mercoledì 25 marzo 2020

L’epidemia killer di un secolo fa: l’influenza spagnola


L'influenza spagnola fu la prima pandemia moderna causata dal virus H1N1, che tra il 1918 e il 1919 dopo la Prima Guerra Mondiale  uccise tra i 50 e i 100 milioni di persone, così chiamata perché, in tempi di censura i primi a parlarne furono i giornali spagnoli.

Nel 1918 in  assenza di trasporto aereo civile, l'influenza spagnola impiegò più tempo a diffondersi per il mondo. In alcuni luoghi arrivò dopo mesi, viaggiando in traghetto o in ferrovia, tuttavia alla fine poche nazioni furono risparmiate.
Fu favorita dalle condizioni umane e igieniche in cui dovettero combattere i soldati sui vari fronti, all'interno delle trincee. La caratteristica più sorprendente della pandemia fu il suo tasso di mortalità insolitamente alto tra le persone sane di età compresa tra 15 e 34 anni. Oggi si ritiene che fu diffusa dai soldati americani sbarcati in Europa dal 1917 per prendere parte alla Grande Guerra.
Fu definita “il più grande olocausto medico della storia”.
La pandemia di influenza spagnola ha ucciso più della peste nera ed in sole 24 settimane ha mietuto più vittime dell’AIDS in 24 anni. 
I casi di contagio raggiunsero i 500 milioni provocando la morte dell’allora 5% della popolazione mondiale.
L’origine della terribile influenza è stata rilevata essere epizootica: dai volatili è passata ai maiali che hanno contagiato poi l’uomo. La zona in cui pare si sia originato il terribile ceppo batterico è la Cina meridionale, tuttavia il primo caso accertato venne registrato in Kansas l'8 marzo 1918.
Si stima che le vittime in Italia furono almeno 600.000
In brevissimo tempo, ma non si hanno notizie certe e provate, in America perirono circa  675.000 persone.

Furono dunque le truppe americane, secondo le più recenti relazioni, a diffondere sul continente europeo, anche casualmente il nuovo agente patogeno, essendo stati in parte anche loro direttamente contaminati tramite un vaccino che era stato loro inoculato.
La storiografia tedesca, subito dopo la sconfitta e la disfatta con la firma della resa senza condizioni, negli anni immediatamente successivi, attribuì proprio all'efficacia della "spagnola" la causa della sconfitta finale.
Un primo picco dell'epidemia, che si diffuse ad una velocità impressionante, si ebbe in giugno e luglio del 1918, ma "l'ondata" più micidiale colpì in pratica tutto il mondo e raggiunse il suo culmine in ottobre e novembre... per placarsi poi nella primavera del 1919.
Nel  corso delle ricerche che si erano rese possibili dopo che scienziati militari statunitensi (nel 1996-97) avevano scoperto e dissotterrato, nel gelido terreno dell'Islanda dei cadaveri di vittime della spagnola, ben conservati nel terreno ghiacciato. Successivamente furono prelevati dai polmoni, di questi corpi parti del patrimonio genetico del virus.
Quindi il DNA dell'agente patogeno era stato ricostruito per intero e poi sperimentato su cavie animali nei laboratori del Center for Disease Control di Atlanta risultando altamente letale.
Se tutta la guerra, la Grande Guerra, in cinque anni di conflitto, aveva fatto circa 9 milioni di morti nella sola Europa, questa epidemia ne fece, in pochi mesi, ben più di 20 milioni: un decimo della popolazione del continente che era stimata, all'epoca, in circa 280 milioni di persone.

Alcuni storici sostengono che i morti, in tutto il mondo, furono all'incirca 40 milioni (altri sostengono addirittura che i decessi furono ben più di 75 milioni). Questi dati non potranno mai essere o confutati o ufficializzati poiché in molte regioni del pianeta in cui è stata segnalata la presenza di morti per questa pandemia, specie nei Balcani, in Asia e in Medio Oriente non vi erano, in quegli anni e in quelli successivi, statistiche o censimenti che potessero essere da riferimento sulla consistenza della popolazione e tanto meno di quella colpita dal morbo letale.
Restando però alle cifre ufficiali comunque il numero delle vittime fu dichiarato, a infezione scomparsa totalmente, nel 1920, in circa 350.000 per l'Italia (ma altri dati parlano di 600.000), 166.000 per la Francia (350.000), 225.000 in Germania (400.000), 228.900 in Inghilterra, in Austria-Ungheria 1.000.000 (2.500.000).
Come si nota chiaramente fu l'Italia, dopo l'Austria ad essere colpita nel modo più grave sia in termini di conteggio assoluto sia in rapporto percentualmente rispetto alla popolazione stimata.
Fuori dall'Europa si contarono 675.000 morti negli USA e in India l'impressionante numero di 16.000.000 (altre stime, di fonte inglese, accennano a 22.000.000).
Di altri stati asiatici e africani non si sono mai avuti dati attendibili ma in nazioni altamente popolose (Cina, Indonesia ecc) il conto dei decessi era davvero impossibile, ma ritenuto molto elevato.

Il 25% delle vittime erano sotto i 15 anni e il 45% fra i 15 e i 35: da queste statistiche si evidenzia come la malattia colpì generalmente i più giovani.
Anche in Italia specie in Valle Camonica la "spagnola" colpì ovunque, i morti erano talmente tanti che i sacerdoti non celebravano più i lunghi riti funebri della tradizione cattolica, ma si limitavano ad una breve benedizione e ad una altrettanto breve e rapida sepoltura.
In poco tempo anche i cimiteri di molti paesi non riuscirono più a contenere tutte le salme e allora si procedette allo scavo di fosse comuni di emergenza anche al di fuori dei recinti funerari. Alcune di queste (buche dei morti, così erano chiamate in molti borghi, erano anche di vaste dimensioni, per contenere contemporaneamente più corpi per delle inumazioni collettive, molte volte di interi nuclei familiari.
La scienza medica e la ricerca scientifica di allora, anche le più avanzate, erano completamente impotenti di fronte a questa virulenta epidemia.

I più illuminati e illustri scienziati dell'epoca non sapevano che cosa fare e come agire, tant'è che, a chi era colpito dal male, venivano prescritte (naturalmente senza alcun risultato positivo) una profonda spennellata di petrolio in gola e una abbondante bevuta di grappa o altri super alcolici.
Nella storia non si era verificata una simile violenta epidemia fin dai tempi della famosa peste (di manzoniana memoria) del 1630-31 che aveva ridotto la popolazione Italiana di un quarto con almeno un milione di morti sui quattro milioni di abitanti di allora.
I sentimenti più diffusi tra la popolazione in quei tristi 1918 e 1919 erano la costernazione e la paura, ma più forte sopra tutto era la rassegnazione a ciò che era ritenuto inevitabile e (tra i più diseredati, ignoranti e poveri) forse anche dimostrazione della solita "ira divina" per i peccati commessi dall'umanità in guerra.
Intere famiglie furono spazzate via, interi paesi si erano spopolati e la nostra valle (ma non solo la Valle Camonica, anche altre zone erano nelle stesse condizioni di semplice sopravvivenza) era ridotta in condizioni di profonda prostrazione economica e sociale (si soffriva la fame e la miseria era diffusa e presente ovunque).


Alla endemica povertà di questa terra purtroppo non fecero neppure da contrappunto quei fattori positivi necessari alla ripresa sociale, civile ed economica che si affacciavano invece altrove.
Ai sopravvissuti (alla guerra e all'epidemia) si parò davanti un periodo di grandi sacrifici e di profondi stenti dovuti alle enormi difficoltà politiche e finanziarie che una dispendiosissima e lunghissima guerra avevano ulteriormente acuito in uno stato fondamentalmente già molto povero com'era l'Italia di inizio XIX secolo.

Le aspettative per un futuro migliore potevano e dovevano essere molte e diffuse, specie tra intellettuali e sognatori, ma nessuna risposta positiva per uno sviluppo generale poteva, in quei momenti difficili, essere data da una lunga serie di "governi di coalizione" deboli e non sorretti da maggioranze parlamentari stabili.

Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli

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