L'influenza spagnola fu la prima pandemia moderna causata dal virus
H1N1, che tra il 1918 e il 1919 dopo la Prima Guerra Mondiale uccise tra i 50 e i 100 milioni di persone,
così chiamata perché, in tempi di censura i primi a parlarne furono i giornali spagnoli.
Nel 1918 in assenza di
trasporto aereo civile, l'influenza spagnola impiegò più tempo a diffondersi
per il mondo. In alcuni luoghi arrivò dopo mesi, viaggiando in traghetto o in
ferrovia, tuttavia alla fine poche nazioni furono risparmiate.
Fu favorita dalle condizioni umane e igieniche in cui
dovettero combattere i soldati sui vari fronti, all'interno delle trincee. La
caratteristica più sorprendente della pandemia fu il suo tasso di mortalità
insolitamente alto tra le persone sane di età compresa tra 15 e 34 anni. Oggi
si ritiene che fu diffusa dai soldati americani sbarcati in Europa dal 1917 per
prendere parte alla Grande Guerra.
Fu definita “il più grande olocausto medico
della storia”.
La pandemia
di influenza spagnola ha ucciso più della peste nera ed in sole 24 settimane ha
mietuto più vittime dell’AIDS in 24 anni.
I casi di contagio raggiunsero i 500 milioni
provocando la morte dell’allora 5% della popolazione mondiale.
L’origine della terribile influenza è stata rilevata essere epizootica:
dai volatili è passata ai maiali che hanno contagiato poi l’uomo. La zona in
cui pare si sia originato il terribile ceppo batterico è la Cina meridionale,
tuttavia il primo caso accertato venne registrato in Kansas l'8 marzo 1918.
In brevissimo tempo, ma non si hanno
notizie certe e provate, in America
perirono circa 675.000 persone.
Furono
dunque le truppe americane, secondo le più recenti relazioni, a diffondere sul
continente europeo, anche casualmente il
nuovo agente patogeno, essendo stati in parte anche loro direttamente
contaminati tramite un vaccino che era stato loro inoculato.
La storiografia tedesca, subito dopo la
sconfitta e la disfatta con la firma della resa senza condizioni, negli anni immediatamente successivi, attribuì proprio
all'efficacia della "spagnola" la causa della sconfitta finale.
Un primo picco dell'epidemia, che si
diffuse ad una velocità impressionante, si ebbe in giugno e luglio del 1918, ma "l'ondata" più
micidiale colpì in pratica tutto il mondo e raggiunse il suo culmine in ottobre
e novembre... per placarsi poi nella primavera del 1919.
Nel corso delle ricerche che si erano rese
possibili dopo che scienziati militari statunitensi (nel 1996-97) avevano
scoperto e dissotterrato, nel gelido terreno dell'Islanda dei cadaveri di
vittime della spagnola, ben conservati nel terreno ghiacciato. Successivamente
furono prelevati dai polmoni, di questi
corpi parti del patrimonio genetico del virus.
Quindi
il DNA dell'agente patogeno era stato ricostruito per intero e poi sperimentato
su cavie animali nei laboratori del
Center for Disease Control di Atlanta risultando altamente letale.
Se tutta la guerra, la Grande Guerra, in
cinque anni di conflitto, aveva fatto circa 9 milioni di morti nella sola
Europa, questa epidemia ne fece, in pochi mesi, ben più di 20 milioni: un
decimo della popolazione del continente che era stimata, all'epoca, in circa
280 milioni di persone.
Alcuni storici sostengono che i morti, in
tutto il mondo, furono all'incirca 40 milioni (altri sostengono addirittura che
i decessi furono ben più di 75 milioni). Questi dati non potranno mai essere o
confutati o ufficializzati poiché in molte regioni del pianeta in cui è stata
segnalata la presenza di morti per questa pandemia, specie nei Balcani, in Asia
e in Medio Oriente non vi erano, in quegli anni e in quelli successivi,
statistiche o censimenti che potessero essere da riferimento sulla consistenza
della popolazione e tanto meno di quella colpita dal morbo letale.
Restando però alle cifre ufficiali
comunque il numero delle vittime fu dichiarato, a infezione scomparsa
totalmente, nel 1920, in circa 350.000 per l'Italia (ma altri dati parlano di
600.000), 166.000 per la Francia (350.000), 225.000 in Germania (400.000),
228.900 in Inghilterra, in Austria-Ungheria 1.000.000 (2.500.000).
Come si nota chiaramente fu l'Italia, dopo
l'Austria ad essere colpita nel modo più
grave sia in termini di conteggio assoluto sia in rapporto percentualmente
rispetto alla popolazione stimata.
Fuori dall'Europa si contarono 675.000
morti negli USA e in India l'impressionante numero di 16.000.000 (altre stime,
di fonte inglese, accennano a 22.000.000).
Di altri stati asiatici e africani non si
sono mai avuti dati attendibili ma in nazioni altamente popolose (Cina,
Indonesia ecc) il conto dei decessi era davvero impossibile, ma ritenuto molto
elevato.
Il 25% delle vittime erano
sotto i 15 anni e
il 45% fra i 15 e i 35: da queste statistiche si evidenzia come la malattia
colpì generalmente i più giovani.
Anche in Italia specie in Valle Camonica la "spagnola" colpì ovunque, i morti erano
talmente tanti che i sacerdoti non
celebravano più i lunghi riti funebri della tradizione cattolica, ma si
limitavano ad una breve benedizione e ad una altrettanto breve e rapida
sepoltura.
In poco tempo anche i cimiteri di molti
paesi non riuscirono più a contenere tutte le salme e allora si procedette allo
scavo di fosse comuni di emergenza anche al di fuori dei recinti funerari. Alcune di queste (buche dei morti, così
erano chiamate in molti borghi, erano anche di vaste dimensioni, per contenere
contemporaneamente più corpi per delle inumazioni collettive, molte volte di
interi nuclei familiari.
La scienza medica e la ricerca scientifica
di allora, anche le più avanzate, erano completamente impotenti di fronte a
questa virulenta epidemia.
I più illuminati e illustri scienziati
dell'epoca non sapevano che cosa fare e come agire, tant'è che, a chi era
colpito dal male, venivano prescritte (naturalmente senza alcun risultato
positivo) una profonda spennellata di petrolio in gola e una abbondante bevuta
di grappa o altri super alcolici.
Nella
storia non si era verificata una simile violenta epidemia fin dai tempi della
famosa peste (di manzoniana memoria) del 1630-31 che aveva ridotto la popolazione Italiana di un quarto con almeno un milione di morti sui quattro
milioni di abitanti di allora.
I sentimenti più diffusi tra la
popolazione in quei tristi 1918 e 1919 erano la costernazione e la paura, ma
più forte sopra tutto era la rassegnazione a ciò che era ritenuto inevitabile e
(tra i più diseredati, ignoranti e poveri) forse anche dimostrazione della
solita "ira divina" per i peccati commessi dall'umanità in guerra.
Intere famiglie furono spazzate via,
interi paesi si erano spopolati e la nostra valle (ma non solo la Valle
Camonica, anche altre zone erano nelle stesse condizioni di semplice
sopravvivenza) era ridotta in condizioni di profonda prostrazione economica e
sociale (si soffriva la fame e la miseria era diffusa e presente ovunque).
Alla endemica povertà di questa terra
purtroppo non fecero neppure da contrappunto quei fattori positivi necessari
alla ripresa sociale, civile ed economica che si affacciavano invece altrove.
Ai sopravvissuti (alla guerra e
all'epidemia) si parò davanti un periodo di grandi sacrifici e di profondi
stenti dovuti alle enormi difficoltà politiche e finanziarie che una
dispendiosissima e lunghissima guerra avevano ulteriormente acuito in uno stato
fondamentalmente già molto povero com'era l'Italia di inizio XIX secolo.
Le aspettative per un futuro migliore
potevano e dovevano essere molte e diffuse, specie tra intellettuali e
sognatori, ma nessuna risposta positiva per uno sviluppo generale poteva, in
quei momenti difficili, essere data da una lunga serie di "governi di
coalizione" deboli e non sorretti da maggioranze parlamentari stabili.
Ricostruzione
storiografica di Elisabetta Mancinelli
Nessun commento:
Posta un commento