L’abitato di Arsita, isola immacolata nel verde cuore del Parco
Nazionale d’Abruzzo e monti della Laga, è situato sul versante settentrionale su uno sperone di
Arsita si chiamava fino al
1905 Bacucco e in antico Bacuccum. Sull’origine dei nomi non ci sono
indicazioni precise, spiegazioni attendibili. Arsita forse da arso, andato,
bruciato, Bacucco forse da “bel cucco”,
dalla forma ovale dell’abitato, da un tempietto dedicato a Bacco, dal profeta
Abacuc o ancora da un’antichissima famiglia che vi abitò. Il territorio di“Bacucco” segnava nel periodo italico il confine tra il
territorio dei Vestini e quello dei Petruzzi; infatti lo stesso nome del fiume
Fino nella terminologia alto-medievale era indicato come “In Fluvio Fine” cioè
“fiume” del confine. Le sue origini non
sono purtroppo ben definite perché non abbiamo testimonianze di antichi
insediamenti ma, dai diversi ritrovamenti che dalla fine del 1700 si sono
protratti fino in epoca contemporanea, si evince che risalgono al periodo
preromano. Reperti archeologici rinvenuti nel 1886 nel territorio di Arsita, (nell’agro
dove sono attualmente situate Bisenti e Arsita) testimoniano la presenza in epoca pre-romana (ca. VII sec.) di
Cerbolongo, una grande città vestina citata da Tito Livio e distrutta nel basso
impero di cui però si ignora l’ubicazione precisa. Si tratta di preziose testimonianze: tombe arcaiche con fibule di bronzo ed arette fittili uscite
dalle stesse matrici da cui furono tratte quelle delle necropoli dell’Esquilino ma anche urne cinerarie, vasi lacrimali, lucerne, pavimenti, monete romane. A partire dal 1000 accanto a Bacucco comincia a comparire anche
il nome Arsita: si tratta di un
documento relativo ad un atto di donazione del conte Trasmondo di tre castelli
tra cui Bacucco ed Arsita, rocche difensive del Ducato di Benevento, al
monastero di Montecassino (1085). Anche
nel Giustizierato d’Abruzzo i due nomi figuravano insieme. Il
centro storico si sviluppò tra il XII ed il XIII secolo intorno a un antichissimo
castello, detto Cima della Rocca che probabilmente è lo stesso che viene rappresentato in molte opere di Raffaello
conservate nelle logge del Vaticano. Nel
1273 invece, furono citati ‘Bacuccum ed Arsita cum Podio’ nel diploma concesso
ad Alife da Carlo I d’Angiò, mentre le decime vaticane del 1324 parlano sia di
“Bacucco” sia della “ecclesia S. Johannis de Arsita”. Come si evince dai
documenti i due insediamenti dovevano essere vicini forse complementari: il
primo corrispondeva all'incastellamento attuale, mentre il secondo coincideva
probabilmente con la cosiddetta “Cima della Rocca” (quota 923) e con la
sottostante Chiesa di San Giovanni che si trova sul “colle di San Giovanni” ad
un’altitudine di
I DOCUMENTI
Sono di fondamentale importanza per la storia del paese due documenti. Il primo è stato trovato nell'archivio comunale di Penne da Candido Greco si tratta di un atto di compravendita del Contado di San Valentino da parte di Margarita d’Austria del 3 febbraio del 1583.
Dal suddetto documento sappiamo quanto segue.
Di questo contado faceva parte, oltre Pianella detta “granaio della Provincia d’Abruzzo”, anche Bacucco descritta “castello di ‘forma ovata’ bagnata dal Fino e posto alle radici dell’Appennino”. Il suo territorio benché montuoso era fertile per la produzione di grano, olio, biade, vino e frutta di buona qualità, possedeva selve estese con pascoli e montagne, una delle quali inaccessibile per le nevi perenni delle sue vallate con una fonte dall'Acqua Santa per curare la rogna e il mal di fegato.
L’Università
era retta da un Camerlengo e quattro massari con otto consiglieri, proprietà
ducali erano un mulino e un’osteria a cui l’Informazione anonima aggiunge “un
poco di abitazione come il Castello, la quale serve ancora per carceri”.
Nel
Contado Madama Margarita fu padrona assoluta e incontrastata, mancando quasi
del tutto la nobiltà ed essendo i benefici ecclesiastici di sua collazione.
Diversamente
che a Penne possedeva tutte le botteghe, le osterie, i tappeti, i mulini.
Proibiva
ai suoi sudditi di macinare altrove le olive e il grano. Estesi uliveti, campi
di grano erano di Madama, le
apparteneva quasi tutto il terreno coltivabile di Bacucco. In uno Stato in cui tutto era di Madama il “buon governo”
non poteva essere in funzione dei suoi sudditi. Con la morte della duchessa
svanì anche il senso di Giustizia che Ella aveva inculcato ai suoi ufficiali e
agli interessi della Camera ducale si sommarono gli interessi di costoro e si
aprì la strada alla corruzione che portò il Contado ancora florido, descritto dal
Marchesi nel
S. Valentino è definita terra
povera e “disfatta”, indebitata grandemente con
E’
gran merito della Duchessa l’aver impedito che questa corruzione, sorta quarantanni dopo la sua morte ma già imperante a Napoli mentre Ella era in
vita, dilagasse nel suo secolo. Altro
suo merito fu quello di aver fatto residenza in Abruzzo, impedendone
l’emarginazione culturale e sociale.
Il secondo documento importante, sia sull'aspetto paesaggistico che sulle peculiarità caratteriali del bacucchese di allora e forse anche attuale, è quello che ci fornisce Serafino Razzi . Sacerdote domenicano, chiamato dalla Chiesa, poco tempo dopo la grande vittoria cristiana di Lepanto nel “Viaggio alla riforma d’Abruzzi”, si stabilì nel convento domenicano di Penne, con l’incarico di reggerne il priorato e muovendosi per i centri vicini e lontani, aveva lo specifico compito di portare e diffondere il messaggio cristiano e l’esempio mariano.
Giovanni Rotondi nel Bollettino dell’Archivio
Storico Lombardo afferma a questo proposito: “E’ veramente interessante seguire
da un capo all'altro dell’Italia questo frate viaggiatore che, pur nelle brevi
soste delle sue lunghe marce pedestri, non si lascia sfuggire l’occasione di
ricercare una notizia erudita che gli possa giovare per i suoi studi di
agiografia domenicane, di vedere e di descrivere un’opera d’arte, o di trascrivere un’iscrizione antica, o di
raccogliere i proverbi o di indagare l’etimologia del nome del paese ove si
trova”.
Giunto
ad Arsita, quando si chiamava Abbaccuch, il 23 luglio 1575 partendo dopo il
Vespro da Civita di Penne con un compagno così descrive l’arrivo nel paese:
“Andai a certa terra lontana
In
sostanza si racconta la storia di un
contadino “Abbacucchese” che cercava di rubare delle pere ad un piccolo
proprietario terriero del posto, sempre da guardia al suo “bene”. Per riuscire
nel suo intento carica a salve (con la carta) il suo archibugio e tenta così di
spaventare il padrone del pero . Il rumore però fa accorrere i soldati di
stanza al castello e, a quel punto, entrambi sono costretti a fuggire senza che
nessuno dei due riesca nel proprio intento. Un episodio emblematico che serve a
spiegare anche la natura del bacucchese. I cittadini di Arsita ricordano il
poeta dialettale Antonio Basilicati che nel “Verbumcaro” satira sui difetti dei
suoi compaesani.
ARSITA
OGGI
Arsita attualmente si presenta con le caratteristiche di un centro medievale lungo il quale si affacciano palazzi gentilizi e la chiesa madre, collega le varie parti dell’abitato con la rocca, dov'è posto un torrione struttura rotonda su pianta ottagonale: segno superstite della cinta fortificata e merlata del piccolo Castello di Bacucco. Del passato, oltre ai resti del “Castello di Bacucco” restano la casa seicentesca dei Basilicati, l’ex palazzo De Victoris, l’edificio comunale e la facciata semplice e lineare della vecchia casa della famiglia Picelli Gaetano, raro cimelio di un’antica abitazione di paese. Resta anche lo stemma del Comune che ha nel centro una torre con alla base la scritta “ Città di Bacucco” e nella parte superiore una corona gentilizia e intorno delle foglie ornamentali.
Nel centro storico è presente la chiesa madre parrocchiale, Santa Vittoria con un facciata ottocentesca che copre quella precedente, risalente al 1700. L’interno ad un’unica navata rivela una tipologia settecentesca, su ristrutturazione di una chiesa, probabilmente anteriore al 1500, con edicole laterali contenenti statue, tra cui quella di san Nicola di Bari, patrono di Arsita..Particolare è la settecentesca scultura lignea del Cristo, di scuola napoletana. Dello stesso periodo(1790) è il pregevole quadro ovale che rappresenta San Vittoria, sovrastata dalla Madonna delle Grazie. Parzialmente conservata all’esterno è la cappella gentilizia settecentesca, situata su una ripida salita, che presenta un portale, con ante lignee e formelle con bassorilievi , raffiguranti angeli, mostri marini, simboli astrologici, di gusto tipicamente popolare.
Fuori dal paese sulla strada per Penne, in un’oasi di pace, accanto ad una secolare quercia, è la fatiscente chiesa romanica (‘500) di San Maria d’Aragona. Di linea semplice è realizzata con mattoni a vista e ingentilita da un porticato. Conserva una terracotta dipinta del 1531 raffigurante la “Madonna con il Bambino” in grembo, del 1531 (ha la particolarità delle mani snodabili).
Il Vecchio comune: una
bella costruzione al centro del paese, vecchia sede comunale, che attualmente
ospita un punto informativo del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della
Laga.
Castello "Bacucco" è situato all'estremità settentrionale del paese sovrastante le abitazioni, si tratta di un complesso fortificato, risalente al XII secolo, di cui restano parti delle mura ed una torre angolare circolare del castello. Alla fine dell'800 fu ristrutturato ed adibito a residenza nobiliare.
Mulino Di
Francesco - È un antico ed interessante mulino ad acqua, in località
Acquasanta, sul fiume Fino lungo l'antico «sentiero dei mulini». Vi si accede
dalla strada per Collemesole. Recentemente restaurato, è di proprietà privata;
ma l'accesso ai dintorni è libero e consente di godere la bellezza del luogo,
con lo scroscio delle acque del fiume in sottofondo
Il paese, circondato da boschi di pino montano, faggio, tasso, quercia, ed in vista dei monti, dal vicino Monte
Camicia al più lontano Gran Sasso, fino al Pizzo di Sevo ed al monte Vettore,
offre piacevoli panorami soprattutto quello che si può godere dalla Cima della
Rocca, un rilievo di
ARTIGIANATO
A questo
piccolo ed affascinante paese , la cultura contadina ha elaborato una precisa connotazione: i colori
, gli odori della campagna hanno un
fascino tutto particolare. In passato si coltivava il lino con la
conseguente lavorazione domestica e artigianale per la produzione di biancheria.
Come in tutte le zone montane, era anche diffusa la lavorazione del legno, con
una particolarità: la notevole e quasi specifica produzione di remi per le
barche, che è andata però in disuso. Vi si trova ancora invece qualche attività
artigianale del ferro battuto, del legno scolpito e dell'intarsio.
Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli.
e-mail: mancinellielisabetta@gmail.com
I documenti e le
immagini sono tratti dall’Archivio comunale di Penne (Atti di Bacucco del 1617) e di Arsita,
da:"La vita in Abruzzo nel
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