venerdì 18 settembre 2020

ANTICHE FESTE E DIVERTIMENTI A PESCARA


Sin dall’1800, da documenti ufficiali, quali gli archivi della Polizia di Chieti e i programmi di festeggiamenti organizzati dal Comune di Pescara, si hanno notizie di feste, festicciole, inaugurazioni molto frequenti nella vita della città. 
Una delle prime testimonianze ci proviene dalle memorie postume del tenente francese Remy d’Hauteroche che fu a Pescara per qualche tempo nel 1806 con l’esercito conquistatore. Egli attesta che, nel febbraio del 1807, in occasione del primo anniversario dell’entrata dei francesi nel regno di Napoli,  la città fu allietata dai consueti fuochi di artificio, dalle esibizioni della banda musicale e dal  lancio di palloni aerostatici. Ma rimase colpito da una singolare gara  che era la passione dei pescaresi dell’epoca: il combattimento fra un toro reso furioso e vari cani. Non c’era festa in cui non se ne organizzasse una, pur trattandosi di un gioco molto pericoloso, tanto che  narra di  non aver mai assistito ad un combattimento senza disgrazie. L’animale veniva prima eccitato con pungoli e petardi quindi spinto tra la folla stipata senza alcuna protezione ai margini della piazza, trattenuto da una semplice corda legata alle sue corna e retta da un solo uomo. Poi gli venivano aizzati contro cinque o sei grossi cani e lo scontro finiva quasi sempre con la morte di qualcuno di questi e il ferimento del toro, cui seguiva il colpo di grazia inferto da un macellaio.


Il tenente d’Hauteroche riferisce con altrettanto stupore, sempre nelle sue memorie, anche di un altro svago particolare dei pescaresi una varietà del gioco della ruzzola: una gara di lancio di un disco per mezzo di uno spago attorcigliato intorno allo stesso alla maniera degli antichi romani. Ma la cosa che lo colpiva maggiormente era che il disco era una pizza di durissimo formaggio tanto duro da non poter essere mangiato, ma solo grattugiato, il quale diveniva di proprietà di chi lo avesse lanciato più lontano. Questo gioco veniva praticato più che a Pescara a Castellammare, come risulta anche da un articolo del Regolamento di Polizia Urbana del 1885, in cui insieme al gioco del formaggio vengono vietati nelle pubbliche strade anche il gioco della “rotola”, e quello a palle di ferro o di legno.

Altre testimonianze ci pervengono dall'archivio di polizia di Chieti e precisamente dalle  richieste di autorizzazione ai festeggiamenti che dovevano essere concessi dal Sindaco purché i divertimenti non turbassero l’ordine pubblico. Si apprende da questa fonte  che  il 13 e il 14 giugno 1818 la città fu allietata da fuochi di artificio, da 1500 colpi di mortaio, da un’intera banda musicale, dal lancio di due palloni aerostatici, da una corsa di  cavalli barberi, dalla illuminazione e da quello che le carte definiscono “uno steccato di tori” che era proprio il combattimento già citato tra un toro e vari cani.

Sempre dall'Archivio di Polizia provengono le testimonianze dei festeggiamenti che il 12 novembre 1826 furono organizzati dalla  congregazione  del SS. Sacramento in onore della  Madonna del Patrocinio. Anche in questa occasione vi furono: fuochi di artificio, corse di cavalli, regate di battelli sul fiume, lancio di palloni aerostatici, illuminazione e bande musicali oltre le cerimonie religiose e la processione.

Per la festa di San Cetteo del 1828 si ha notizia che  il sindaco chiese l’autorizzazione per rappresentazioni sacre relative al martirio di San Valerio, S. Pietro Martire, S Giorgio, S.Agnese, S. Dorotea, S. Bonifacio e S. Sebastiano che si svolsero su due palchi posti in mezzo alla piazza grande nel momento in cui vi giungeva la processione con la statua del protettore.        

Queste rappresentazioni consistevano in pantomime interpretate da persone del luogo vestite con abiti adatti alle stesse.



Anche per il 1842, e precisamente  il 12 e il 13 novembre, abbiamo notizia di una festa in cui la Congregazione del Sacramento onorò la Vergine del Suffragio con banda, fuochi di artificio, corse di  cavalli barberi e altri divertimenti popolari ritenuti leciti.

Nel 1843 risultano promossi festeggiamenti in onore della Madonna del Fuoco e della Madonna del Carmine con processioni, lancio di mortaretti, banda musicale e altri divertimenti. Per il 1844 dalle fonti risulta che la festa in onore di San Cetteo fu  molto più ricca del solito in quanto, oltre alla processione, banda musicale, spari, fuochi di artificio e globi aerostatici, vennero organizzate gare di canotti e cuccagne sul fiume.

La banda musicale non mancava mai di allietare le feste a Pescara tanto che, nell'aprile del 1847, l’organizzatore e maestro Biase De Francesco chiese un sussidio di 200 ducati al sovrano per averne una propria.  Essa fu istituita e, anche se ebbe difficoltà per le spese di  mantenimento, non si sciolse e, come risulta   dalle carte dell’ufficio di  polizia  alla quale si doveva chiedere l’autorizzazione per esibirsi fuori Pescara,  era  attiva nell'estate del 1958, quando suonò a Casoli di Atri e  Montesilvano.  

Pescara, alla metà del 1800, secondo un articolo del giornalista napoletano Cesare Malpica, essendo una fortezza regia, era rallegrata spesso anche da riviste militari, spari e fanfare in occasione delle feste di corte quali: nascite, compleanni, e onomastici di sovrani, principi e principesse. Il giornalista, presente a Pescara il 4 ottobre 1843, giorno dell’onomastico del principe ereditario Francesco, descrive una magnifica  scena dell’evento tra squilli di trombe, fanfare e suono di campane che dettero vita alla città. Mentre le donne si affacciavano timidamente alle finestre gli uomini facevano ala sulla via a ufficiali e soldati  che,con le splendide uniformi gialle e verdi, le spalline e le gorgiere d’oro, presentavano uno spettacolo magnifico.

La festa celebrata il 30 maggio 1851 per l’onomastico del re Ferdinando, secondo la relazione dell’Intendente, fu molto ricca anche di manifestazioni tipiche delle feste religiose. Essa durò tre giorni con esibizioni di bande musicali, cuccagne, corse di battelli sul fiume, lancio di globi aerostatici, fuochi di artificio spari a salve a cui si aggiunsero gli spari di gioia della truppa di guarnigione schierata a far bella mostra di sé nella piazza. Nella relazione viene ricordato che vennero distribuiti ai poveri danari e molto pane: donazioni che del resto erano elargite sempre in simili occasioni sia dal Comune  sia col concorso di offerte volontarie. 

“Nei tanti lunghi giorni senza feste di santi, onomastici e compleanni dinastici da solennizzare la silente Pescara offriva solo taverne e caffè ai più e il circolo degli ufficiali ai pochi. Non per questo mancava il buon umore e  la voglia di ridere e di far ridere, voglia che metteva in allarme i responsabile dell’ordine pubblico”. (Luigi Lopez)

Due grandi manifestazioni rimangono negli annali della storia della nostra città: le Cinque giornate di Pescara del 1922 e la Settimana abruzzese del 1923.

 

Le Cinque giornate, che si svolsero dal 19 al 23 agosto, ebbero come gerente responsabile Zopito Valentino che chiuse l’evento con un deficit di 91.000 lire, in quanto risultarono insufficienti i contributi procuratigli dal suo compaesano di Loreto Aprutino Giacomo Acerbo, tanto che egli dovette emigrare alla ricerca di fondi tra le comunità italiane d’America.

Si celebrarono, con maggiore consistenza a Pescara ma anche a Castellammare, con  gare di canzoni, esibizioni varie e con l’intervento di 150 fanciulle, 40 musicanti, 20 paranze e 40 carri. Ogni carro era abbellito da festoni e rami fioriti,  e dipinto di rosso e di azzurro con la collaborazione di pittori illustri tra cui Basilio Cascella e figli. Era tirato da una coppia di bianchi giovenchi e  recava belle giovinette nei costumi sfolgoranti di ori e broccati che cantavano accompagnate da strumenti popolari organetti, cornamuse, ocarine, mandole.

Ermindo Campana, in un articolo sul Corriere della sera, pubblicò un articolo corredato da fotografie della sfilata delle paranze, dei costumi di Caramanico e di altri paesi, del fiume Pescara al tramonto e di qualcuno dei carri. Il giornalista ci offre una particolare descrizione della manifestazione menzionando tra l’altro la rievocazione delle antiche danze popolari: la cappuccinella, la lavandaia, e il salterello a tre, ballate dal gruppo di Vasto che mandò in visibilio il pubblico che gremiva la sala. “La lavandaia, precisa il Campana, era tutto un ricamo di arguzie e di gentili allegorie, canto e pantomima e tutta una serie di prove che la donna esigeva dall'uomo prima di concedersi a lui per la danza”. 

Ricorda anche  la presenza di ragazze e di giovani venuti a rappresentare il proprio paese da ogni angolo dell’Abruzzo, alloggiati in numero superiore alle normali disponibilità a Pescara e a Castellammare, che risuonavano dovunque e continuamente di ritornelli al chiuso e all'aperto, nei caffè e negli stabilimenti  balneari  e conclude “Mai come in quei  cinque giorni rifulse così bella al sole la mole eterna  della Maiella  e del Gran Sasso”.

 


La Settimana Abruzzese
   si svolse dal 19 al 23 agosto dell’anno successivo ed ebbe come patrocinatore Giacomo Acerbo, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che, non solo procurò cospicui sussidi dal governo e dalle Confederazioni di Industria e Commercio, ma convinse il duce a intervenire per passare in rassegna le otto legioni abruzzesi. Comunque, a parte l’aspetto sicuramente propagandistico del fascismo che si servì di questo evento  per l’ostentazione del proprio successo e la creazione dei consensi alla propria ideologia, fu una vera festa popolare di tutti gli abruzzesi, una rassegna della loro operosità e della loro cultura. Mussolini  giunse alla stazione ferroviaria e, scortato, raggiunse Piazza I Maggio e dal Padiglione Marino (o Kursaal) annesso al Teatro Pomponi, parlò alla folla dichiarando che “l’Abruzzo era il cuore pulsante della Patria e che fervida era la passione, altissima la fede”. Nel pomeriggio fu accolto nel Circolo Aternino decorato a festa e  poi  si recò a visitare la casa di Gabriele D’annunzio  a pochi passi dal Circolo. Tornò quindi a Castellammare per assistere alla sfilata dei carri e la sera fu al Kursaal  per la serata di gala. 
Il corteo dei carri era composto da oltre 100 elementi di cui: 5 di Pescara, 5 di Castellammare, 5 di Sulmona adorna di confetti  e 6 di Orsogna con 80 giovani nei costumi della Maggiolata Abruzzese e altri provenivano dal Molise, dal Chietino e dall'Abruzzo interno. Essi erano adorni di festoni, di papaveri, di alloro o di edera e covoni di grano e carichi di fiorenti ragazze nei costumi tradizionali (quelli di Villa Badessa in costume albanese) tutti trapuntati d’oro.  Partiti da Largo Pomponi, percorsero Corso Umberto, Corso Vittorio, il ponte di ferro e arrivarono a via Conte di Ruvo dove seguì la rassegna degli ori e dei costumi. Vi fu anche la  caratteristica sfilata delle paranze giunte da Giulianova, Silvi Marina, Pescara, Ortona e Vasto che si svolse costeggiando da nord e si concluse sul fiume.  Aggiunse allegria alla settimana festaiola l’esibizione di bande musicali, ogni giornata fu chiusa da fuochi d’artificio tutti alla foce del fiume sulla sinistra. Si disputarono anche gare sportive di vario genere: una motociclistica, una automobilistica, un torneo di calcio, incontri di pugilato di scherma, di pallacanestro, tiro alla fune e ciclismo. Non mancò la tombola di 50000 lire.

La Settimana Abruzzese, che richiamò gente da tutto l’Abruzzo, divagò la folla di turisti e costituì un motivo di richiamo  per gli anni successivi, anche se la qualificata ma costosa kermesse,  sostituita dalla Coppa Acerbo, non fu più ripetuta.

Queste alcune delle manifestazioni  che animarono,  tra il 1800 e il primo trentennio del 1900, la nostra città dalla vocazione sicuramente vivace e festaiola. Circa un secolo dopo, il grande Ennio Flaiano così scriveva della sua città: “Ciò che mi ha sempre colpito nella Pescara di allora era il buonumore delle persone, la loro gaiezza, il loro spirito. Tra i dati positivi della mia eredità abruzzese metto anche la tolleranza ,la pietà cristiana, la benevolenza dell'umore ,la semplicità e la franchezza nelle amicizie” 

Ricostruzione storiografica a cura  di Elisabetta Mancinelli. 

 e-mail : manicinellielisabetta@gmail.com

I documenti e le immagini  sono tratti da: Pescara di Luigi Lopez; Archivio di Stato di Chieti; Archivio di Stato di Pescara; Pescara forma, identità e memoria della città fra XIX e XX secolo di Paolo Avarello, Carlo Pozzi e Antonello Alici e  Pescara a colori  della Fondazione Caripe Carsa Edizioni.

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