Giacomo Acerbo, politico, nasce il 25 luglio 1888 a Loreto Aprutino da una antica famiglia della piccola nobiltà provinciale abruzzese in ogni generazione ricca di distinti professionisti e provetti amministratori della cosa pubblica.
Uomo di punta e personaggio controverso nella travagliata e drammatica vicenda politica del suo tempo mai dimenticò le sue origini e alla loro valorizzazione dedicò molte energie lasciando una interessante e ricca raccolta di maioliche, battendosi per l’unificazione di Pescara e l’istituzione della Provincia e ideando una gara automobilistica: “La Coppa Acerbo” che fece conoscere al mondo Pescara e L’Abruzzo.
Il padre Olinto appartiene ad una nobile famiglia della vecchia borghesia e la madre Mariannina de Pasquale alla nobiltà abruzzese: i baroni de Pasquale di Caprara discendenti da una illustre famiglia originaria dei Balcani da cui fuggono in seguito all’invasione dei Turchi.
Giacomo nutre una vera adorazione nei confronti della madre tanto da esporre diversi suoi ritratti e sculture nella casa dov’era nato, a Loreto Aprutino.
A questa figura di “madre d’Abruzzo” è stata dedicata una biografia da Mara Baldeva (Garzanti 1992) dal titolo “Una madre d’Abruzzo: Donna Mariannina Acerbo” .
Compiuti gli studi secondari classici e laureatosi in Scienze Agrarie a Pisa nel 1912, il giovane barone non tarda a distinguersi per le sue attività sociali e culturali, che lo portano a ricoprire importanti e prestigiose cariche in ambito militare politico, accademico e sportivo.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, insieme al fratello Tito si arruola come volontario e, ferito a Flondar il 23 agosto 1917, si distingue per il suo valore militare tanto che viene decorato con tre medaglie d’argento tutte e tre concesse sul campo (Trentino 1916, Carso 1917, Piave 1918).
Il suo unico fratello Tito, a cui era molto legato, al quale è dedicato l’istituto Tecnico di Pescara, capitano della Brigata “Sassari”, cade eroicamente il 16 giugno 1918 sul Piave alla testa di un battaglione e viene decorato di una medaglia d’oro e due d’argento.
Giacomo, congedato col grado di capitano nel 1919, alla fine del conflitto si avvia alla carriera universitaria e contemporaneamente promuove l'Associazione dei combattenti di Teramo e Chieti, che, dopo le elezioni del 1919, si stacca dalla Associazione nazionale e costituisce il Fascio di Combattimento provinciale, anche se appartiene sempre all’ala moderata del partito come il cugino per via materna Domenico Tinozzi di Cugnoli deputato liberale e poi senatore.
In Abruzzo si candida al Parlamento nelle elezioni del 24 giugno 1921, dove è eletto con forte maggioranza nel gruppo parlamentare fascista.
Con l’onorevole Giovanni Giuriati si fa promotore della trattativa con i delegati del gruppo parlamentare socialista per una tregua tra i due partiti.
Il 28 ottobre del 1922 partecipa alla Marcia su Roma.
Durante l’azione, su sollecitazione del Presidente della Camera Enrico De Nicola, tiene i contatti con il Quirinale presidiando il palazzo di Montecitorio e ponendosi di guardia per due giorni per impedire la minacciata irruzione delle squadre fasciste.
Accompagna poi Benito Mussolini a ricevere dal re l'incarico ministeriale e lo assiste nella formazione del governo.
Lega il suo nome alla riforma elettorale maggioritaria la «Legge Acerbo» emanata il 18 novembre 1923.
In base a essa, alla lista che avesse ottenuto anche una lieve maggioranza (con almeno il 25% dei voti), sarebbero spettati i due terzi dei seggi alla Camera; i seggi rimanenti sarebbero stati ripartiti proporzionalmente fra le altre liste.
La legge Acerbo trova immediato riscontro nel 1924, nelle elezioni del 6 aprile quando, con il previsto premio di maggioranza, favorisce il Partito fascista.
Nel 1924, insignito del titolo di barone dell'Aterno, pur coinvolto solo marginalmente nelle inchieste sul delitto Matteotti, lascia il sottosegretariato alla presidenza del consiglio.
Nel 1925 viene nominato sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e segretario del consiglio dei Ministri .
Si adopera in modo determinante insieme a Gabriele D’Annunzio, per la fondazione e l’unificazione della grande città di Pescara e nel 1927 viene firmato il decreto per la fusione di Pescara con Castellammare e per la nascita della Provincia.
Nel 1924 viene da lui ideata la competizione denominata “Coppa Acerbo”: una gara automobilistica leggendaria che si svolse a Pescara dal 1924 al 1961.
Avvenimenti che in seguito ripercorre in una cronistoria: “Acerbo 1967”.
Successivamente diviene vicepresidente della Camera dei Deputati e nel 1929 Ministro dell’Agricoltura oltre che Ministro delle Finanze-Tesoro.
Può così dichiarare nel 1933 la vittoria della “battaglia del grano” da lui voluta con cui l’Italia, per la prima volta nella sua storia, raggiunge l’autosufficienza cerealicola.
Scrive importanti di Economia rurale e Storia economica.
Nel 1933 Giacomo Acerbo si sposa con Giuseppina Marenghi appartenente a una delle famiglie più facoltose dell'epoca di Milano e specializzate nell'imprenditoria tessile.
Nel 1940, a 52 anni, si arruola volontario nella seconda guerra mondiale partecipando all’occupazione dell’isola iugoslava di Veglia, dove sbarca alla testa del corpo di spedizione italiano.
Nella seduta del Gran Consiglio del Fascismo, avvenuta nella notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943, sottoscrive l’ordine del giorno Grandi che determina la caduta del Fascismo.
Per questo motivo, nel 1944, è condannato a morte in contumacia dalla Repubblica Sociale Italiana del nord (Tribunale di Verona), che invia una squadra di “repubblichini” direttamente con lo scopo di catturarlo per l’esecuzione.
Riesce a sottrarsi alla cattura perché, mentre i poliziotti fascisti vengono intrattenuti in ingresso, per consentirgli di prepararsi e di salutare la moglie, lui invece fugge da una finestra posta sul retro della casa.
Viene ospitato a turno dai contadini della zona che, pur minacciati di morte e allettati, vista la loro povertà, da una ricca ricompensa prevista per chi ne favorisca la cattura, provvedono a trasferirlo da una masseria all’altra fino alla ritirata dei tedeschi ed al conseguente cessato pericolo.
L’anno dopo, nel 1945, l’Alta Corte del Governo dei Comitati di Liberazione del sud lo condanna a 48 anni di reclusione, quale corresponsabile della nascita e affermazione del fascismo; pertanto, viene relegato a Procida.
Nel 1947 la Corte di Cassazione cancella la sentenza e nel 1951 viene anche reintegrato nella cattedra di Economia e Politica Agraria presso l’Università di Roma, dalla quale era stato epurato nel 1945 dal Governo dei Comitati di Liberazione.
Si presenta alle prime elezioni democratiche del dopoguerra per la Camera dei Deputati nel Collegio della Provincia di Pescara per il Partito Movimento Monarchico Italiano, ma vince il candidato del Collegio dell’Aquila.
Coltiva l’interesse per la musica divenendo un membro del consiglio direttivo del Regio Liceo musicale di Santa Cecilia e Presidente dell’Accademia Filarmonica Romana.
Nel 1962 il Presidente della Repubblica Antonio Segni, gli conferisce la medaglia d’oro di benemerenza della scuola, della cultura, dell’arte.
Nel 1962 Giacomo Acerbo pubblica un libro di interesse storico “ Fra due plotoni di esecuzione. Avvenimenti e problemi dell’epoca fascista”.
Tra le sue varie memorie si rinvengono interessanti testimonianze e riflessioni sull’entrata in guerra dell’Italia e sull’ultima seduta del Gran Consiglio del Fascismo che ha stimolato non poche discussione sull’accusa di “tradimento” da parte dei gerarchi ribellatisi a Mussolini.
Muore a Roma il 10 gennaio del 1969 a 81 anni.
La Coppa Acerbo, fondata e presieduta da Giacomo Acerbo in memoria del fratello Tito, è una gara automobilistica leggendaria che era ed è considerata una classica del passato.
Si svolse a Pescara dal 1924 al 1961, per complessive 27 edizioni.
Era una competizione a livello internazionale, paragonabile ad una gara dell’attuale campionato del Mondo di Formula 1.
Si disputava su un circuito in buona parte cittadino di oltre 25 km (25,579 km) e per un totale di 10 giri.
Iniziava nel centro della parte nord di Pescara, all'altezza dell'attuale Piazza Duca degli Abruzzi sulla via Nazionale Adriatica, percorreva il rettilineo dell'attuale via del Circuito fino alle campagne circostanti ed ai paesi di Villa Raspa e Spoltore per poi raggiungere Cappelle.
Di qui le automobili prendevano la direzione del mare e quindi intraprendevano ad altissima velocità il cosiddetto "chilometro lanciato" - dove, nel 1950, Juan Manuel Fangio raggiunse l'incredibile velocità di circa 288 km/h - fino ad arrivare a Montesilvano svoltavano poi verso sud sull'attuale via Nazionale Adriatica, dove veniva completato il giro.
La gara fece conoscere al mondo l’Abruzzo e Pescara.
Il circuito alternava tratti tortuosi a lunghi rettilinei e metteva a dura prova l’abilità dei piloti.Il tracciato presentava grandi difficoltà soprattutto per le precarie condizioni di sicurezza nelle quali veniva svolta la manifestazione, anche perché sul percorso si accalcavano folle immense: fino a 200.000 spettatori.
Diversi furono gli incidenti mortali. Infatti nel 1934 la giovane promessa Guy Moll vi perse la vita in un tragico incidente.
Nelle molte edizioni parteciparono alla gara le migliori case automobilistiche italiane: Ferrari, Bugatti, Alfa Romeo, Maserati e straniere: Mercedes- Benz, Auto Union Vanwall nonché molti grandi campioni come Tazio Nuvolari, Achille Varzi, Luigi Fagioli, Bernd Rosemeyr .
Nel 1924 Enzo Ferrari, alla guida dell’Alfa Romeo Ris, battè la Mercedes e vinse la prima importante edizione della “Coppa Acerbo”.
Nel 1932 Tazio Nuvolari al volante dell’Alfa Romeo P3 vinse l’ottava edizione.
Nel dopoguerra, tra i noti campioni del mondo che correvano sul circuito di Pescara, vi erano anche Juan Manuel Fangio, il pilota argentino di origine abruzzese e Stirling Moss il suo più acerrimo rivale.
Il circuito di Pescara è ancor oggi il tracciato più lungo dove si sia mai svolta una gara di Formula 1.
Nel 1961 è stata disputata l'ultima edizione della corsa, che non si è più ripetuta per ragioni di sicurezza..
MUSEO DELLE CERAMICHE DI CASTELLI
Collocato in un punto particolarmente suggestivo dell'antico centro di Loreto Aprutino, all'ombra di architetture rinascimentali nell'antico palazzo Acerbo, il Museo, fin dal 1957, primo anno di inaugurazione, si afferma come uno dei più completi ed interessanti esempi di collezione atto a documentare la produzione regionale di maioliche compiuta tra i secoli XVI e XIX quando le ceramiche di questo centro erano molto ricercate in ogni corte europea, grazie alla presenza di personalità di spicco, come le famiglie Grue e Gentili.
Il profondo interesse verso le memorie patrie e per le antiche maioliche castellane ha indirizzato il barone Giacomo Acerbo dell'Aterno a assemblare, con gusto ed infaticabili ricerche, la sua mirabile collezione, di circa 600 pezzi (vasi, fiasche, albarelli, piatti, mattonelle, statuine ecc.) che ancora oggi si offre agli sguardi estasiati di studiosi e visitatori provenienti da ogni parte del mondo.
Il museo delle ceramiche di Castelli "Acerbo" di Loreto Aprutino è uno dei più antichi d’Abruzzo ed è stato recentemente acquisito dalla Regione Abruzzo e dalla Fondazione dei Musei Civici di Loreto Aprutino.
Il 19 Febbraio 2000, dopo una cerimonia di inaugurazione, ha riaperto stabilmente le proprie porte, anche se con cautela dopo un tentativo di furto, a tutti coloro che sono interessati alle antiche maioliche o hanno il desiderio di avvicinarvisi per meglio apprezzarle e comprenderle.
La collezione Acerbo fu raccolta dal suo ideatore a partire dagli anni '30 del Novecento.
Probabilmente Giacomo, sin da fanciullo, rimase impressionato dalle raccolte di maioliche che diverse famiglie abruzzesi nobili o ricche borghesi erano solite custodire gelosamente: un’usanza questa le cui origini si fanno risalire al Settecento e per alcune anche al Seicento.
La prima sede della raccolta fu la villa di Caprara che gli Acerbo ebbero in eredità sul finire degli anni Trenta.
Giacomo acquistò il primo nucleo importante della storica collezione, dalle famiglie Aliprandi-De Sterlich di Penne nel 1936 e precisamente da Don Diego Sterlich-Aliprandi.
Questi probabilmente vide in lui, nominato Barone dell’Aterno per il suo spirito e la levatura culturale, il suo sostituto quale garante della futura conservazione di questo importante patrimonio storico-artistico.
Infatti Giacomo la incrementò fino all’acquisto di ulteriori raccolte: Quartapelle di Teramo e Bonanni di Ortona.
Ulteriori prestigiose acquisizioni pervennero da altre importanti collezioni come la Philipson-Rothschild di Firenze e la raccolta Manieri dell'Aquila.
Dette così luogo ad una delle più grandi collezioni di maioliche abruzzesi esistenti.
Fu trafugata durante l’ultimo conflitto mondiale ed in seguito recuperata.
Nel 1957 a Loreto Aprutino il barone Acerbo decise di esporla in un Museo di cui curò, attraverso l’architetto Leonardo Paladini, la progettazione e la sistemazione nell’ attuale struttura.
Accanto a pezzi di produzione più corrente troviamo capolavori assoluti nella tipologia cosiddetta “a paese”, tipica della “veduta” castellana.
Soprattutto i pezzi riferiti ai membri della famiglia Grue colpiscono per la finezza di modellato e per le qualità pittoriche e cromatiche e non da meno sono quelli dei Gentili.
Nel percorso espositivo si possono ammirare rari esempi di vasellame da farmacia, albarelli e bottiglie; oggetti della devozione domestica come acquasantiere, statuine di santi e mattonelle con la raffigurazione di scene sacre; ci sono poi gli oggetti da tavola come servizi di piatti, brocche, fruttiere delle più importanti officine di Castelli.
Il percorso della mostra segue un ordine cronologico focalizzando le personalità delle famiglie ceramiste più importanti.
Si comincia dagli anonimi artisti del Cinquecento per arrivare, anche attraverso il filo dell’evoluzione delle forme e delle decorazioni degli oggetti, al Settecento con alcuni albarelli firmati da Francesco Antonio Saverio Grue, come quello con la figura di San Bruno commissionato dalla Spezieria della Certosa di San Martino di Napoli, o da Liborio Grue che accanto a temi sacri introduce quelli desunti dalla mitologia.
Riferibili al Seicento sono poi una serie di grandi piatti del capostipite dell’officina, Francesco Grue (1618 - 1673), con scene tratte da incisioni della Gerusalemme Liberata.
I documenti e le immagini sono tratti da : “Collezione Acerbo” a cura di Vincenzo De Pompeis, “Fra due plotoni di esecuzione” di Giacomo Acerbo e “Pescara” di Luigi Lopez e dall’Archivio di Stato di Pescara.
di Elisabetta Mancinelli
e-mail: mancinellielisabetta@gmail.com
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