E OPERE

Pietro Cascella nasce a Pescara il 2 febbraio del 1921. Secondogenito di Tommaso grazie alle passioni del papà e del fratello Andrea, ma in particolar modo del nonno Basilio, si interessa subito di pittura a cui si dedica. Per approfondire le sue conoscenze si trasferisce a Roma e nel 1938 inizia a praticare l'Accademia delle Belle Arti per seguire i corsi di Ferruccio Ferrazzi.

Poco più che ventenne partecipa, nel 1943, alla Quadriennale di Roma e nel 1948 è invitato alla prima Biennale di Venezia del periodo post-bellico. Sono gli anni in cui, insieme ad Andrea, lavora in una fornace e successivamente si impegna nella realizzazione di opere in ceramica di tutti i tagli. A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, abbandona la pittura, e si dedica alla scultura in bronzo ma soprattutto in pietra da lui definita "l'ossatura della terra" per il recupero dell'antica naturalità e integrità dell'uomo: volumi che, richiamando forme archetipe, collocano l'artista in una linea ideale della scultura europea da Brancusi a Lipchitz. Di pietre levigate, aspre, corrose, sono i suoi lavori maggiori, quasi cubisti, di un purismo geometrico che affascina in quanto vi si legge un senso di potenza ed energia. Il carattere monumentale, presente anche nelle sculture di piccole dimensioni, traduce il senso di potenza ed energia, che si richiama alla grande tradizione dell'arte, sulla quale si innesta una fantasia tutta moderna. Il suo modo di lavorare era sempre lo stesso per qualunque opera: nel suo atelier diViareggio Pietro faceva un modellino di gesso prima e di pietra poi. Successivamente passava al marmo e poi con lo scalpellino procedeva alle correzioni. Nel 1956 partecipa nuovamente alla Biennale Veneziana e poi comincia, grazie alla collaborazione con Sebastian Matta ad affrontare nelle sue opere tematiche surreali.
Nel 1957 partecipa al concorso per il 'Monumento di Auschwitz' con un progetto realizzato dal fratello Andrea e dall'architetto Julio Lafuente. Dopo alterne vicende viene approvato un altro progetto curato da Pietro stesso e dall'architetto Giorgio Simoncini. L'opera, che vede la luce nel 1967 nell'ex campo di sterminio nazista in Polonia, è una delle più importanti creazioni dell'artista. Nel 1971 partecipa al XXIII Salon de la Jeune Sculpture di Parigi, tiene una mostra al Palais de Beaux Arts di Bruxelles e allestisce un'ampia personale alla Rotonda della Besana di Milano. Il periodo successivo è caratterizzato da grandi successi e affermazioni. Produce una serie di opere monumentali in cui si fondono impegno sociale e progetti di scultura su scala urbana: del 1979 è il 'Monumento alla Resistenza' per la città di Massa Carrara, un 'Monumento a tutti i giorni' viene realizzato nel 1980 per la piazza della cattedrale di Pescina. Nel 1984 inizia a lavorare sul progetto 'Campo del Sole' insieme alla seconda moglie Cordelia Von Den. Si reca in Versilia, per la prima volta e fa parte del gruppo di artisti che partecipano al progetto di Erminio Cidonio di fare di Querceta un centro internazionale per la scultura moderna. La sua ricerca dagli anni settanta in poi si orienta soprattutto verso opere a carattere monumentale che sono anche le più note: l’Arco 'della Pace a Tel Aviv, Omaggio all'Europa a Strasburgo, il Monumento a Giuseppe Mazzini a Milano, Sole e Luna a Riad, Bella Ciao a Massa.
Tra le opere monumentali degli anni Ottanta vi sono Cento Anni di lavoro allo stabilimento Barilla a Parma, il monumento a Due Carabinieri caduti a Monteroni d'Arbia, e la Piazza di Milano Tre. Altra opera di grande interesse è La nave, realizzata nel 1987 in marmo di Carrara e collocata inizialmente in Piazza Croce a Firenze, solo successivamente, l'allora sindaco Nevio Piscione richiese l'opera per il nostro capoluogo poiché ben si addiceva ad una città marinara e fu collocata sul nostro lungomare. Sempre per la sua città Pescara l’artista ha realizzato in questo periodo il Monumento ai Caduti di Piazza Garibaldi. Degli anni novanta sono altre sculture, fontane e colonne simbolo, l'Agorà all'Università di Chieti, il Monumento della Via Emilia a Parma, la Porta della Sapienza a Pisa, l'Ara del Sole a Ingurtosu in Sardegna, il Teatro della Germinazione nel Parco Nazionale d'Abruzzo, la fontana della città di Chiavari e la fontana per la Baraclit nel Casentino. Esegue anche la Volta Celeste ad Arcore (Milano), il mausoleo commissionato all'artista da Silvio Berlusconi nella propria villa.
"La Volta celeste - spiegò l'artista in occasione della consegna del mausoleo - rappresenta il cielo, il luogo da cui veniamo e verso cui andiamo. L'idea del monumento funerario a Berlusconi è venuta quando gli è morto il padre". E a chi accusava l’artista di aver caricato l'opera di simboli massonici, indispettito, rispose: "La mia scultura è un'opera astratta. Non c'è nessun simbolo". Mi è stato richiesto di: 'non fare una cosa mortuaria con le falci, i teschi' e allora ho pensato all'alto, al cielo e ho fatto questa cosa che si chiama volta celeste”. Numerose le esposizioni, sia in Italia, tra cui la prestigiosa mostra nella piazza del Duomo e nella chiesa di Sant'Agostino a Pietrasanta, che all'estero. Portano la sua firma anche le recenti opere: l’Acquasantiera, il fonte battesimale, il pulpito e la colonna esterna della Chiesa del Mare e la Tomba di famiglia nel Cimitero di San Silvestro. Silvano Console giornalista, documentarista e suo amico personale racconta che riteneva quest’ultima un’opera barbarica e selvaggia, salvo poi a commuoversi perché lì c’era la storia di tutta la sua famiglia: vi sono infatti sepolti Basilio e Susanna e il papà Tommaso. Come ricorda Fred Licht nell'introduzione al catalogo curato dalla Camera dei deputati, citando il mito di Deucalione e Pirra, l'opera di Cascella sembra informata alla concezione della pietra come "ossa della Madre Terra". Ai protagonisti del mito classico l'oracolo di Delfi dette istruzione, per placare l'ira degli dei, di prendere le ossa della loro madre e gettarle alle spalle; Deucalione rivendicò che "nostra madre è la terra e il suo scheletro è fatto di pietre" e, con Pirra, raccolse le pietre da un campo e le gettò alle spalle. Le pietre, cadendo al suolo, presero vita e crearono una nuova, e migliore, razza umana. Ebbene, scrive ancora Licht, "la scultura di Pietro Cascella in pietra… ha tutta la forza epica del mito greco. La sua profonda conoscenza della pietra coincide con le pietre che Deucalione e Pirra portarono in vita".

Ricostruzione storiografica a cura di Elisabetta Mancinelli

Email: mancinellielisabetta@gmail.com

 I documenti e le immagini sono tratti da: “Artisti ed arte in Abruzzo” di Antonio Gasbarrini e Antonio Zimarino, da “Cascella” della Fondazione Caripe, dall’Archivio di Stato e dal Museo Cascella di Pescara.

Nessun commento:

Posta un commento