Una fanciulla, vieppiù del tiglio flessuosa,
girava pel paese di Bagnara, domandando”
Chi tiene una gallina nera? – Io no. – Io neanche. – Io l’aveva e mi morì…. Eh chi ne
tiene una? Ze Loreta che sta in cima ai Castelli del Duca.- La fanciulla corre
su, trova la casa di Ze’ Loreta ed entra. Ze’ Loreta in quel mentre aveva
raccolto l’uovo dal nido della gallina nera; e: -Lo vedi com’è grosso? .. ma tu
perché stai cossì affannata? – Risponde la fanciulla; - Mi serve la gallina
nera, perché la povera mamma non ne può più! –E Ze’ Loreta: -Ah ma la vuoi far
morire la povera feruccia. – Se si muore
te la pago. –Ebbè le forbici stanno lì …. E poi alle malate non si deve negar
nulla… e se servisse a me? Ma io però , non voglio né vedere né sentire… Me
n’esco qui fuori l’uscio di strada….
La fanciulla chiude la porta dell’uscio; chiude
l’impannata della finestra, e va dietro alla gallina per acchiapparla. La
gallina si nasconde dietro al letto. Quando la fanciulla: corre di qua, la
gallina corre di là: e questo gioco dura piuttosto a lungo. Ma ecco la
furibonda cercatrice sa capacitarsene. Ella resta accoccolata a guardare ancora
sotto il letto; e quasi comincia a pensare ai maghi , alle fate, ai mazzemarelli
o folletti…. E dove s’è cacciata quella birbona? – Apre la impannata per meglio
vedere. E Ze’ Loreta : - Ha ? fatto! –E no –Oh che guaio! La fanciulla si riaccoccola, spalanca tanto
d’occhi, e nulla ancora. Finalmente da un poco profumato grosso vaso
conico che stava dietro a uno scanno, vede spuntare un becco…. La povera gallina nello svolazzare, era caduta lì dentro, e per
paura si stava zitta: E la furibonda flessuosa: - Ah.. là stai ti acconcio io…..
- Copre il vaso col grembiale, ficca la mano sotto al
grembiale ,afferra la gallina , se la chiude fra le gambe, brandisce le forbici
con la mano destra, con la sinistra tiene stretta la cresta della bestìola; le forbici già addentano quella cresta, e
zaccht! La cresta roesa, sanguinante è
staccata! Ella l’avvolge subito in n
una pezzuola; spalanca l’uscio, e via a precipizio. Ze’ Loreta rientra malinconica, compassionevole; e la gallina La padrona non può
rattenere le lagrime. Accoglie nel suo grembo la mutilata feruccia, e ne medica la ferita spargendola
di sale e aceto.
:
Coh! Coh coh! - Intanto la fanciulla è rientrata in csa sua; e ha già detto
alla mamma: - Coraggio! L’ho trovata
alla fine ! - La madre si toglie una densa fascia dal capo. La figlia tira fuori la cresta sanguinosa p
della gallina nera, e la striscia sulla fronte e sulle tempie dell’inferma.
- Non dubitare, mamma: fra poco il
dolor di testa cesserà ; anzi, non ne avrai più a soffrire.
Antonio
De Nino nacque a Pratola Peligna il
15-6-1833 e morì a Sulmona il 1-3-1907 .
Uscito dalla scuola elementare, non potendo andare in collegio perché le
condizioni di famiglia non glielo permettevano, fu autodidatta. Appena ventenne divenne maestro a Leonessa, in
seguito acquistò il titolo di professore “onoris causa
“e venne nominato a Rieti, dove insegnò per alcuni anni, poi tornò nella sua terra natia ottenendo la direzione della Scuola Tecnica
di Sulmona, che mantenne fino alla morte. In possesso di solide attitudini letterarie, mostrò un appassionato interesse per gli studi
folcloristici; infaticabilmente,
ricercava, recuperava, reintegrava, catalogava il prezioso patrimonio del
folclore abruzzese, girando di paese in paese, raccogliendo dalla viva voce del
popolo racconti, fiabe, novelle e studiando gli usi, i costumi, le abitudini
delle popolazioni. Della grande quantità di materiale raccolto in questo lavoro
di ricerca si servì per scrivere sei volumi sugli
E a questa opera il
D’Annunzio attinse i per il suo lavoro poetico e nella stesura delle sue
tragedie: “La fiaccola sotto il moggio” e “La figlia di Iorio”. Anche Francesco Paolo Michetti trasse ispirazione per le sue tele dai suoi scritti .
Compose pure un volumetto su “Ovidio nella tradizione popolare
di Sulmona“ . Fu prezioso collaboratore di molte riviste letterarie
del tempo e si dilettò a scrivere novelle e fiabe per i bambini di Abruzzo.
Appassionato cultore com’era, si interessò vivamente degli scavi di antiche
città romane sepolte in Abruzzo. Furono suo merito gli scavi iniziati e portati a buon punto
dell’antichissima città di Corfinium, capitale della Lega Italica nella guerra
contro Roma, e l’aver individuato l’antica sede della città romana di “Aufidena”. Fu lui a far sorgere un interessantissimo museo dove raccolse il
prezioso materiale della distrutta Corfinium. Nella vita letteraria d’Abruzzo ha lasciato una traccia profonda ed
incancellabile con i suoi scritti che costituiscono un tesoro inesauribile per gli studiosi che vogliono conoscere la storia della nostra terra,
i suoi usi e i suoi costumi
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storiografica di Elisabetta Mancinelli
bella assai
RispondiEliminaComplimenti Elisabetta per l'omaggio al maestro ricercatore e scrittore Di Nino
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