venerdì 4 settembre 2020

ARSITA

 

L’abitato di Arsita, isola immacolata nel verde cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo  e monti della Laga, è situato sul  versante settentrionale su uno sperone di 470 m. lungo il corso superiore del fiume Fino.

Il paesaggio circostante ha una grande varietà di ambienti, dai campi coltivati della fascia collinare alle fasce boschive pedemontane, dai pendii erbosi alle pareti rocciose delle montagne e con il suo splendido scenario ancora intatto,  offre  una delle piu'  belle e suggestive vedute della regione nell'arco del Gran Sasso d'Italia: da Vado di Sella, o Vado di sole, Monte Prena, Brancastello, Monte Camicia, Monte Corno, fino ai degradanti monti di Pietracamela.  Aurore  e tramonti, dai colori entusiasmanti, riflettono la luce cristallina della neve che ricopre per molti mesi le vette dei monti ed i loro canaloni, fra i quali il famoso Gravone. 

                                                              LA STORIA

Arsita  si chiamava fino al 1905 Bacucco e in antico Bacuccum. Sull’origine dei nomi non ci sono indicazioni precise, spiegazioni attendibili. Arsita forse da arso, andato, bruciato, Bacucco  forse da “bel cucco”, dalla forma ovale dell’abitato, da un tempietto dedicato a Bacco, dal profeta Abacuc o ancora da un’antichissima famiglia che vi abitò. Il territorio di“Bacucco” segnava nel periodo italico il confine tra il territorio dei Vestini e quello dei Petruzzi; infatti lo stesso nome del fiume Fino nella terminologia alto-medievale era indicato come “In Fluvio Fine” cioè “fiume” del confine. Le sue origini non sono purtroppo ben definite perché non abbiamo testimonianze di antichi insediamenti ma, dai diversi ritrovamenti che dalla fine del 1700 si sono protratti fino in epoca contemporanea, si evince che risalgono al periodo preromano.  Reperti archeologici   rinvenuti  nel 1886 nel territorio di Arsita, (nell’agro dove sono attualmente situate Bisenti e Arsita)  testimoniano la presenza in epoca pre-romana  (ca. VII sec.) di Cerbolongo, una grande città vestina citata da Tito Livio e distrutta nel basso impero di cui però si ignora l’ubicazione precisa.  Si tratta di preziose testimonianze: tombe arcaiche con fibule di bronzo ed arette fittili uscite dalle stesse matrici da cui furono tratte quelle delle necropoli dell’Esquilino ma anche urne cinerarie, vasi lacrimali, lucerne, pavimenti, monete romane. A partire dal 1000  accanto a Bacucco comincia a comparire anche il nome Arsita: si tratta di un documento relativo ad un atto di donazione del conte Trasmondo di tre castelli tra cui Bacucco ed Arsita, rocche difensive del Ducato di Benevento, al monastero di Montecassino (1085). Anche nel Giustizierato d’Abruzzo i due nomi figuravano insieme. Il centro storico si sviluppò tra il XII ed il XIII secolo intorno a un antichissimo castello, detto Cima della Rocca che probabilmente è lo stesso che viene  rappresentato in molte opere di Raffaello conservate nelle logge del  Vaticano. Nel 1273 invece, furono citati ‘Bacuccum ed Arsita cum Podio’ nel diploma concesso ad Alife da Carlo I d’Angiò, mentre le decime vaticane del 1324 parlano sia di “Bacucco” sia della “ecclesia S. Johannis de Arsita”. Come si evince dai documenti i due insediamenti dovevano essere vicini forse complementari: il primo corrispondeva all'incastellamento attuale, mentre il secondo coincideva probabilmente con la cosiddetta “Cima della Rocca” (quota 923) e con la sottostante Chiesa di San Giovanni che si trova sul “colle di San Giovanni” ad un’altitudine di 729 metri. In seguito il duca di Calabria Alfonso donò il borgo ed il castello alla città di Penne, ma  nel 1496, la cittadina risultava sotto la giurisdizione aquilana.  Il suo territorio era ricoperto da selve estese di querce e di faggi col cui legname si fabbricavano remi di particolare pregio, che venivano ricercati lungo l’intero litorale adriatico. Nel frattempo Bacucco divenne fondo di Cola Gentile nel 1507, quindi degli Orsini ed infine dal XVI sec. del casato Farnese. Nel 1532 Bacucco aveva 50 fuochi (famiglie): 300 persone circa; nel 1545 di fuochi ne contava 67. In una pergamena del 1599 si apprende che i cittadini venivano esentati dal pagar dazi e gabelle alla città di Teramo per servizi resi e che si contavano 89 fuochi (famiglie). Dal catasto conciario del 1747 si evince che contava 900 anime. Nel 1804, secondo il dizionario topografico della provincia di Teramo, contava 945 abitanti, compresa la frazione di Roccafinadamo. Un anno importante è il 1830, quando Bacucco, riprende vita autonoma, separandosi da Bisenti, a cui era stata annessa nel 1809. Il 3 settembre del 1905 in una delibera del Consiglio Comunale, viene riportato “Cambiamento del nome di questo Comune in quello di Arsita”. Il nome si fa derivare da Figliolarsita, menzionata come contrada molto importante nel Sovrano Decreto del Regno delle Due Sicilie nel 1787. La data del 3 settembre 1905 rappresenta un momento storico molto significativo, una data epocale perché segna lo spartiacque da cui si dipartono due versanti, uno rivolto al passato e l’altro al futuro: Bacucco da una parte, Arsita dall'altra.

 

                                                              I  DOCUMENTI

Sono di fondamentale importanza per la storia del paese due documenti. Il primo è stato trovato nell'archivio comunale di Penne  da Candido Greco si tratta di un atto di compravendita del Contado di San Valentino da parte di Margarita d’Austria del 3 febbraio del 1583.

Dal suddetto documento sappiamo quanto segue.

Di questo contado faceva parte, oltre Pianella detta “granaio della Provincia d’Abruzzo”, anche Bacucco descritta “castello di ‘forma ovata’ bagnata dal Fino e posto alle radici dell’Appennino”. Il suo territorio benché montuoso era fertile per la produzione di grano, olio, biade, vino e frutta di buona qualità, possedeva selve estese con pascoli e montagne, una delle quali inaccessibile per le nevi perenni delle sue vallate con una fonte dall'Acqua Santa per curare la rogna e il mal di fegato.

L’Università era retta da un Camerlengo e quattro massari con otto consiglieri, proprietà ducali erano un mulino e un’osteria a cui l’Informazione anonima aggiunge “un poco di abitazione come il Castello, la quale serve ancora per carceri”.

Nel Contado Madama Margarita fu padrona assoluta e incontrastata, mancando quasi del tutto la nobiltà ed essendo i benefici ecclesiastici di sua collazione.

Diversamente che a Penne possedeva tutte le botteghe, le osterie, i tappeti, i mulini.

Proibiva ai suoi sudditi di macinare altrove le olive e il grano. Estesi uliveti, campi di  grano erano di Madama, le apparteneva quasi tutto il terreno coltivabile di Bacucco. In uno Stato  in cui tutto era di Madama il “buon governo” non poteva essere in funzione dei suoi sudditi. Con la morte della duchessa svanì anche il senso di Giustizia che Ella aveva inculcato ai suoi ufficiali e agli interessi della Camera ducale si sommarono gli interessi di costoro e si aprì la strada alla corruzione che portò il Contado ancora florido, descritto dal Marchesi nel 1593, a quello incredibilmente deficitario dell’Informazione, stesa da uno scrupoloso ufficiale intorno al 1628. “I bargelli (funzionari capo della polizia) sono senza paga e senza birri (poliziotti); a Bacucco è senza paga finanche il Capitano.

S. Valentino è definita terra povera e “disfatta”, indebitata grandemente con la Camera ducale, Bacucco “è delle ( università) più povere che habbi Sua Altezza”.

E’ gran merito della Duchessa l’aver impedito che questa corruzione, sorta quarantanni dopo la sua morte ma già imperante a Napoli mentre Ella era in vita, dilagasse nel suo  secolo. Altro suo merito fu quello di aver fatto residenza in Abruzzo, impedendone l’emarginazione culturale e sociale. 

Il secondo documento importante, sia sull'aspetto paesaggistico che sulle peculiarità caratteriali del bacucchese di allora e forse anche attuale, è quello che ci fornisce Serafino Razzi . Sacerdote domenicano, chiamato dalla Chiesa, poco tempo dopo la grande vittoria cristiana di Lepanto nel “Viaggio alla riforma d’Abruzzi”, si stabilì  nel convento domenicano di Penne, con l’incarico di reggerne il priorato e muovendosi per i centri vicini e lontani, aveva lo specifico compito di portare e diffondere il messaggio cristiano e l’esempio mariano.

Giovanni Rotondi nel Bollettino dell’Archivio Storico Lombardo afferma a questo proposito: “E’ veramente interessante seguire da un capo all'altro dell’Italia questo frate viaggiatore che, pur nelle brevi soste delle sue lunghe marce pedestri, non si lascia sfuggire l’occasione di ricercare una notizia erudita che gli possa giovare per i suoi studi di agiografia domenicane, di vedere e di descrivere un’opera d’arte, o di  trascrivere un’iscrizione antica, o di raccogliere i proverbi o di indagare l’etimologia del nome del paese ove si trova”.

Giunto ad Arsita, quando si chiamava Abbaccuch, il 23 luglio 1575 partendo dopo il Vespro da Civita di Penne con un compagno così descrive l’arrivo nel paese: “Andai a certa terra lontana 7 miglia detta Abbaccuch posta su la riva del fiume Fino, in luogo murato, e pieno di precipizii, stando a piè d’altissime montagne e sopra dirupate valli. E ci fu dato alloggio da un Rev. Arciprete della Terra. Et avvenne che essendo stato scaricato un archibugio da un certo bifolco  a un Terrazzano, che guardava un pero, si levò il romore, e si diede all’armi da gli uomini del castello: stimandosi che fossero banditi, essendo già notte buia. Ma il suscitato romore fe in un  tempo stesso fuggire l’uno e l’altro.”

In sostanza si racconta la storia  di un contadino “Abbacucchese” che cercava di rubare delle pere ad un piccolo proprietario terriero del posto, sempre da guardia al suo “bene”. Per riuscire nel suo intento carica a salve (con la carta) il suo archibugio e tenta così di spaventare il padrone del pero . Il rumore però fa accorrere i soldati di stanza al castello e, a quel punto, entrambi sono costretti a fuggire senza che nessuno dei due riesca nel proprio intento. Un episodio emblematico che serve a spiegare anche la natura del bacucchese. I cittadini di Arsita ricordano il poeta dialettale Antonio Basilicati che nel “Verbumcaro” satira sui difetti dei suoi compaesani.    

 

 

                                           

 

                                                        ARSITA OGGI

Arsita attualmente si presenta con le caratteristiche di un centro medievale lungo il quale si affacciano palazzi gentilizi e la chiesa madre, collega le varie parti dell’abitato con la rocca, dov'è posto un torrione  struttura rotonda su pianta ottagonale: segno superstite della cinta fortificata e merlata del piccolo Castello di Bacucco. Del passato, oltre ai resti del “Castello di Bacucco” restano la casa seicentesca dei Basilicati, l’ex palazzo De Victoris, l’edificio comunale e la facciata semplice e lineare della vecchia casa della famiglia Picelli Gaetano, raro cimelio di un’antica abitazione di paese. Resta anche lo stemma del Comune che ha nel centro una torre con alla base la scritta “ Città di Bacucco” e nella parte superiore una corona gentilizia e intorno delle foglie ornamentali.

Nel centro storico è presente la chiesa madre parrocchiale, Santa Vittoria con un facciata ottocentesca che copre quella precedente, risalente al 1700. L’interno ad un’unica navata rivela una tipologia settecentesca, su ristrutturazione di una chiesa, probabilmente anteriore al 1500, con edicole laterali contenenti statue, tra cui quella di san Nicola di Bari, patrono di Arsita..Particolare è la settecentesca scultura lignea del Cristo, di scuola napoletana. Dello stesso periodo(1790)  è il pregevole quadro ovale che rappresenta San Vittoria, sovrastata dalla Madonna delle Grazie. Parzialmente conservata all’esterno è la cappella gentilizia settecentesca, situata su una ripida salita, che presenta un portale, con ante lignee e formelle con bassorilievi , raffiguranti angeli, mostri marini, simboli astrologici, di gusto tipicamente popolare.



Fuori dal paese sulla strada per Penne,  in un’oasi di pace, accanto ad una secolare quercia, è la fatiscente chiesa romanica (‘500) di San Maria d’Aragona. Di linea semplice è realizzata con mattoni a vista e ingentilita da un porticato. Conserva una terracotta dipinta del 1531 raffigurante la “Madonna con il Bambino” in grembo,  del 1531 (ha la particolarità delle mani snodabili).  


La Chiesa della SS. Trinità  infine  è del 1874, di essa restano soltanto la facciata e presso il Municipio, le ante del portone in legno, artigianalmente scolpite a formelle con angeli e animali.

Il Vecchio comune: una bella costruzione al centro del paese, vecchia sede comunale, che attualmente ospita un punto informativo del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.


Castello "Bacucco"
 è situato all'estremità settentrionale del paese sovrastante le abitazioni,   si tratta di un complesso fortificato, risalente al XII secolo, di cui restano parti delle mura ed una torre angolare circolare del castello. Alla fine dell'800 fu ristrutturato ed adibito a residenza nobiliare.








Mulino Di Francesco - È un antico ed interessante mulino ad acqua, in località Acquasanta, sul fiume Fino lungo l'antico «sentiero dei mulini». Vi si accede dalla strada per Collemesole. Recentemente restaurato, è di proprietà privata; ma l'accesso ai dintorni è libero e consente di godere la bellezza del luogo, con lo scroscio delle acque del fiume in sottofondo

                                             

                                                        

                                                                       LA NATURA


Il paese, circondato da boschi di pino montano, faggio, tasso, quercia,  ed in vista dei monti, dal vicino Monte Camicia al più lontano Gran Sasso, fino al Pizzo di Sevo ed al monte Vettore, offre piacevoli panorami soprattutto quello che si può godere dalla Cima della Rocca, un rilievo di 923 m , con una particolare forma che ricorda quella di un vulcano. L'estensione dei boschi e la diversa altitudine consentono la vita di una fauna molto varia sia a terra, che in aria.  

In particolare, oltre alla presenza del camoscio (sul monte Coppe e sul Dente di Lupo), si segnala quella di cinghiali e di esemplari di lupo. Tra gli uccelli, quelli tipici della foresta e varie specie di rapaci, come aquila reale, nibbio, poiana, astore, sparviero. Tra i numerosi anfibi, la salamandra appenninica e più rara, la salamandra dagli occhiali. Il territorio consente la possibilità di passeggiate naturalistiche nei boschi, al rifugio Fonte Torricella, alle sorgenti del Fino, alle gole dell'Inferno Spaccato, alla Fonte dei Banditi, ed escursioni sui monti Coppe, Siella, Tramoggia, Camicia ed al nevaio del Gravone.

                                                           

                                                       

 

                                                      ARTIGIANATO


A
questo piccolo ed affascinante paese , la cultura contadina ha  elaborato una precisa connotazione: i colori ,  gli odori della campagna hanno un fascino tutto particolare. In passato si coltivava il lino con la conseguente lavorazione domestica e artigianale per la produzione di biancheria. Come in tutte le zone montane,  era  anche diffusa la lavorazione del legno, con una particolarità: la notevole e quasi specifica produzione di remi per le barche, che  è andata però in disuso. Vi  si trova ancora invece qualche attività artigianale del ferro battuto, del legno scolpito e dell'intarsio.

Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli. 

e-mail: mancinellielisabetta@gmail.com

I documenti e le immagini sono tratti dall’Archivio comunale di  Penne (Atti di Bacucco del 1617) e di Arsita, da:"La vita in Abruzzo nel 500”  descritta da Serafino Razzi (Adelmo editore) e dalla Associazione culturale “Città di Bacucco”.

 

 

                                                

 

 

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