martedì 15 gennaio 2019

Marco Tabellione lo straordinario poeta che con la raccolta di versi: "L’Eternità dell’acqua” ha ottenuto il primo premio per la poesia alla rassegna dell’Editoria abruzzese.


Marco Tabellione  
nasce a Musellaro (Pe) e si laurea nel '91 in lettere moderne all'università "G. D'Annunzio" di Chieti, con una tesi sulle avanguardie poetiche degli anni Sessanta poi si  specializza alla LUISS di Roma in giornalismo.
 Poeta , scrittore, giornalista e docente di materie letterarie  vanta svariati premi nazionali per editi e inediti e collaborazioni con il quotidiano il Centro e riviste letterarie nazionali.



                                                 Opere e riconoscimenti
Nel  1990  a Perugia ottiene il primo riconoscimento  per la  poesia intitolato a Sandro Penna, nel 1998 vince  il premio “Giovani autori” curato dalla Fondazione Caripe di Pescara. 
Per le edizioni Tracce di Pescara  nel 1995 pubblica la raccolta di poesie Gli uni e gli altri bui e il saggio sul giornalismo televisivo L’immagine che uccide. Nel 1999  a “Palazzo Grosso”  viene premiato per  la raccolta di poesie InCanti,  mentre nel 2000 le edizioni Samizdat di Pescara  curano la raccolta di versi, L’alba e l’ala.    
 Nel 2001 esce il suo primo romanzo Il riso dell’angelo   ( Tracce)  , nel 2002 il saggio di letteratura La cura dell’attimo edito da Samizdat di Pescara e nel  2003  la raccolta di poesie intitolata:         
Tra cielo e mare (Tracce).  Nel 2009  pubblica  il suo secondo  romanzo L’isola delle crisalidi per le edizioni Runde Taarn, che nel 2010 vince  il premio Zenone riservato alla narrativa.                        
Lo stesso romanzo nel 2010 è risulta finalista al premio Lamerica e  vince il premio speciale della giuria al premio De Lollis.   Nel 2012 risulta  secondo al premio “Liliana Bragaglia” con il racconto inedito La bottega del libraio e nel 2013 vince  il premio di giornalismo sezione ambiente“Vivi l’Abruzzo”. 
Nel 2015 esce  il suo ultimo libro, il saggio Il canto silenzioso, viaggio nei segreti della poesia (Solfanelli) premiato nello stesso anno al premio di saggistica Città delle Rose di Roseto e finalista al premio Roccamorice.  Nel 2016 il racconto L’uomo che decise di morire sulla Maiella ottiene  il premio speciale della giuria  sulla Letteratura paesaggistica.                                     
Nel 2017 risulta  terzo al premio nazionale di poesia di Civitaquana e la raccolta inedita:                                 
Ogni voce si  classifica seconda al premio Pablo Neruda. 
                                                                                                              
Nel 2018 il volume di versi:  L’eternità dell’acqua (2017)  vince il primo premio per la poesia alla rassegna dell’editoria abruzzese.
Così il poeta scrittore si racconta:
Vorrei partire dalla mia ultima  raccolta poetica , “L’eternità dell’acqua” che giunge dopo 14 anni dall’ultimo che era stato Tra cielo e mare del 2003.
Sono anni in cui ho scritto molto e  non solo di poesia. Nel frattempo ho elaborato un nuovo percorso, o meglio una nuova meta al percorso poetico già tracciato dalle precedenti raccolte; ma anche dai miei studi universitari, in cui ho potuto collaborare con Alfredo Giuliani, tra i maggiori poeti italiani del dopoguerra, teorico dei novissimi (sui quali ho svolto la tesi) e docente a Chieti dove ho conosciuto, oltre a Francesco Iengo professore di estetica, anche un altro docente fondamentale per me, Gian Pietro Calasso, regista e scrittore, fratello di Roberto Calasso dell’Adelphi. Questi tre grandi sono i miei fari, oltre ai  massimi autori della letteratura mondiale di cui   cito solo alcuni: Baudelaire, Proust, Kafka, Ungaretti.
“L’eternità dell’acqua” è un libro sul fluire continuo della vita, un tema che mi ha sempre affascinato e in un certo senso oppresso. Cos’è il tempo? Come la vita si dipana nel tempo? E poi perché la vita? Perché ha assunto le forme che ha? Perché le ha assunte? E l’uomo? Cos’è l’individuo di fronte allo scorrere del tempo, di fronte all’universo? La metafora dell’acqua mi ha in un certo senso offerto un simbolo che potesse ergersi a risposta. L’acqua scorre. Dunque non sta, ma è nel moto; tuttavia dà vita a entità stabili, come un fiume, la pioggia, il mare, stabili nel senso che hanno una loro unità, una loro maniera in qualche modo afferrabile. Ma l’acqua - e qui mi sembra di trovare anche degli appigli etici e morali all'esistenza umana e alle mie domande metafisiche - l’acqua non è solo simbolo dello scorrere continuo, è simbolo anche dell’unità perfetta, dell’armonia. L’acqua è liquida, e ogni sua unità, ogni goccia è se stessa e nello stesso tempo la liquidità totale. L’acqua diventa così per me la metafora perfetta dell’armonia.
Queste inquietudini metafisiche, le domande, le risposte, le suggestioni sono ben espresse da alcune poesie della raccolta come “Seme d’anime”, “L’ago dell’universo”, “La musica eterna”.                     In esse e da esse sorge una scoperta sconvolgente, determinante, e cioè che noi non siamo solo noi stessi, noi siamo anche gli altri, o meglio in noi coesistono le tracce di tutti coloro che sono stati e di coloro che saranno, e in fondo le tracce dell’intero universo, per cui noi siamo noi, ma nello stesso tempo l’universo. Questa rivelazione nella raccolta ha risvolti morali importantissimi, perché costatare che gli altri non sono alterità rispetto a noi, e vedere noi stessi nell'altro, o meglio considerare gli altri come nuovi me, vuol dire anche dare vita a comportamenti etici e in linea con la necessità dell’armonia sociale, dal momento che si giunge alla consapevolezza che fare del male a qualcuno vuol dire farlo a noi stessi.
     Ecco allora la proposta della raccolta, vi è in essa l’invito a rendersi eterni riscoprendo se stessi negli altri e nel mondo, e accorgersi che sempre si è vissuti e sempre si vivrà. Nello scorrere eterno sta infatti la nostra possibilità di eternità, in questa scoperta della molteplicità della nostra identità (noi siamo altro e l’altro è un altro me) noi non solo assumiamo l’umiltà come atteggiamento nei confronti del mondo, ma giungiamo anche a riscattare i nostri limiti e a farci illimitati.                        L’istante, dunque, per noi non è caducità, non è l’effimero, è piuttosto l’eterno, come recita la lirica cruciale nella raccolta intitolata “L’istante perpetuo”. Nello scorrere frenetico è chiaro che ogni momento è destinato a perdersi, è istante effimero. Tuttavia se lo viviamo a fondo, se lo viviamo dentro, se vivendolo cogliamo l’universo e noi stessi nell'universo, quel momento diventa eterno, eterno perché lo abbiamo vissuto a fondo e questo resterà per l’eternità, niente potrà più cancellarlo.
Da questi appunti si può anche desumere l’idea che ho io della poesia, e in generale della letteratura e della cultura e dell’arte. Essi sono strumento della spiritualità, e la spiritualità è ciò che ci rende eterni, è il nostro riscatto dalla materia e dal fatto di essere innanzitutto materia. Tuttavia la materia attraverso noi è giunta a pensare e, ciò che è più sorprendente, è giunta a pensare se stessa. La poesia, soprattutto, è il frutto di questo pensare. Ed è forse l’arte che più di ogni altra si avvicina alla nostra coscienza, cioè alla nostra consapevolezza di non essere solo corpo e materia, e di non essere solo contingenti ed effimeri. Forse in questo la poesia è superiore alle altre arti. In effetti il nostro pensiero funziona linguisticamente, è attraverso il linguaggio che noi riusciamo a formulare le idee, tant'è che nella nostra mente le idee hanno una forma linguistica, e le idee sono l’espressione della nostra coscienza. Dunque il linguaggio ci aiuta a formulare idee, ad esprimerle, e, poiché le idee influenzano la consapevolezza che abbiamo del mondo e di noi stessi, ciò vuol dire che il nostro essere è influenzato dal linguaggio. Migliore è il linguaggio, più ricco è, più ricchi siamo noi, migliori nella nostra consapevolezza. Ora la poesia è l’espressione più pura del linguaggio, l’espressione per dir così più mentale, perché è epurata completamente da finalità come la comunicazione, la narrazione e via dicendo; la poesia è pura espressione, e dunque nella forma più pura ci aiuta ad essere migliori, ad avere più consapevolezza.

Tutto ciò per parlare della poesia, che è l’apice delle mie passioni e, dopo i miei figli,  è lo scopo primario  della mia vita.  Poi viene  il mio lavoro di insegnante, che per me non è altro che un prolungamento della poesia e della scrittura, o meglio poesia e scrittura e insegnamento fanno parte di una specie di compito  che per me coincide con il compito della vita e nel quale va inserito anche il mio amore per la natura e la montagna, per le escursioni estive e invernali, in cui vado a cercare Dio e me stesso tra i monti e i boschi infiniti del nostro Abruzzo. Per quanto riguarda la scuola, essa mi dà l’opportunità di cercare di permettere ai ragazzi con cui lavoro, di esprimere se stessi, di trovare se stessi e di farsi crescere, in un’idea di cultura come , educazione anche in un senso etimologico: e-duco, cioè conduco fuori. E’ questo in fondo il senso di tutto e di tutti, crescere, vivere al meglio quello che si è, lasciare un’impronta che solo noi possiamo lasciare; a noi è dato in affidamento per un periodo il testimone della vita che è appartenuto ad altri prima di noi e ad altri apparterrà dopo di noi, si tratta solo di essere degni di quel testimone, innanzitutto per la nostra felicità e poi per quella degli altri. In questo senso qui la vita diventa poesia e la poesia vita.”


Seme d’anime

Passano i fiumi le terre
Persino le stelle si muovono con i cieli
Le acque tornano ma non sono mai le stesse
Ogni istante muore nascendo
E i petali hanno la morbidezza dell’effimero
Eppure sento dentro un sempre
Un’eco continua e identica
Una musica senza tempo
Come una luna perenne e immobile
Un seme d’altre anime
Il sapore infinito del mio essere
Il silenzio che mi parla
Marco Tabellione


Recensione a cura di Elisabetta Mancinelli  email mancinellielisabetta@gmail. com

Le immagini sono di proprietà dall'autore, gentilmente concesse per la realizzazione dell'articolo.

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