Ha origini molto antiche, risale a tradizioni precristiane, alle feste dell'antica Roma riti fortemente propiziatori per la fertilità della terra, dopo la stasi invernale. Ma i temi religiosi e le pratiche pagane s'intrecciano in virtù degli aspetti più controversi del suo cerimoniale.
ETIMOLOGIA
L’etimologia
della parola Carnevale è molto discussa:
potrebbe derivare da “Carnem- levare”: intonare un canto;
da "carne-vale" o "carnasciale",
dalla tradizione medievale di consumare un abbondante banchetto di "addio
alla carne" la sera precedente il mercoledì delle Ceneri, prima dei
digiuni quaresimali e ancora da “Carna-aval” sempre un invito a non
mangiare carne o dalle Carnalia feste in
onore di Saturno e ancora c'è chi la farebbe risalire al “Carrus Navalis” carri a forma di nave
usati a Roma nella festa in onore di Iside (Isidis navigium) che consisteva in una sfilata di maschere al
seguito di una barca di legno con l’immagine della dea che veniva portata verso
il mare per benedire l’inizio della stagione velica.
LA STORIA
La
festa di Carnevale ha un’origine molto lontana nel tempo. Dalle testimonianze storiche si evince che le maschere siano state utilizzate dall'uomo fin dal Paleolitico quando gli stregoni, durante riti magici e propiziatori,
indossavano costumi adornati di piume e sonagli e assumevano aspetti
terrificanti grazie a maschere dipinte, nell'intento di scacciare gli spiriti
maligni. Ma è soprattutto al mondo greco- romano, alle feste in onore degli dei, che gli studiosi
fanno risalire le sue origini.
I Baccanalia festa orgiastica rituale propria del culto di Bacco, si svolgevano lungo le strade della
città e prevedevano l'uso di maschere, baldoria, abbondanti libagioni, e
manifestazioni danzanti.
I Cerealia festa in onore di Cerere e Proserpina che si
svolgeva dal 12 al 19 aprile. La cerimonia prevedeva il
ricordo del mito: la ricerca della figlia da parte della madre era
rappresentata dal vagabondare delle devote per la città, reggendo una
torcia e vestite rigorosamente di bianco. Si svolgeva di notte, e giovani e
vecchi, nobili e plebei sfilavano
tenendo in mano tante fiaccole accese.
Nel periodo pre-solstiziale, in marzo e in dicembre si
celebravano nell’antica Roma, i Saturnalia, la ricorrenza più festosa
dell’anno. Gli schiavi erano temporaneamente liberi, venivano scambiati doni,
si eleggeva una specie di Re Burla. Tale festa in onore del dio Saturno, segnava
la fase di passaggio tra il vecchio e il nuovo anno, tra il sole che muore e il
nuovo che deve rinascere.
I "Lupercali" invece si svolgevano a Roma il 15 febbraio in onore
del Dio Luperco. Secondo la tradizione, egli sorvegliava le greggi e le proteggeva
dall'assalto dei lupi. I suoi sacerdoti, detti luperci,
godevano di molto prestigio. Il luogo dove si tenevano i Lupercali era sito nei
dintorni della grotta sacra a Luperco, ai piedi del Palatino, la grotta in cui
secondo la leggenda una lupa trovò ed allattò i gemelli Romolo e Remo.I
Lupercali consentivano alla comunità di purificarsi e prepararsi ad accogliere
la primavera ed i suoi frutti, propiziando la fecondità della terra, degli
animali e dell'uomo; furono celebrati fino al V° secolo dopo Cristo, quando
subentrò una festa Cristiana: San Valentino, la Festa degli Innamorati. Nel Medioevo esso subì una trasformazione per
effetto probabilmente della tradizione pietistica e della diffusa pratica
mistica. La Manifestazione divenne
fondamentalmente un rito di purificazione come è provato dalla scena culminante
della festa che consiste nel funerale di Re Carnevale. Questo senza però
perdere il carattere trasgressivo di abbandono ai piaceri materiali, come viene
rappresentato dai versi dei Canti carnascialeschi di Lorenzo il Magnifico
"chi vuol esser lieto sia di doman non v'è certezza....":
un momento in cui vige la più assoluta libertà
e tutto diviene lecito: ogni gerarchia decade per lasciare spazio alle
maschere, al riso, allo scherzo e alla materialità. Un modo per uscire
dal quotidiano,
disfarsi del proprio ruolo sociale, negare sé stessi per divenire altro.
Nei nostri tempi dopo alterne vicende di gloria e
decadenza, le manifestazioni carnevalesche hanno ripreso con forte vigore e in
molti casi, esse sono il frutto del recupero di tradizioni popolari spesso da
lungo tempo dimenticate.
CARNEVALE IN ABRUZZO
Un tempo in Abruzzo, regione di antica cultura e tradizioni agricole e
pastorali, dove le attività quotidiane della pastorizia e del lavoro dei
campi erano fortemente intrise di religiosità, il Carnevale
racchiudeva i valori e le credenze di cui viveva il mondo contadino e su
cui fondava le proprie attività. Era la
festa per eccellenza, con forti valenze simboliche che celebrava la
conclusione del ciclo delle festività di fine anno.
Un periodo di tempo che andava da Sant'Antonio Abate, anch'essa antica festa
contadina, che si ricollega alle altre feste abruzzesi di
fuochi invernali, al martedì grasso. I carnevali contadini che un
tempo animavano le contrade di campagna e le piazze dei borghi e delle
città, oggi non sono più tali, ma in Abruzzo nelle rappresentazioni
del Carnevale è possibile cogliere ancora i riferimenti col passato e in tanti
piccoli centri, alcuni aspetti tradizionali, simboli e cerimoniali vengono
riproposti quali sfilate di maschere, abbondanti libagioni , balli e l’usanza
di bruciare un fantoccio di cartapesta rappresentanti la Vecchia o Carnevale
che un tempo veniva precedentemente processato secondo un rituale teso ad
esorcizzare l’anno trascorso con quanto di negativo si voleva distruggere
auspicando il passaggio alla bella stagione la primavera con la rinascita della
natura.
CARNEVALI TIPICI IN
ABRUZZO
In
Abruzzo i festeggiamenti per il carnevale sono alquanto sentiti, numerose le
feste e le iniziative dei diversi comuni carri allegorici, feste in piazza,
sfilate, musiche, balli e rievocazione di tradizioni antiche.
Uno dei Carnevali più caratteristici e antichi d'Abruzzo si svolge
a Francavilla
al Mare. Da
più di 50 anni si celebra questa festa che dura dieci giorni e si conclude il
martedì grasso. Lungo le strade sfilano sbandieratori, bande musicali e cortei
di bambini in maschera guidati da Re Patanello maschera locale e i tradizionali
carri allegorici in cartapesta. La costruzione dei carri è affidata ad esperti
maestri cartapestai del luogo, e, ogni anno,è ispirata alla caricatura e alla
satira di personaggi ed eventi assurti alla ribalta dei media nel corso
dell'anno
A Pettorano sul Gizio si
svolge il giorno di Carnevale una manifestazione particolarmente originale
La Piazza principale (Zannelli), un tempo cortile dei duchi di Cantelmo, che
tennero in feudo il paese per circa tre secoli diventa il palcoscenico della
lettura del testamento del Re Carnevale: in piazza vengono riferiti tutti i peccati della comunità.
Un uomo, fustigatore del malcostume, denuncia in modo ironico i
"misfatti" avvenuti in paese, dando lettura pubblica, nella piazza
affollata di gente, di un "testamento" che, come da tradizione, prima
di essere letto viene visionato dalle autorità locali per eventuali censure.
Crognaleto (Te).
A Carnevale rivive un antico rituale che presenta aspetti propri di alcune forme
del Carnevale spagnolo di tradizione popolare agricolo-pastorale: la presentazione pubblica del primo figlio
maschio nato nella famiglia, l'"erede" appunto. È un rito collettivo
che prevede un corteo di figuranti a cui si uniscono gli abitanti del paese. Apre il corteo il declamante, in abiti da
pastore e con indosso una corda a cui sono assicurati dei campanelli, in groppa
ad un asino chiamato Carnevale bardato a
festa, seguono lo spargitore di cenere e
dei ragazzi dal volto dipinto di nero che rappresentano sia l'agricoltore che
conduce l'aratro, sia i due buoi che lo
conducono.
A questo nucleo
originario, negli anni si sono aggiunte le figure del Vescovo, della
"mammina", un uomo vestito da levatrice, e di due Guardie. Il corteo
dei figuranti sosta in ciascuna casa
dove vi è il nuovo "erede" da festeggiare: lungo il tragitto di casa
in casa vi è la rappresentazione dei buoi che fuggono e dei rumorosi tentativi dell'agricoltore di riprenderli, al
fine riuscendoci. Giunto nella casa dell'"erede" il declamante lo
prende con sé, in braccio sull'asino, ed inizia a cantare versi che narrano in
chiave burlesca e con abbondanza di riferimenti alla sfera sessuale, le vicende
dei maschi della casata di appartenenza del bimbo. Conclusa la "canzone
dell'erede" segue banchetto a cui
partecipano tutti i presenti tra canti, danze e bevute. Al declamante, che non
deve mai scendere dall'asino, spetta il primo bicchiere di vino ed il primo assaggio
del pasto di festa. Quindi il corteo si rimette in marcia verso l'abitazione
successiva. Le scene vengono ripetute di casa in casa fino a che, con il
festeggiamento dell'ultimo "erede" dell'anno, il rituale va a
concludersi.
Si perde nel tempo la
tradizione di festeggiare a Montorio (Te) un
particolare aspetto del Carnevale, cioè quello detto "Carnevale
morto". Sembra derivare direttamente dalla commedia dell'arte l'usanza di festeggiare la morte del
Carnevale; occasione, questa, che si drammatizza il giorno delle ceneri, primo
della Quaresima, simulando le esequie del Carnevale, appena passato, al quale
rendono onore con spirito burlesco e beffardo, inscenando un canovaccio di
satira paesana, le maschere vestite a lutto: ad accompagnare il feretro pensa la
banda cittadina, che alterna, nel suo incedere, marce funebri a musiche di
irriverente allegria.
Ogni
Martedì Grasso Luco dei Marsi, organizza una
tradizionale sfilata di Carnevale. Carri animati da personaggi politici,
fiabeschi o di pura fantasia ,provenienti anche da paesi limitrofi, sfilano per
tutto il pomeriggio lungo il corso
principale del paese ammirati da tutto il popolo Marsicano e anche da persone
provenienti da altre zone. Il corteo si ferma per una esibizione in relazione
al carro rappresentato solo sotto il palco della giuria formata dal Sindaco, da un rappresentante di ciascun carro e da esperti nelle arti visive :scultori, pittori,
disegnatori.
A Città Sant’Angelo
si svolge un vivace e colorato Carnevale festeggiato con stravaganti sfilate di
musicisti, danzatori, con un allegro corteo che si snoda per le strade
rielaborando i temi classici della festa. La manifestazione trae le sue origini
da un personaggio del paese vissuto a fine Ottocento “Ndirucce”, un semplice calzolaio (Antero De
Tollis) che si divertiva a declamare al centro del paese i suoi sonetti detti “
ttavitte” che miravano a prendere in giro semplici cittadini e personaggi
pubblici e a raccontare i fatti accaduti durante l’anno. La tradizione continua
ancora oggi e, nella domenica di Carnevale, vengono messe in scena dalle varie
contrade del paese che si sfidano nella piazza principale, rappresentazioni di
nuovi “ttvitte”. Una giuria premia i sonetti più umoristici e il carro più allegorico e più bello.
Ricostruzione
storiografica di Elisabetta Mancinelli
email :
mancinellielisabetta@gmail.com
I
documenti e le immagini sono tratti
dall’Archivio di Stato, da “Il
carnevale tradizionale abruzzese” di F. Stoppa ; da “Folklore abruzzese” Lia
Giancristofaro.
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