IL CENACOLO
MICHETTIANO
Negli anni ottanta del 1800 un poeta, un pittore, un musicista e uno
scultore legati tra loro da una “comunione intima innegabile” vissero nell'antico convento francescano di Santa Maria del Gesù a Francavilla al mare,
un’esperienza che rimane unica nella storia dell’arte italiana moderna: quella
del cenacolo artistico, nel quale scambiarsi idee, esperienze, tecniche dei
loro “mestieri”.
La
scrittrice Paola Sorge, Delfico, nel volume “Sogno di una sera d’estate, ripercorre in modo affascinante e suggestivo
la storia di un sodalizio straordinario, che legò per circa un decennio quattro
grandi artisti abruzzesi: Gabriele D’Annunzio, Francesco Paolo Michetti,
Francesco Paolo Tosti, Costantino Barbella.
Essi diedero vita ad una sorta di “officina
dal sapore di nuovo” dalla quale uscirono “opere grandiose ma anche semplici e
timide ‘prove d’autore’ che avevano un tema comune quello della natura e della
gente d’Abruzzo “… i cui soggetti
passavano dai dipinti alle sculture, alle note, ai versi a formare un unico,
grandioso poema”.
Sull'origine culturale e artistica del sodalizio che spinse i quattro artisti a sperimentare
una “grande immensa Arte fatta di tutte le arti” si è molto dibattuto.
Nel
chiostro che Michetti acquistò nel 1883 i “quattro moschettieri”, furono accompagnati da importanti personaggi
della scena culturale del tempo assidui frequentatori del cenobio come, Edoardo
Scarfoglio, Matilde Serao, il pittore Alfonso Muzii, il poeta Carmelo Errico, i
musicisti Paolo De Cecco e Vittorio Pepe, l’etnologo Guido Baggiani.
I
quattro “grandi” del gruppo
francavillese che raggiunsero livelli
oggi difficilmente immaginabili, cercarono di attuare una compenetrazione di espressioni artistiche
diverse. Le pitture, le sculture, i versi e le note dei quattro artisti in
cerca del Bello e del Nuovo, restano a testimonianza di una simbiosi spirituale
senza precedenti.
I
LUOGHI: IL CONVENTO
Tra
il 1860 e il 1864 i Conventi furono
soppressi e diventarono demanio
del Comune.
Nel 1885 Michetti, che era domiciliato a Francavilla e
consigliere comunale, ebbe modo così di acquistare il Convento Francescano di
Santa Maria del Gesù poco lontano da Porta Ripa, con contratto del notaio
Giustino Cavallo del 2 giugno dello stesso anno. Dalla vendita era esclusa la
chiesa attigua al fabbricato con le due sacrestie e il campanile dalla forma
orientaleggiante; l’acquirente inoltre era obbligato ad impiantare ed avviare
entro un anno, nel locale del Convento, una fabbrica di ceramica o altro
stabilimento industriale, che potesse “arrecar vantaggio alla popolazione” del
comune. Egli pertanto costruì il forno per le ceramiche e sistemò l’ambiente
sovrastante il portico eliminando la preesistente suddivisione in stanze e in
seguito realizzò l’apertura delle prospettive ottiche sul mare e sulla campagna
attraverso caratteristici oblò, il cui motivo fu ripreso dall'architettura dello studio a mare, progettato dallo stesso Michetti.
calce e le lasciò libere dai quadri. Pure a
Michetti si deve l’inserimento di una bifora romanica in pietra riccamente decorata proveniente da Palazzo
Tinozzi a Francavilla.
Alla
morte del pittore, nel 1929, il “Conventino”, così venne definito, divenne proprietà della moglie Annunziata e
dei figli Giorgio, Alessandro e Aurelia, madre dell’attuale proprietario il
barone Ricci. Il 31 luglio 1938 il re Vittorio Emanuele III inaugurò il
monumento a Michetti dello scultore Nicola D’Antino, nel piazzale antistante il
portico e nel 1939 dichiarò il “Conventino” monumento nazionale.
Attualmente
in esso non vi sono i quadri del pittore, i quali si trovano tutti a Roma al
Museo di Arte Moderna e a Francavilla a mare al MUMI: Museo Michetti
costruito dagli architetti Ricci e Spaini proprio per ospitare le sue opere.
Il
MUMI, situato nell'ex convento di San
Domenico, il vecchio Palazzo comunale,
costruito nel XIII secolo, con ampi
rifacimenti nel XVIII secolo e nel secondo dopoguerra, è diviso in due nuclei
espositivi: il primo, collocato al primo piano dell’edificio, è destinato alle
mostre temporanee, mentre il secondo, parzialmente interrato, è stato ricavato
scavando sotto l’adiacente piazza ed ospita le due grandi tele di Michetti: “ Le Serpi e “Gli Storpi”.
Una delle maggiori tele di Michetti, “La Figlia di Iorio”, è invece
esposta presso il palazzo della Provincia di Pescara.
DOCUMENTI E PERSONAGGI DEL CENACOLO MICHETTIANO
Un
vivido documento che descrive luoghi e personaggi del cenacolo michettiano è la
lettera da Francavilla al mare del 27 luglio 1884 di Matilde Serao in cui la
scrittrice così descrive le sue giornate , la gioia d’aver scelto un tale
ambiente per poter lavorare e le conversazioni con gli artisti “Sono qui, innanzi al grande e triste mare
Adriatico, in una casa di contadini, tutta pittata a bianco, con pochissimi
mobili immersa nel verde di una dolcissima collina.
Qui è una pace profonda, un
grande silenzio che solo la voce del mare interrompe.
A trenta passi di qui, in una
bizzarra casa, tutta segreti e finestroni bislunghi e porte rotonde, fra
un’aquila, tre cani, cinque serpenti, Ciccillo Michetti dipinge e Costantino
Barbella fa le statue…vi sono Donna Maria e Gabriele D’Annunzio la poesia.
Verrà Ciccillo Tosti, in settembre, e la colonia artistica che lavora,
contempla il mare, s’immerge nella freschezza delle notti meridionali sarà
completa… Mi levo alle otto del mattino, faccio il bagno, in una spiaggia
diritta, larga, di una grandiosità che impone… un ritorno a casa, scrivo sino
alle undici….Poi la colazione e
un’ora di contemplazione della campagna e dopo la lettura e scrittura sino alle
sei; un po’ di conversazione con questi artisti e poi il pranzo. Dopo, una
lunga passeggiata sulla riva del mare, solitaria, nella notte, una poesia. Al
ritorno, lavoro sino a mezzanotte.
E tutto questo in una grande pace marina e campestre, che tre volte il giorno, due volte la notte il treno
attraversa. Non potevo scegliere meglio
l’ambiente, per poter lavorare… Come si lavora bene, qui. Arrivano tutti i libri,
tutti i giornali… io rimango qui sino a metà ottobre, tanto è bello il paese…Donna
Maria d’Annunzio risaluta cordialmente: quanto è carina e amabile, questa
giovanetta, che in campagna ha addirittura un’aria infantile…”
Anche
il Levi scriveva nel 1882 . “Già da tempo…nel 1880…convenne…un’eletta
schiera di artisti sommi, nel casone
strano di Michetti, in riva al mare, da Edoardo Scarfoglio, a Francesco
Paolo Tosti, da Gabriele D’Annunzio a Guido Baggiani, da Matilde Serao a Costantino
Barbella, ha vita il Cenacolo degli Artisti, denominazione rimasta allo studio
di Michetti”
Gabriele D’Annunzio assiduo frequentatore di Francavilla “...dal gentil profilo moresco, intarsiata sul
fondo azzurro del cielo”, fa assurgere
la cittadina a luogo di elezione del cenacolo di questi artisti uniti nel nome
della ricerca di un’ideale di bellezza. Qui il poeta giunse nel 1880 e così descriveva all'amico Nencioni quel momento. “Giunsi a casa ai
primi di luglio dal ‘Cicognini’ un po’ sciupato… trovai nel Michetti un amico amoroso che mi rialzò,
mi distrasse, mi comunicò un po’ della sua fede e del suo foco sacro”.
Da allora soprattutto nei periodi estivi prese
a riunirsi con i suoi amici al Convento che definiva il suo “Romitaggio”. Quando era ispirato veniva murato nella sua
stanza al secondo piano e quando finiva
di scrivere, gli amici suonavano le campane dell’annesso campanile. Qui tra
luglio e dicembre del 1888 fu scritto “Il Piacere”; tra aprile e luglio del
1891 fu composto “L’innocente”.
Al
suo interno la vita era una vera e propria vita in comune e D’Annunzio così la descriveva: “Si viveva così obliosamente. La sera, mentre il plenilunio ottobrale saliva
alla marina, i nostri cuori risuonavano nella tranquillità degli oliveti, sotto
l’incerto biancicare argentino dei rami… Di tratto in tratto Messere il Vento
veniva a strimpellare questo vecchio colascione che è il convento”. Il poeta
ricorda anche la presenza di Nunziata, moglie di Michetti che, non senza la collaborazione degli amici del
Cenacolo, si prodigava per preparare i
pasti”.
Il Vate qui veniva per i bagni con l’amico
Michetti ma anche per le ore liete con
Barbara Leoni e per perdersi nella malinconia e nella solitudine o per meditare
sulle sue opere. “Quanti sogni sull'arena ardente! Il mare tutto verde e
luccicante e ondeggiante come un drappo di seta antica, giungeva ai miei piedi;
le barche parevano immobili in lontananza; il vento portava il profumo dei limoni.”…Oh
i bei giorni di Francavilla, quando il culto dell’arte ci univa. Quella povera
casa solitaria, in mezzo all'immensità dei litorali, era il nostro tempio: per
le stanze un grande alito di salsedine spirava… Oh i bei
giorni di Francavilla! Che sciupio felice di giovinezza, di forze, di amori, di
sangue, di vino!”
Michetti, il padrone
di casa del cenobio (Tocco Casauria 1851- Francavilla 1929), studiò all'Accademia delle belle Arti di Napoli e nella stessa città presentò il suo primo dipinto
di grandi dimensioni nel 1877: La processione del Corpus Domini.
Un’altra
delle sue più importanti opere: Il Voto gli era stata ispirata dalla partecipazione ricca di fede e ardore religioso dei pellegrini alle
celebrazioni della festa di San Pantaleone nell'omonimo santuario di
Miglianico.
Nel 1883 si trasferì a Francavilla nel
Convento adattato ad abitazione alternava
però, negli anni della sua più intensa attività pittorica, lunghi soggiorni a Napoli.
Dipinse dal 1884 al 1896 più di
trenta tele di grande pregio, tra le quali “La
Figlia di Iorio” che, presentata a Venezia alla Biennale, fu
acquistata da un berlinese e divenne proprietà della Galleria Nazionale d’Arte
di Berlino.
Ma nel 1932 fortunatamente tornò in Italia
comprata, tramite l’interessamento di Giacomo Acerbo, dalla Provincia di
Pescara presso la cui sede, come abbiamo detto sopra, è oggi conservata.
Francesco
Paolo si legò in una profonda amicizia
con D’Annunzio tanto che, in una
lettera del 4 gennaio del 1884 così gli scriveva:
“Da molto tempo noi siamo fratelli: e tu non
mi hai dato mai, mai un dolore, non hai mai offesa neppure col più piccolo urto
la mia anima ammalata e traviata”… “Io credo che lo spirito umano possa
innalzarsi quasi divinamente su la bassezza comune, perché conosco te”.
Il Vate intraprese nel 1904 con l’amico
pittore i preparativi per l’allestimento teatrale della Figlia di Iorio
cercando per l’Abruzzo costumi e arredi autentici. La
tragedia, come il celebre quadro di Michetti, aveva tratto ispirazione
dalla scena alla quale i due amici avevano assistito a Tocco Casauria, forse
nel 1883 in
un giorno d’estate, quando all'improvviso era apparsa correndo sulla piazza una
giovane donna scarmigliata inseguita da un gruppo di contadini eccitati dal vino
e dal sole.
Michetti ebbe contatti con la pittura europea e con
l’arte giapponese ma si occupa continuamente della sua terra abruzzese,
ritraendone i costumi religiosi, i riti,
le processioni sia in pittura che in campagne fotografiche .Dalla fine del
secolo si dedicò prevalentemente alla fotografia e , nonostante i
riconoscimenti ufficiali, fu nominato tra l’altro senatore dal re Vittorio
Emanuele III, trascorse in completo ritiro l’ultimo periodo della sua vita e
morì nel 1929 nella sua casa di Francavilla.
Francesco
Paolo Tosti nacque
ad Ortona nel 1846, compositore noto soprattutto come il più celebre autore di
romanze da salotto, studiò anche lui a Napoli presso il Conservatorio dove si diplomò nel 1866.
Si trasferì poi a Roma dove, sfruttando la sua
voce tenorile, iniziò ad esibirsi come cantante. Grazie a questa attività
divenne una celebrità e iniziò a frequentare gli ambienti mondani della
capitale dove strinse amicizia con Gabriele D’Annunzio e Francesco Paolo
Michetti. Trionfa poi a Londra alla corte della regina Vittoria con le sue
romanze rivoluzionando il mondo musicale della fine del secolo. Pubblicate da
Ricordi “spopolano e la sua immensa popolarità paragonabile forse solo a
quella odierna del Beatles, aduna intorno alla sua figura un alone leggendario”…con le sue melodie, con la sua stessa
personalità gioiosa e estroversa, con i suoi trionfali successi, il musicista
contribuisce notevolmente a quella esaltazione che sconvolge e quasi travolge
il poeta quando entra in contatto con Michetti e gli artisti del cenacolo”. Le
romanze composte da Tosti insieme a
D’Annunzio nate nelle calde notti estive
a Francavilla, contengono versi
traboccanti d’amore e di languore tra
cui la famosa “A Vucchella”.
Così d’Annunzio rievoca la magia di quei
giorni: “ Paolo Tosti, quando era in vena, faceva musica per ore ed ore, senza
stancarsi, obliandosi d’innanzi al pianoforte, talvolta improvvisando, con una
foga e una felicità d’inspirazioni veramente singolare. Noi eravamo distesi o
sul divano o per terra, presi da quella specie di ebrietà spirituale che dà la
musica in un luogo raccolto e quieto. Ascoltavamo in silenzio, a lungo,
chiudendo gli occhi per seguire meglio un sogno… La musica ci aveva chiusi in
un circolo magico. Dopo due mesi di quella consuetudine, le nostre sensazioni
s’erano così affinate che ogni urto della vita esteriore ci affliggeva e ci
turbava.”
Grande amico di Michetti fu l’altro illustre componente del Cenacolo lo
scultore Costantino Barbella. Comincia sin da ragazzo a modellare pastorelli per il presepio e proprio il pittore lo incoraggia a seguire la via dell’arte e gli cambia la vitaOttiene dal Comune di Chieti il sussidio per studiare a Napoli con Stanislao Lista e a 25 anni diventa famoso con il gruppo “Canto d’Amore”. E da allora partecipa alle principali esposizioni d’arte italiane e europee con le sue figure: pastorelle, contadini, marinai, suonatori e spose abruzzesi, gruppi in bronzo e terracotta, giovani innamorati che si baciano, si stringono, cantano e sognano. Raffigura personaggi e momenti di vita del mondo contadino della sua terra; ogni sfumatura delle anime semplici ed ingenue, dei rudi montanari d’Abruzzo hanno trovato in lui un interprete.
Lo scultore e il pittore, compagni d’infanzia lavorano
uno a fianco all'altro; per loro è ormai un’abitudine mettere in comune i
soggetti, le tecniche e le esperienze artistiche. Barbella, si accosta alla pittura e, nella sua ricerca del colore, è attento al
gioco dei chiaroscuri e usa tonalità che rendono la materia più calda. L’artista porta sempre con sé un libricino che contiene
le ricette segrete per patinare i suoi bronzi: il verde antico, il color rame, il giapponese chiaro formule strane che sanno di magia. D’Annunzio ne è affascinato
e su un taccuino che porta sempre con sé annota tutti i colori di una marina o di un tramonto
sulle colline.
Dunque
gli artisti di Francavilla, infrangendo gli stretti canoni del verismo
partenopeo cui appartenevano, lavorarono in sintonia sotto la guida di Michetti
e influenzati, come il resto dell’Europa “dal sogno di una grande immensa Arte fatta di
tutte le arti”.
Un
percorso che raggiungerà i suoi frutti più alti proprio negli anni in cui la
compattezza del cenacolo comincia a sfaldarsi, probabilmente schiacciata dalla
crescente fama degli artisti. Infatti con: ‘La figlia di Iorio’, specchio dell’anima della terra d’Abruzzo
raccontata prima nel poema pittorico di Michetti e poi nella tragedia dannunziana terminata nel 1903, i due artisti raggiungono le massime vette
dell’arte. Anche Tosti, che vive a Londra una vita brillante alla corte della
regina Vittoria e scrive romanze malinconiche
riecheggianti i canti popolari della sua terra, ha sempre meno tempo per
gli amici di Francavilla, pure Barbella
lascia ormai poco spazio al sogno e partecipa con i suoi lavori in bronzo e in
terracotta a quasi tutte le esposizioni sia in Italia che all'estero.
Si concluse così, alla fine degli anni ottanta, un sodalizio straordinario fenomeno assai
raro, se non unico nella storia dell’arte che, sulle ali di un sogno
wagneriano, cercò di realizzare una
compenetrazione di espressioni artistiche e creare una simbiosi spirituale
senza precedenti che portò Francavilla
al centro non solo della cultura
italiana ma anche europea.
Saggio storiografico di Elisabetta Mancinelli
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