mercoledì 20 febbraio 2019

IL CENACOLO MICHETTIANO


                         IL CENACOLO MICHETTIANO



Negli anni ottanta del 1800 un poeta, un pittore, un musicista e uno scultore legati tra loro da una “comunione intima innegabile” vissero nell'antico convento francescano di Santa Maria del Gesù a Francavilla al mare, un’esperienza che rimane unica nella storia dell’arte italiana moderna: quella del cenacolo artistico, nel quale scambiarsi idee, esperienze, tecniche dei loro “mestieri”.
La scrittrice Paola Sorge, Delfico, nel volume “Sogno di una sera d’estate, ripercorre in modo affascinante e suggestivo la storia di un sodalizio straordinario, che legò per circa un decennio quattro grandi artisti abruzzesi: Gabriele D’Annunzio, Francesco Paolo Michetti, Francesco Paolo Tosti, Costantino Barbella.
Essi diedero vita ad una sorta di “officina dal sapore di nuovo” dalla quale uscirono “opere grandiose ma anche semplici e timide ‘prove d’autore’ che avevano un tema comune quello della natura e della gente d’Abruzzo “… i cui soggetti passavano dai dipinti alle sculture, alle note, ai versi a formare un unico, grandioso poema”.
Sull'origine culturale e artistica del sodalizio che spinse i quattro artisti a sperimentare una “grande immensa Arte fatta di tutte le arti” si è molto dibattuto.
La Sorge ritiene che molto probabilmente gli artisti abruzzesi furono contagiati dalle nuove teorie discendenti dal  “sogno wagneriano” che mirava ad abbattere le barriere tra le arti, per lanciare una nuova sfida: quella di arricchire di nuove suggestioni la descrizione artistica della terra e della gente d’Abruzzo sotto la guida geniale del Maestro che più di ogni altri intercettò le tecniche del futuro: Francesco Paolo Michetti  “innamorato dell’avvenire dell’arte”.
Nel chiostro che Michetti acquistò nel 1883 i “quattro moschettieri”, furono accompagnati da importanti personaggi della scena culturale del tempo assidui frequentatori del cenobio come, Edoardo Scarfoglio, Matilde Serao, il pittore Alfonso Muzii, il poeta Carmelo Errico, i musicisti Paolo De Cecco e Vittorio Pepe, l’etnologo Guido Baggiani.
I quattro  “grandi” del gruppo francavillese che  raggiunsero livelli oggi difficilmente immaginabili, cercarono di attuare una compenetrazione di espressioni artistiche diverse. Le pitture, le sculture, i versi e le note dei quattro artisti in cerca del Bello e del Nuovo, restano a testimonianza di una simbiosi spirituale senza precedenti.


  I  LUOGHI: IL CONVENTO

Tra il 1860 e il 1864 i Conventi furono  soppressi e  diventarono demanio del Comune.
Nel 1885 Michetti, che era domiciliato a Francavilla e consigliere comunale, ebbe modo così di acquistare il Convento Francescano di Santa Maria del Gesù poco lontano da Porta Ripa, con contratto del notaio Giustino Cavallo del 2 giugno dello stesso anno. Dalla vendita era esclusa la chiesa attigua al fabbricato con le due sacrestie e il campanile dalla forma orientaleggiante; l’acquirente inoltre era obbligato ad impiantare ed avviare entro un anno, nel locale del Convento, una fabbrica di ceramica o altro stabilimento industriale, che potesse “arrecar vantaggio alla popolazione” del comune. Egli pertanto costruì il forno per le ceramiche e sistemò l’ambiente sovrastante il portico eliminando la preesistente suddivisione in stanze e in seguito realizzò l’apertura delle prospettive ottiche sul mare e sulla campagna attraverso caratteristici oblò, il cui motivo fu ripreso dall'architettura dello studio a mare, progettato dallo stesso Michetti.
calce  e le lasciò libere dai quadri. Pure a Michetti si deve l’inserimento di una bifora romanica in pietra  riccamente decorata proveniente da Palazzo Tinozzi a Francavilla.
Alla morte del pittore, nel 1929, il “Conventino”, così venne definito, divenne proprietà della moglie Annunziata e dei figli Giorgio, Alessandro e Aurelia, madre dell’attuale proprietario il barone Ricci. Il 31 luglio 1938 il re Vittorio Emanuele III inaugurò il monumento a Michetti dello scultore Nicola D’Antino, nel piazzale antistante il portico e nel 1939 dichiarò il “Conventino” monumento nazionale.
Attualmente in esso non vi sono i quadri del pittore, i quali si trovano tutti a Roma al Museo di  Arte  Moderna  e  a  Francavilla a mare al MUMI: Museo Michetti costruito dagli architetti Ricci e Spaini proprio per ospitare le sue opere.
Il  MUMI, situato nell'ex convento di San Domenico, il vecchio Palazzo comunale, costruito nel XIII  secolo, con ampi rifacimenti nel XVIII secolo e nel secondo dopoguerra, è diviso in due nuclei espositivi: il primo, collocato al primo piano dell’edificio, è destinato alle mostre temporanee, mentre il secondo, parzialmente interrato, è stato ricavato scavando sotto l’adiacente piazza ed ospita le due grandi tele di  Michetti: “ Le Serpi e “Gli Storpi”.
Una delle maggiori tele di Michetti, “La Figlia di Iorio”, è invece esposta presso il palazzo della Provincia di Pescara.

DOCUMENTI   E PERSONAGGI DEL CENACOLO MICHETTIANO

Un vivido documento che descrive luoghi e personaggi del cenacolo michettiano è la lettera da Francavilla al mare del 27 luglio 1884 di Matilde Serao in cui la scrittrice così descrive le sue giornate , la gioia d’aver scelto un tale ambiente per poter lavorare e le conversazioni con gli artisti “Sono qui, innanzi al grande e triste mare Adriatico, in una casa di contadini, tutta pittata a bianco, con pochissimi mobili immersa nel verde di una dolcissima collina.
Qui è una pace profonda, un grande silenzio che solo la voce del mare interrompe.
A trenta passi di qui, in una bizzarra casa, tutta segreti e finestroni bislunghi e porte rotonde, fra un’aquila, tre cani, cinque serpenti, Ciccillo Michetti dipinge e Costantino Barbella fa le statue…vi sono Donna Maria e Gabriele D’Annunzio la poesia. Verrà Ciccillo Tosti, in settembre, e la colonia artistica che lavora, contempla il mare, s’immerge nella freschezza delle notti meridionali sarà completa… Mi levo alle otto del mattino, faccio il bagno, in una spiaggia diritta, larga, di una grandiosità che impone… un ritorno a casa, scrivo sino alle undici….Poi la colazione e un’ora di contemplazione della campagna e dopo la lettura e scrittura sino alle sei; un po’ di conversazione con questi artisti e poi il pranzo. Dopo, una lunga passeggiata sulla riva del mare, solitaria, nella notte, una poesia. Al ritorno, lavoro sino  a  mezzanotte. E  tutto  questo  in una grande pace marina  e campestre, che  tre volte il giorno, due volte la notte il treno attraversa.  Non potevo scegliere meglio l’ambiente, per poter lavorare… Come si lavora bene, qui.  Arrivano  tutti      i  libri, tutti  i giornali… io  rimango qui sino a metà ottobre, tanto   è bello il paese…Donna Maria d’Annunzio risaluta cordialmente: quanto è carina e amabile, questa giovanetta, che in campagna ha addirittura un’aria infantile…”
Anche il Levi scriveva nel 1882 . “Già da tempo…nel 1880…convenne…un’eletta schiera di artisti sommi, nel casone  strano di Michetti, in riva al mare, da Edoardo Scarfoglio, a Francesco Paolo Tosti, da Gabriele D’Annunzio a Guido Baggiani, da Matilde Serao a Costantino Barbella, ha vita il Cenacolo degli Artisti, denominazione rimasta allo studio di Michetti”
Gabriele D’Annunzio assiduo frequentatore di Francavilla “...dal gentil profilo moresco, intarsiata sul  fondo azzurro del cielo”, fa assurgere la cittadina  a luogo di elezione del cenacolo di questi artisti uniti nel nome della ricerca di un’ideale di bellezza. Qui il poeta giunse nel 1880 e così descriveva all'amico Nencioni quel momento. “Giunsi  a  casa  ai primi di luglio dal ‘Cicognini’ un po’ sciupato… trovai nel Michetti un amico amoroso che mi rialzò, mi distrasse, mi comunicò un po’ della sua fede e del suo foco  sacro”.
Da allora soprattutto nei periodi estivi prese a riunirsi con i suoi amici al Convento che definiva il suo “Romitaggio”.  Quando era ispirato veniva murato nella sua stanza al secondo piano e quando finiva di scrivere, gli amici suonavano le campane dell’annesso campanile. Qui tra luglio e dicembre del 1888 fu scritto “Il Piacere”; tra aprile e luglio del 1891 fu composto “L’innocente”.
Al suo interno la vita era una vera e propria vita in comune e D’Annunzio così la descriveva: “Si viveva così  obliosamente. La sera, mentre il plenilunio ottobrale saliva alla marina, i nostri cuori risuonavano nella tranquillità degli oliveti, sotto l’incerto biancicare argentino dei rami… Di tratto in tratto Messere il Vento veniva a strimpellare questo vecchio colascione che è il convento”. Il poeta ricorda anche la presenza di Nunziata, moglie di Michetti che,  non senza la collaborazione degli amici del Cenacolo, si prodigava  per preparare i pasti”.
Il Vate qui veniva per i bagni con l’amico Michetti ma anche per le ore liete con Barbara Leoni e per perdersi nella malinconia e nella solitudine o per meditare sulle sue opere. “Quanti sogni sull'arena ardente! Il mare tutto verde e luccicante e ondeggiante come un drappo di seta antica, giungeva ai miei piedi; le barche parevano immobili in lontananza; il vento portava il profumo dei limoni.”…Oh i bei giorni di Francavilla, quando il culto dell’arte ci univa. Quella povera casa solitaria, in mezzo all'immensità dei litorali, era il nostro tempio: per le stanze un grande alito di salsedine spirava… Oh i bei giorni di Francavilla! Che sciupio felice di giovinezza, di forze, di amori, di sangue, di vino!”
Michetti, il padrone di casa del cenobio (Tocco Casauria  1851- Francavilla 1929), studiò all'Accademia delle belle Arti di Napoli e nella stessa città presentò il suo primo dipinto di grandi dimensioni nel 1877: La processione del Corpus Domini.
Un’altra delle sue più importanti opere: Il Voto gli era stata ispirata dalla partecipazione ricca di fede e ardore religioso dei pellegrini alle celebrazioni della festa di San Pantaleone nell'omonimo santuario di Miglianico.
Nel 1883 si trasferì a Francavilla nel Convento adattato ad abitazione alternava però, negli anni della sua più intensa attività pittorica, lunghi soggiorni a Napoli.
Dipinse dal 1884 al 1896 più di trenta tele di grande pregio, tra le quali La Figlia di Iorio” che, presentata a Venezia alla Biennale, fu acquistata da un berlinese e divenne proprietà della Galleria Nazionale d’Arte di Berlino.

Ma nel 1932 fortunatamente tornò in Italia comprata, tramite l’interessamento di Giacomo Acerbo, dalla Provincia di Pescara presso la cui sede, come abbiamo detto sopra, è oggi conservata.
Francesco Paolo  si legò in una profonda amicizia con D’Annunzio tanto che, in una lettera del 4 gennaio del 1884 così gli scriveva:
“Da molto tempo noi siamo fratelli: e tu non mi hai dato mai, mai un dolore, non hai mai offesa neppure col più piccolo urto la mia anima ammalata e traviata”… “Io credo che lo spirito umano possa innalzarsi quasi divinamente su la bassezza comune, perché conosco te”.
Il Vate intraprese nel 1904 con l’amico pittore i preparativi per l’allestimento teatrale della Figlia di Iorio cercando per l’Abruzzo costumi e arredi autentici.  La  tragedia, come il  celebre quadro di Michetti, aveva tratto ispirazione dalla scena alla quale i due amici avevano assistito a Tocco Casauria, forse nel 1883 in un giorno d’estate, quando all'improvviso era apparsa correndo sulla piazza una giovane donna scarmigliata inseguita da un gruppo di contadini eccitati dal vino e dal sole.
Michetti  ebbe contatti con la pittura europea e con l’arte giapponese ma si occupa continuamente della sua terra abruzzese, ritraendone i costumi  religiosi, i riti, le processioni sia in pittura che in campagne fotografiche .Dalla fine del secolo si dedicò prevalentemente alla fotografia e , nonostante i riconoscimenti ufficiali, fu nominato tra l’altro senatore dal re Vittorio Emanuele III, trascorse in completo ritiro l’ultimo periodo della sua vita e morì nel 1929 nella sua casa di Francavilla.

Francesco Paolo Tosti  nacque ad Ortona nel 1846, compositore noto soprattutto come il più celebre autore di romanze da salotto, studiò anche lui a Napoli presso il  Conservatorio dove si diplomò nel 1866.

Si trasferì poi a Roma dove, sfruttando la sua voce tenorile, iniziò ad esibirsi come cantante. Grazie a questa attività divenne una celebrità e iniziò a frequentare gli ambienti mondani della capitale dove strinse amicizia con Gabriele D’Annunzio e Francesco Paolo Michetti. Trionfa poi a Londra alla corte della regina Vittoria con le sue romanze rivoluzionando il mondo musicale della fine del secolo. Pubblicate da Ricordi “spopolano e la sua immensa popolarità paragonabile forse solo a quella odierna del Beatles, aduna intorno alla sua figura un alone leggendario”…con le sue melodie, con la sua stessa personalità gioiosa e estroversa, con i suoi trionfali successi, il musicista contribuisce notevolmente a quella esaltazione che sconvolge e quasi travolge il poeta quando entra in contatto con Michetti e gli artisti del cenacolo”. Le romanze composte da  Tosti insieme a D’Annunzio nate  nelle calde notti estive a Francavilla,  contengono  versi traboccanti d’amore e di languore  tra cui la famosa “A Vucchella”.
Così d’Annunzio rievoca la magia di quei giorni: “ Paolo Tosti, quando era in vena, faceva musica per ore ed ore, senza stancarsi, obliandosi d’innanzi al pianoforte, talvolta improvvisando, con una foga e una felicità d’inspirazioni veramente singolare. Noi eravamo distesi o sul divano o per terra, presi da quella specie di ebrietà spirituale che dà la musica in un luogo raccolto e quieto. Ascoltavamo in silenzio, a lungo, chiudendo gli occhi per seguire meglio un sogno… La musica ci aveva chiusi in un circolo magico. Dopo due mesi di quella consuetudine, le nostre sensazioni s’erano così affinate che ogni urto della vita esteriore ci affliggeva e ci turbava.”
Grande amico di Michetti  fu  l’altro illustre componente del Cenacolo lo scultore  Costantino Barbella. Comincia sin da ragazzo a modellare pastorelli per il presepio  e proprio il pittore lo incoraggia a seguire la via dell’arte e gli cambia la vitaOttiene dal Comune di Chieti il sussidio per studiare a Napoli con Stanislao Lista e  a 25 anni diventa famoso con il gruppo “Canto d’Amore”. E da allora partecipa alle principali esposizioni d’arte italiane e europee con le sue figure: pastorelle, contadini, marinai, suonatori e spose abruzzesi, gruppi in bronzo e terracotta, giovani innamorati che si baciano, si stringono, cantano e sognano. Raffigura personaggi e momenti di vita del mondo contadino della sua terra; ogni sfumatura delle anime semplici ed ingenue, dei rudi montanari d’Abruzzo hanno trovato in lui un interprete.
Lo scultore e il pittore, compagni d’infanzia lavorano uno a fianco all'altro; per loro è ormai un’abitudine mettere in comune i soggetti, le tecniche e le esperienze artistiche. Barbella, si accosta alla pittura  e, nella sua ricerca del colore, è attento al gioco dei chiaroscuri e usa tonalità che rendono la materia più calda. L’artista porta sempre con sé un libricino che contiene le ricette segrete per patinare i suoi bronzi:  il verde antico, il color rame, il giapponese chiaro formule strane che sanno di magia. D’Annunzio ne  è affascinato  e  su  un taccuino che porta sempre con sé  annota tutti i colori di una marina o di un tramonto sulle colline.
Dunque gli artisti di Francavilla, infrangendo gli stretti canoni del verismo partenopeo cui appartenevano, lavorarono in sintonia sotto la guida di Michetti e influenzati, come il resto dell’Europa “dal  sogno di una grande immensa Arte fatta di tutte le arti”.
Un percorso che raggiungerà i suoi frutti più alti proprio negli anni in cui la compattezza del cenacolo comincia a sfaldarsi, probabilmente schiacciata dalla crescente fama degli artisti. Infatti con: ‘La figlia di Iorio’, specchio dell’anima della terra d’Abruzzo raccontata prima nel poema pittorico di Michetti  e poi nella tragedia  dannunziana  terminata nel 1903, i due  artisti raggiungono le massime vette dell’arte. Anche Tosti, che vive a Londra una vita brillante alla corte della regina Vittoria e scrive romanze malinconiche  riecheggianti i canti popolari della sua terra, ha sempre meno tempo per gli amici di Francavilla, pure Barbella lascia ormai poco spazio al sogno  e  partecipa con i suoi lavori in bronzo e in terracotta a quasi tutte le esposizioni sia in Italia che all'estero.
Si concluse così, alla fine degli anni ottanta,  un sodalizio straordinario fenomeno assai raro, se non unico nella storia dell’arte che, sulle ali di un sogno wagneriano,  cercò di realizzare una compenetrazione di espressioni artistiche e creare una simbiosi spirituale senza precedenti  che portò Francavilla al centro non solo  della cultura italiana ma anche europea.
  
Saggio storiografico di  Elisabetta Mancinelli                                                                              








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