La foce del fiume Pescara, olio su tela, 1905. |
Questo artista, noto per essere stato uno dei fondatori del “Cenacolo michettiano”, per la sua amicizia con D'Annunzio e per essere stato immortalato da Michetti nel dipinto “La figlia di Iorio”, fu, oltre che valido musicista, un valente e poliedrico pittore.
LA VITA
Paolo De Cecco nacque il 13 aprile 1843 a Citta Sant’Angelo da Raffaele Antonio e da Berenice Baiocchi. Dopo la maturità liceale si recò a Napoli, dove si iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Presto si accorse che non era portato per quella disciplina e lasciò l'Università. Negli anni Sessanta, si dedicò intensamente alla sua vera passione artistica: la pittura e la sua più grande ispiratrice fu la natura.
Disegnò volti, figure di giovani donne in costume, scene di vita all'aperto, paesaggi, greggi pasturanti, muletti, cavalli, mucche, branchi di maiali, casolari, contadini e pescatori solitari.
Sempre a
Napoli, dove frequentò poi l'Istituto di Belle Arti, conobbe Michetti. Alla fine
degli anni Settanta, preso dall’ altra sua
grande passione: la musica, partì per Firenze e divenne un
concertista di mandolino, e se ne andò peregrinando come un
antico troviero.
Nel 1880 fu uno dei fondatori,
insieme con D’Annunzio, Tosti, Michetti e
Barbella, del famoso
“Cenacolo michettiano”.
L' 8
settembre 1886 sposò Margherita Di Battista, una ragazza angolana: la cerimonia
avvenne a Villa Cipressi di Città Sant’Angelo e Michetti e Barbella furono i testimoni di nozze. Nel 1897 ottenne la cattedra
di disegno all’Istituto Tecnico di Città
Sant’Angelo, dove insegnò sino al 1904.
Nel 1905
chiese ed ottenne il trasferimento a La Spezia e vi rimase per oltre dieci anni, sino al 1916. Nel
contempo coltivava l’attività pittorica partecipando a varie mostre nelle città di Barcellona, Amsterdam, Milano,
Torino, Venezia, Roma e Napoli, conseguendo dovunque un notevole successo.
Nel 1916, dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, si ritirò a Napoli, dove si spense il 19 novembre 1922 e le sue spoglie mortali furono tumulate nel cimitero monumentale della città partenopea.
IL CAPOLAVORO
L’opera più bella e significativa di De Cecco, il suo capolavoro in cui s’abbandona alla malinconia del ricordo è “La foce del fiume Pescara”. L’eccezionale paesaggio, firmato e datato 1905, evoca mirabilmente i luoghi in cui si svolse anche l’infanzia di Gabriele d’Annunzio. Lo straordinario scenario risente dell’esperienza e della lunga frequentazione del Cenacolo di Francavilla con Michetti e D’Annunzio. Il sentimento che ispira questo dipinto è il medesimo delle liriche del Vate e delle appassionate descrizioni di scenari naturali di Michetti. Guardando la mirabile opera sembra quasi di ascoltare le parole che Gabriele scrisse in Terra Vergine nel 1888: “Le barche pescherecce andavano a coppie; parevano grandi uccelli ignoti, dalle ali gialle e vermiglie. Poi lungo la riva le dune fulve e in fondo, la macchia glauca del saliceto”. E anche quelle del Libro Segreto: “… rivedo certe vele del mio Adriatico alla foce della mia Pescara, senza vento, senza gonfiezza gioiosa, d’un colore e d’un valore ineffabili, ove il nero e l’arancione il giallo di zafferano il rosso di robbia entravano in una estasi miracolosa, prima di estinguersi”. L’opera, caratterizzata da efficaci contrasti cromatici, documenta luoghi destinati a subire una trasformazione radicale. Sulla sponda sinistra un antico edificio dei baroni De Riseis produttori di vino, che possedevano in prossimità della foce della Pescara un esteso podere. La villa, con le sue molteplici finestre immersa nella vegetazione, sembra quasi sorvegliare il defluire quieto del fiume. Le imbarcazioni, dalle vele latine e dagli intrecci simili ad ali di farfalle colpite dalla luce del pomeriggio, si riflettono in modo suggestivo nelle acque della Pescara. Sulla riva destra completa lo straordinario scenario il mirabile il bozzetto di vita marinara che è come un dipinto nel dipinto: uomini, donne e bambini intenti in diverse attività intorno a un’imbarcazione a secca da cui sono tese le reti da riparare o riavvolgere.
La madre di F.P. Michetti |
La moglie Margherita |
Paolo De Cecco dipinse anche intensi ritratti di una straordinaria sensibilità che raffigurano Aurelia Terzini, la madre di Francesco Paolo Michetti, la giovane amatissima moglie Margherita e altri personaggi del suo tempo tra cui Matilde Serao.
I colpi di luce, le ombre magistrali che torniscono i volti con lievi pennellate mostrano la statura elevata di questo grande maestro abruzzese che dovrebbe essere maggiormente conosciuto e valorizzato.
Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli
email: mancinellielisabetta@gmail.com
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