Nella storia dell’arte italiana vi sono molti casi di famiglie di artisti, a volte ristretti ad una sola generazione, altre volte riguardanti vere e proprie dinastie di più generazioni. La parola "bottega" radicata nella storia della pittura italiana ed europea, è forse quella che dà la spiegazione più plausibile del formarsi di queste famiglie di artisti perché, al di là del talento e della grandezza di ciascuna personalità, quasi obbligatoriamente era all'interno dell’impresa di famiglia che avveniva l’apprendistato, come garzone o solo preparando i colori. Questa tradizione continua fino agli inizi del 1900.
ALBERO GENEALOGICO
La dinastia dei Cascella, nella sua formazione, si inserisce in questa tradizione anche se essa costituisce un caso del tutto particolare nella storia dell’arte italiana degli ultimi centoventi anni, perché si è manifestata nella continuità di ben cinque generazioni. Inoltre “la famiglia”, pur formandosi nello spirito della bottega rinascimentale, ha espresso personalità artistiche caratterizzate e riconoscibili, ciascuna autonoma nel proprio particolare mondo immaginativo. Questa famiglia patriarcale di artisti ha dato alla terra natia onore ed orgoglio per la capacità espressa nelle diverse forme artistiche in cui si è cimentata, sempre con incommensurabile impegno, arte e genialità. La storia di queste generazioni di artisti rappresenta la testimonianza sempre giovane di un entusiasmo creativo che si è manifestato e continua a manifestarsi in maniera impareggiabile.
BASILIO
Il capostipite di questa famiglia fu Basilio personaggio multiforme: pittore, ceramista, litografo, editore. Tra gli artisti che attinsero esempio dall'arte michettiana fu senz'altro la figura preminente e guardò sempre al Cenacolo come ad un essenziale punto di riferimento per la sua operosità. Egli nacque a Pescara nel 1860 da Francesco Paolo sarto, ricamatore e decoratore e da Marianna Siciliani. Francesco Paolo iniziò i figli ( l’altro era Ernani, maestro di musica abbastanza noto) all'amore per l’arte. Sugli anni dell’infanzia come sulla formazione artistica abbiamo poche notizie desumibili dai rari ricordi autobiografici e da fonti coeve quali (Anonimo, Bucco, Romualdi e la Provincia di Chieti). Basilio comunque fu un artista che non ebbe maestri. Si gioverà più tardi dei consigli dei vari artisti dell’epoca, con i quali ebbe rapporti amichevoli, ma ciò che egli fece e che fu lo dovette solo a se stesso e al sentimento dell’arte vera che aveva nel sangue e nell'anima. Trascorsa l’infanzia ad Ortona, dove frequentò solo le scuole elementari, a soli 15 anni scappò di casa recandosi a piedi a Roma. Nella città visse miseramente di espedienti fino a quando conobbe il cavaliere Luigi Salomone che lo accolse come apprendista grafico nel famoso “Stabilimento litografici Bruno & Salomone” e nella città frequentò le Scuole serali degli artieri. Nel 1878-79 lo troviamo a Napoli dove viveva incidendo biglietti da visita e figurine alla moda. Durante il servizio militare a Pavia conosce Medardo Rossi e Vincenzo Irolli che lo avviano alla pittura. Si stabilisce poi a Milano (1883) dove perfeziona la formazione di litografo lavorando nello “Stabilimento litografico Borsino”, viene poi introdotto da Aleandro Villa ne “La Famiglia Artistica” dove conosce Gaetano Previati. Esordisce con opere di impronta verista lasciandosi influenzare anche dalle tendenze simboliste. Dal 1884 fino alla metà degli anni ‘90 partecipa alle più importanti mostre di arte contemporanea italiana riscuotendo (1894) un notevole successo con il dipinto “Il suono e il sonno” vasta tela simbolista esposta sia a Napoli che a Brera e Milano. Parallelamente si dedica all'attività di litografo venendo premiato con quella medaglia d’oro che vediamo riprodotta sulla testatina della carta da lettere dello “Stabilimento litografico B. Cascella”. Rientrato a Pescara nel 1885, su un terreno concessogli dal Consiglio Comunale, a patto che l’artista provvedesse ad erigervi un laboratorio artistico di pittura ed arti affini, apre uno stabilimento cromolitografico. Esso sorse in via delle Acacie in una zona allora quasi isolata, a sud del fiume verso il mare, lontano da San Cetteo e dall’Arco di Portanuova, cuore della cittadina di fine secolo, proprio dove era la sua vecchia casa, in viale Marconi 45 che oggi ospita il Museo Cascella. “Entra e adora” si leggeva sulla porta dello stabilimento di Basilio, dove i rulli passavano sulla pietra, le ruote giravano ai torchi e Don Ferdinando Giordano tornava a reclamare ancora altre serie di cartoline. Basilio, con la sua potente voce che dominava tutto il laboratorio, prometteva, preso dall'entusiasmo per iniziare la pubblicazione dell’Illustrazione Abruzzese. Alla parete il grande quadro “Il bagno della pastora” non finito e le stampe cinesi ai vetri. L’Abruzzo era al centro della sua arte. Tutte le sue opere ne portano i segni inconfondibili, le sue figure più significative recano nitidi i lineamenti della razza abruzzese, sana feconda, lavoratrice prospera: gli uomini e le donne, i vecchi e i bambini, i casolari, le scene agresti, i pastori che zufolano nei canneti sulle rive del Pescara. Immagini romantiche e pastorali popolate, tra le gole dei monti e gli scogli dei lidi, da pecorai, greggi, ninfe, satiri putti, suonatori di zampogna, stupende donne. Intanto i figli Tommaso, Michele, Gioacchino crescevano malati, come lui della stessa malattia: l’arte. Il luogo divenne punto di incontro di artisti e letterati e Basilio vi stampò tre serie della rivista di alto prestigio “Illustrazione abruzzese”, che, come era dichiarato nella presentazione, accanto al fine artistico e letterario, intendeva mettere in luce le infinite bellezze accumulate nei secoli nel sud dell’Italia e riprodurre e illustrare in grandi tavole i tanti monumenti, le tante opere di pittura, ceramica scultura nascosti nei piccoli centri e scarsamente conosciuti. Dallo “Stabilimento litografico B. Cascella e C.” uscirono oltre ai fascicoli della “Illustrazione abruzzese” stampe d’artista etichette, pubblicazioni, immagini devozionali, illustrazioni per libri, cartoline. Questa produzione nel 1898 ebbe un importante riconoscimento con la premiazione all’"Esposizione Nazionale" di Torino della grande litografia “La Maddalena”. Dal 1920 si dedicò prevalentemente alla produzione ceramica che espose con successo alle “Biennali Internazionali delle Arti decorative” di Monza. Di questo periodo sono i grandi pannelli in maiolica dello Stabilimento Termale Tettuccio di Montecatini (1926-1927). Nel 1928 si trasferì a Roma dove l’anno seguente venne eletto deputato. Nonostante la tarda età rimase attivo fino a poco prima della morte avvenuta nel 1950.
FOTO TOMMASO CASCELLA MENTRE DISEGNAPRESENTI LA MOGLIE E IL FIGLIO PIETRO |
Il primogenito TOMMASO proseguì sul solco impresso dall'opera paterna, disciogliendo la fedeltà veristica al paesaggio abruzzese e ai luoghi dell’infanzia con una sensibilità impressionata dalla magia del colore e del sogno. Più rude di Michele (poeta della soavità e dell’elegia) era attratto dalle rovine delle tempeste, i geli che intirizziscono, il sole che arde e brucia, le scene della natura selvaggia e violenta, le ciclopiche ferite della Maiella, i tramonti di fuoco, i colori smaglianti nelle vele delle paranze sull'Adriatico. Nacque ad Ortona nel 1890 si formò e maturò nella ferrea disciplina imposta dal padre Basilio. Dopo alcune esperienze sia extraregionali che extranazionali, tornò a vivere e a lavorare nello studio pescarese di Basilio. Esordì a Milano a 17 anni, nel 1907, con una mostra a due, insieme al fratello Michele. Espose poi a Parigi, Londra, San Paolo del Brasile, fu tra i vincitori della Biennale di Venezia nel 1932 e poi corrispondente di guerra per la rivista paterna “La Grande Illustrazione” nel 1914. Proprio in questo anno pubblicò un volumetto “Con D’Annunzio a Parigi” in cui racconta come fu scambiato per una spia, mentre dipingeva dal vivo scene di guerra sul fronte tedesco e imprigionato, ma poi liberato grazie all'intervento di Gabriele D’Annunzio. Ceramista, ma in primo luogo pittore, realizzò monumenti ceramici tra i quali “La Sagra della Maiella” a Bocca di Valle e il Monumento ai Caduti di Ortona e, in collaborazione col padre, l’affresco nel Palazzo Reale di Bolzano. Uno splendido olio su tela (bozzetto dell’opera in ceramica conservata nel Palazzo municipale di Chieti) attualmente è conservato presso la Pinacoteca “C. Barbella” di Chieti. La composizione allegorica intende ricostruire le tappe del doloroso percorso che portò alla liberazione di Chieti dopo gli scontri tra i tedeschi e i partigiani durante la 2° guerra mondiale. Nella parete superiore del polittico è rappresentata Chieti (riconoscibile dal Campanile di San Giustino): città che fu epicentro della disgregazione dell’esercito, mentre, nella zona inferiore, cinque scene narrano l’incontro dell’arcivescovo della città con Papa Pio XII , l’eccidio del 1943 e la liberazione (1944). L’artista morì a Pescara il 2 dicembre del 1968.
Il secondogenito MICHELE sognatore, delicato, mistico, sapeva ritrarre con delicatezza di pennello e di tinte, i fiori azzurri su prati verdi, gli alberi fioriti nelle tenui tinte autunnali e nel tiepido sole di febbraio, le sfumature primaverili, i chiari di luna e le voci soffuse delle colline, dei fiumi, del mare. Di carattere affabile e dotato di sottile ironia, guardò a un orizzonte cosmopolita e si inserì negli ambienti più qualificati d’America dove fu influenzato dalle correnti espressive della grande arte contemporanea in particolare dal Surrealismo. Nacque ad Ortona il 7 settembre 1892 e, come il fratello Tommaso, fu allievo del padre Basilio. Sin dalle elementari non ebbe buoni risultati nel rendimento scolastico persino nel disegno! La madre decise per lui un futuro ecclesiastico, il padre invece lo volle e lo fece pittore, portandolo nel suo laboratorio e facendolo esercitare nel copiare i disegni di Leonardo e Botticelli. Nel 1907 la sua prima mostra nella Famiglia Artistica di Milano, che verrà riproposta nel 1908 al Caffè Ligure di Torino e poi alla Galleria Druet di Parigi nel 1909. La sua tecnica prevalente è rappresentata dall’utilizzo del pastello, avvicinandosi al simbolista Michetti. Intorno agli anni Dieci frequentò gli ambienti culturali milanesi dove incontrò Sibilla Aleramo che gli fece conoscere Filippo Tommaso Martinetti, Umberto Boccioni e Margherita Sarfatti. Nella prima guerra mondiale fu soldato ed i suoi ricordi visivi sono esposti al Museo del Risorgimento ed alle Raccolte Storiche di Milano. Alla fine della guerra prese la residenza definitiva a Milano e si dedicò alla attività incisoria ed alla ceramica, per tornare poi alla pittura ad olio ed all'acquerello. Nel 1924 espose alla Biennale di Venezia e, nell'anno successivo, allestì una personale alla Galleria Pesaro di Milano, ben recensita da Carlo Carrà un gran sostenitore del primitivismo nella pittura di Michele. Le sue vedute marine e urbane, i ritratti femminili gli valsero un grande successo e l’invito a tutte le Biennali di Venezia fino al 1942. Negli anni trenta utilizza la tecnica dell’acquarello ed i soggetti rappresentano prevalentemente vedute di città. Espone le opere in Europa: Londra Parigi, Bruxelles. Nel 1933 collabora con il “Corriere della Sera” con disegni raffiguranti importanti località italiane. Nel 1934 soggiorna in Libia, successivamente riceve un incarico da parte della principessa del Piemonte di eseguire un ciclo di dipinti sul paesaggio dell’Italia meridionale. Nell'immediato secondo dopoguerra intensificò le esposizioni all'estero: Buenos Aires, Montevideo ed altri centri sudamericani. Poi prese contatti con gli Stati Uniti e dal 1959 alternò lunghi soggiorni in terra californiana che corroborarono la sua personale cultura. In seguito a questa esperienza prese consapevolezza il filo ispiratore della pittura di Cascella: la verifica del sentimento della lontananza e della nostalgia. “Nuova York, egli spiega, unisce alla poesia di un villaggio il progresso del 2000… questa miscela di piccola provincia e di grande metropoli mi ha affascinato, così ho cercato di interpretare queste mie sensazioni” Il periodo americano non fu un capitolo a sé nello svolgimento pittorico dell’artista , vi si inserì come premessa della presa di coscienza del mondo spirituale ed artistico “unico” a cui pervenne nell'ultima fase della sua vita artistica. Per associazione certe coste californiane gli ricordavano scorci della vecchia riviera adriatica, tra Pescara e Ortona ma anche per contrasto, perché quel paesaggio si rivelava poi “diverso” da quello natio. Da questo conflitto interiore venne fuori proprio a New York il primo quadro rievocativo d’Abruzzo fatto, come egli spiegava “ per combattere la nostalgia”… “una visione dell’Adriatico con le ginestre, con San Vito Chetino, dove d’Annunzio ha ambientato il “Trionfo della morte”. Il suo evidente e meritato successo fu contrassegnato da un inevitabile progressivo distacco dalla vita artistica nazionale che comportò a una situazione di felice isolamento. Una pittura gioiosa, piena di vita e colore, luminosa eppure semplice di facile comunicativa sul filo del sentimento. Fiori nature morte, campi di grano e di papaveri, paesaggi abruzzesi e la tanto amata Portofino sono stati i soggetti delle sue ultime stagioni. Le opere di Michele Cascella sono conservate, per ricordare i musei più importanti, presso la Galleria di Arte moderna, di Bruxelles, il De Sasset Art Gallery dell’Università di Santa Clara in California, la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, la Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino. L’artista morì a Milano il 29 agosto 1989.
GIOACCHINO, il terzogenito di Basilio, scelse per sé una visuale ridotta, uno scorcio da cui osservare il mondo, il paese di Rapino che elesse a soggetto privilegiato della sua arte. L’artista si rivelò davvero innamorato del paese, dei suoi paesaggi, delle sue tradizioni maiolicare e nella sua quotidianità tanto che decise di trascorrervi tutta la vita tra l’argilla dei monti, il fuoco dei forni e i colori dei suoi pennelli. Il “milite ignoto” lo definì il fratello Tommaso. Ma Gioacchino, anche se rimasto in confini ristretti e celato alla conoscenza di quanti ne avrebbero potuto apprezzare la delicatezza e la sensibilità del pennello, come tutti i Cascella, non ha mancato di fornire segnali di artisticità di notevole rilievo. Nacque a Pescara nel 1903. Attivo soprattutto nel campo della ceramica, per amore di quest’arte, lasciò gli studi tecnici e si inserì nella fabbrica del padre dalla quale era attratto per indole e per la gioia che provava nel porre in pratica gli insegnamenti paterni. Assieme a lui contribuì alla rinascita dell’attività in Abruzzo. La sua prima mostra di opere in ceramica fu allestita nel 1923 nel Circolo cittadino di Mantova. Nel 1926-1927 con Basilio e Tommaso collaborò alla realizzazione dei vasti pannelli ceramici per la decorazione dello Stabilimento termale Tettuccio di Montecatini. Dipinse anche finissimi acquerelli che, in trasparenze splendide, lasciavano filtrare i sogni di cui si popolava il suo immaginario; sogni che i colori, appena accennati proponevano con magia. Sensibile e mite nel carattere produsse opere di grande interesse anche nel campo della pittura. Tra queste tre dipinti di Rapino ad acquerello realizzati tra il 1960 e il 1970. Il primo intitolato “Nevicata a Rapino”. E' una suggestiva rappresentazione del paese imbiancato dalla neve in cui dominano quasi esclusivamente i colori chiari, il secondo rappresenta uno scorcio del paese però incompleto: esse sono conservate ad Ortona presso la Pinacoteca Cascella.
Il terzo acquerello dal titolo “Paesaggio a Rapino” rappresenta una veduta dell’abitato dal basso di una strada che si snoda tra gli alberi arrampicandosi fino al paese.
Il terzo acquerello dal titolo “Paesaggio a Rapino” rappresenta una veduta dell’abitato dal basso di una strada che si snoda tra gli alberi arrampicandosi fino al paese.
Rispetto ai precedenti la rappresentazione appare più accesa nei colori e più definita nel disegno. Un altro acquerello finissimo conservato nel Museo Cascella di Pescara è “Il Convento di Guardiagrele” .
Ed è appunto in questo paese che all'età di 79 anni si spense l’artista.
La terza generazione è costituita dai figli di Tommaso: Andrea e Pietro
ANDREA
Primogenito di Tommaso, raffinato disegnatore, pittore e ceramista nel solco della tradizione familiare, fu soprattutto scultore di pregio e fama internazionale tanto da divenire commissario della Biennale di Venezia e rettore dell’Accademia delle Belle Arti di Brera. Nasce a Pescara nel 1919 e svolge l’apprendistato artistico sotto la guida del nonno Basilio e del padre Tommaso. Giovanissimo consegue una borsa di studio per la scuola di ceramica presso l’Istituto Statale d’Arte di Faenza. Mobilitato nell'esercito durante la seconda guerra mondiale, fece parte delle truppe di occupazione in Francia. Dopo l’armistizio si diede alla macchia in Valsesia ed entrò, quindi nella Resistenza con le formazioni garibaldine e divenne comandante della 15 m Brigata “Rocco”. Dopo la liberazione insieme al fratello Pietro si trasferisce a Roma e continua ad esercitare l’arte della della pittura e della ceramica che il padre riteneva le vie più congeniali al suo talento. In seguito però imbocca decisamente, sempre insieme al fratello, la via della scultura. Si sposa, si stabilisce a Milano e diventa un esponente dell’Astrattismo europeo, nel contempo continua a collaborare con Pietro nella ricerca e nella realizzazione di numerose opere monumentali, la più importante delle quali fu il progetto vincitore al Concorso di Auschwitz nel 1958. Nel 1964 vince il Gran Premio della Scultura nella Biennale di Venezia mentre la sua arte dilaga in Europa e in America. Nel marzo 1980 è nominato direttore dell’Accademia di Brera dove era già docente di scultura. Muore a Milano nel 1990 lo stesso anno nel quale viene nominato Accademico dei Lincei. Tra le sue tante opere ,oltre al Monumento di Auschwitz sopra citato, ricordiamo i Monumenti ai Caduti della Libertà nei cimiteri di Romagnano Sesia e di Casale Corte Cerro. La scultura di Andrea Cascella, secondo la maggior parte dei critici, resta sicuramente un punto di riferimento nel panorama artistico d’oggi. Per la sua arte scelse prevalentemente la pietra: quanto di più permanente esista sia come aspirazione dell’animo sia per la solidità e il rispetto che incute. Andrea gira e rigira intorno ad un sasso, lo spezza e lo incide nel profondo, crea con un dinamismo e un’invenzione continui, con una perfezione, un costante variare delle linee che non si ripete mai in nessun frammento.
PIETRO
Secondogenito di Tommaso, come Andrea, ha iniziato la sua carriera artistica come pittore e ceramista ma ha consolidato la sua fama mondiale come scultore. Nasce a Pescara nel 1921, svolge l’apprendistato artistico sotto la guida del nonno Basilio e del padre Tommaso. Nel 1938 si trasferisce a Roma dove frequenta l’Accademia delle belle Arti. Dopo aver praticato la pittura, si è dedicato alla scultura in pietra e bronzo a partire dagli anni Cinquanta. L’abbandono della pittura a vantaggio della scultura avviene dal primo dopoguerra. Partecipa alla Biennale Internazionale di Venezia nel 1948 dove esporrà ancora nel 1956 e nel 1958 vince insieme al fratello Andrea il concorso internazionale per il Monumento di Auschwitz. Il periodo successivo è caratterizzato da una serie di opere monumentali in cui si fondono l’impegno sociale e progetti di scultura su scala urbana: l’Arco della Pace a Tel Aviv, l’ “Europa” a Strasburgo, il Monumento a Mazzini a Milano, l’Agorà all'Università di Chieti, la Porta della Sapienza a Pisa e a Pescara: la Nave, opera che caratterizza il lungomare della città, realizzata nel 1987 in marmo di Carrara. Nelle sue sculture sprigiona tutta la forza e l’energia che sente nella pietra, nel marmo con una notevole abilità e padronanza della tecnica. La dimensione monumentale è quella che maggiormente conviene alla natura plastica dell’artista ma, anche quando realizza una “piccola” scultura, l’idea che vi è implicita è sempre monumentale. Nelle sue opere infatti è espresso un senso di potenza ed energia, che si richiama alla grande tradizione arcaica dell’arte, sulla quale si innesta una fantasia del tutto moderna. L’uso della pietra, da lui definita “l’ossatura della terra”, il recupero dell’antica naturalità ed integrità dell’uomo, la sintesi plastica di volumi che richiamano forme archetipe, simboli comunicativi universali, lo collocano in una linea ideale della scultura europea. Con Marco figlio di Andrea e Tommaso junior, Susanna e Jacopo, figli di Pietro si arriva così alla quarta generazione di questi artisti che rappresentano la testimonianza sempre giovane di un entusiasmo creativo che continua a manifestarsi in maniera impareggiabile.
MARCO
Unico figlio di Andrea si esprime nell'ambito di un suggestivo e personale mondo fantastico di sapore “spazialista” che sembra dichiarare legami riflessivi anche con la scienza e l’astronomia.
Nasce a Gozzano (Novara) il 13 febbraio 1949. Ginecologo nella vita ha ereditato dal padre la passione per l’arte, tanto che a poco a poco l’amore per la pittura ha preso il sopravvento sulla professione medica anche se le due discipline ancora oggi convivono. Lavora tra Pavia e Milano e deve al Collegio di Pavia la prima Mostra realizzata nel 1986 quattro anni prima della morte del padre. Il suo linguaggio espressivo si ispira al “virtuale” dei videogames: un linguaggio attraverso il quale narra i giochi della vita. Le forme pur geometriche hanno una musicalità che guida le composizioni lineari e coloristiche del pittore. Le sue figurazioni fantastiche, di per sé astratte, modellano una realtà utopica, siano esse viste come architetture o colonne sonore o concrezioni atmosferiche, ogni configurazione risulta verosimile. Il suo viaggio fantastico sembra non esaurirsi e, attraverso le sue immagini di libertà e di vigore, ci proietta sempre verso la prossima meta.
TOMMASO JUNIOR
Tommaso il giovane, primogenito di Pietro, si è ormai affermato sulla scena dell’arte italiana, sia nella pittura che nella scultura, con una proposizione di valenza inoggettiva tra le più intense ed originali, anche per i marcati segni di poesia ideativi che essa dichiara. Nato a Roma nel 1951 è maturato alla scuola del padre Pietro, ha svolto poi una ricerca personale oltre i limiti della forma di cui ha esplorato le archeologie per riuscire a combinarne i valori recepiti con un linguaggio letterario astratto. Le sue opere dialogano tra pittura e scultura senza confini di lettura: il quadro si fa teatro e rimanda a segni scultorei, le immagini tridimensionali della scultura si riconoscono nelle grafie che animano le tele. Le sue costruzioni astratte contengono simboli universali come segnali alchemici o “alfabeti” dagli imprevedibili sviluppi.
L’uso del torchio simile a quello usato dal bisnonno Basilio, lo aiuta nell’esercizio del segno e del colore che sono essenziali alla sua arte.
SUSANNA
Secondogenita di Pietro e sorella di Tommaso Jr .vive e lavora a Roma.
Ha un percorso nato dalla decorazione, l’arte di modificare la percezione degli spazi, che ha preferito alle discipline affini rappresentando per lei un motivo e uno strumento di eccezionale disponibilità nella ricerca del meglio della capacità creativa. In questo impegno l’artista non trascura lo studio delle forme arcaiche, che legano la sua cultura a quella del padre almeno negli schemi di fondo, e le imprime nelle sue decorazioni espresse con stile personale. Tutti i fattori della realtà che compongono il suo universo decorativo si sono trasformati, nel tempo, in elementi onirici: i colori sono diventati puri, le forme essenziali. In una delle sue più recenti mostre pittoriche, nella Galleria Stella a Roma, l’artista ha immerso letteralmente nel colore e nella tela l’intera galleria fin sopra il soffitto e una serie di 61 piccoli disegni, incorniciati come piccoli sogni, scorrevano lungo le pareti in un teatrino in cui gli attori sono i desideri e i contrasti di colori le scenografie. La sua pittura comunica una visione armonica e vitale del mondo, i segni richiamano a un ancestrale sapere, alla memoria, alla nostalgia genetica di un Eden perduto. Nei suoi quadri si riconoscono tracce di una felicità esente dalla necessità e dalla morte, chimera irraggiungibile ma legittima.
Dipinge attualmente anche su tessuto con tratti essenziali carichi di colore: quadri che taglia e allestisce creando esclusive opere d’arte da indossare, da portare in modo informale.
JACOPO
Ultimo dei figli di Pietro, appare caratterizzato da una originale visione favolistico-narrativa di sapore nordico. Nato a Carrara il 7 aprile 1972, vive con la famiglia nel castello di Fivizzano. Dopo aver conseguito la maturità nel liceo artistico della città natale, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Firenze dove nel 1997 si è diplomato nel corso di pittura con una tesi in Storia della Musica su “Quadri di una Esposizione” di Mussorgsky alla cui opera musicale si è ispirato in un ciclo di disegni e dipinti. Attivo anche nel campo dell’incisione ha illustrato con 90 tavole “La Storia Vera” di Samostata (1°sec. d.c.) insieme a Mirko Berrettini con cui ha decorato con incisioni il “Don Chisciotte” di Pietro Poesca. Ha partecipato a mostre collettive quali “Artisti slavi e italiani” all'Accademia del Giglio a Firenze e “Da padre in figlio” a Castell’Arquata. Sue mostre personali sono state allestite a Milano “Opera Prima” e a Parma “La Storia Vera”. Oltre alla costante ricerca pittorica è attualmente impegnato nella realizzazione della terza delle sue grandi vetrate per la cattedrale di Francavilla al Mare e ad una grande scultura in marmo destinata allo spazio pubblico.
MATTEO
Con Matteo figlio di Tommaso Junior arriviamo alla quinta generazione. L’artista firma i suoi lavori Basilè, un nome scelto in omaggio al capostipite e riafferma con la sua ricerca sui nuovi linguaggi dell’arte, la persistenza intuitiva della “modernità” di Basilio. E’ nato a Roma nel 1974 dove vive e lavora. Attivo dal 1994 ha partecipato ad importanti e significative rassegne della nuova arte contemporanea a Parigi, Londra, Roma, Milano, Colonia ecc. Ha allestito numerose mostre personali: “Arte fuori circuito”, “Martiri e santi”, e “Il mio nome è nessuno, il mio numero è zero” tutte a Roma. Matteo è artista di integrazioni culturali e il suo lavoro formalizza la nuova etica in cui stiamo crescendo: l’evoluzione fatta di codici, segni elettronica e manualità. I nuovi quadri portano avanti un sensibile sguardo verso la civiltà morale del mondo aperto: occorre partire dalle differenze per catturare la nostra “normalità”. Con Basilè si chiude idealmente, per ora, la lunga dinastia, di ben centoventi anni, dei Cascella: testimonianza sempre giovane di un entusiasmo creativo e di incommensurabile impegno, arte e genialità.
MUSEO CIVICO “BASILIO CASCELLA”
Il laboratorio cromolitografico fondato da Basilio alla fine del 1800, fucina di formazione per tanti giovani artisti e punto di richiamo nel panorama culturale abruzzese, fu donato nel 1966 dagli eredi Cascella al Comune di Pescara e nel 1975 fu trasformato in Museo. La struttura raccoglie, nelle sue 12 sale, oltre 500 opere di pittura, scultura, ceramica e grafica di Basilio, dei figli Tommaso, Michele, Gioacchino, di Andrea, e Pietro. Si possono ammirare anche mobili, oggetti d’arte, cartoline illustrate,cartoni di opere, etichette, frammenti, preziose e rare pietre litografiche che servirono per le incisioni.
Luogo: Pescara
Indirizzo: Via G. Marconi n.45 tel 085/ 4283515
email: cascella @muvi.org
Apertura: Lunedì chiuso
Da Martedì a sabato : ore 9-13
Martedì e giovedì : ore 16,30
I documenti e le immagini sono tratti da “I Cascella” della Fondazione Caripe, dall'Archivio di Stato di Pescara e dal Museo “Cascella”di Pescara.
Ricostruzione storiografica a cura di Elisabetta Mancinelli
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