sabato 9 febbraio 2019

L’OSCURO DRAMMA DI FLAIANO


                     L’OSCURO   DRAMMA   DI   FLAIANO

Ennio Flaiano, pescarese dal genio multiforme, è conosciuto come  giornalista, critico teatrale, brillante umorista e sceneggiatore prolifico dei film dei più grandi registi dell’epoca da Fellini a Monicelli, da Antonioni a Rossellini.

Il suo “mondo”, tuttavia, non è solo quello pubblico dello “scrittore satirico dell’Italia del benessere” (come si definì lui stesso) dai noti aforismi e dalle battute al veleno ma anche quello privato che correva doloroso e parallelo con la vita pubblica.
Una vena di profonda malinconia e un senso di inappagamento e di inquietudine caratterizzano la sua scrittura, la sua letteratura così nitida, limpida e formalmente perfetta, presenta aspetti di amara satira a volte corrosiva ma anche di giocosità comica.                                       
Malinconia e vitalità scorrono nello stesso alveo.
Il dramma di una figlia cerebrolesa è il riferimento della sua vita che può spiegare molto della sua fuga verso un altrove diverso fatto di brillanti giochi verbali: giocosi aforismi e ossimori i più impensati.



 L’oscuro dramma  di Flaiano:

 La sua croce  segreta ,  quel  male   incurabile  della figlia

Flaiano ha avuto un grande croce nella sua esistenza, la figlia Luisa che era l’amore e il dispiacere del padre per una forma di ritardo mentale che ne faceva una “diversa”.
Teneva un diario del “dolore”, un diario privato fatto di lucide e disperate annotazioni sul male incurabile della sua Lelè e di alcune lettere indirizzate alla moglie Rosetta e alla figlia stessa. Questi scritti, selezionati da Diana Ruesch  e tratti da interviste e giornali dell’epoca, fanno parte di un piccolo libro “Cristo torna sulla terra” pubblicato, a Lugano città dove si conservano le carte di Flaiano. Nata nel novembre del 1942, Luisa (Lèlè) Flaiano a otto mesi fu colpita da una grave forma di encefalopatia. Di conseguenza non parlò mai e a stento riuscì a camminare.  
Un dramma per la madre e il padre, un' esperienza che li segnò profondamente.  Una delle lettere, del 25 luglio 1943, scritta poco prima della terribile malattia, è una perla di Flaiano in quanto esprime il suo amore purissimo per la sua Luisa. «Cara Lèlè, le dice, questa è la prima lettera che ti scriviamo per dirti che oggi il tiranno d' Italia è stato mandato a spasso. Si chiamava Mussolini.
Un giorno tu ti sorprenderai quando ti racconteranno quello che si è sofferto in ventun anni di miseria morale...». 
Sul foglio lo scrittore aveva incollato una riproduzione del Piffero di Manet: «Il Piffero di Manet suona per te e per noi la dolce canzoncina della libertà.
Suonala in eterno Piffero...».     
In un’altra lettera del 1951 inviata alla moglie che, per meglio far curare la figlia, si era trasferita con lei a Ginevra, Flaiano scriveva:    «Prima di tutto, lascia che ti ringrazi per i tre giorni passati insieme a te. È stata per me una bella rivelazione, di conoscerti meglio, e sono davvero molto felice che tu sia mia moglie e che ancora mi vuoi bene...». Del volume fa parte anche  un racconto breve di Ennio che  esprime l’odissea del dolore paterno, la croce da portare per tutta la vita, in silenzio, tenendo a bada la disperazione. Un’altra splendida pagina sullo struggente amore che nutrì per questa sfortunata figlia si trova ne “La Valigia delle Indie” dove scrisse: « Sei stato condannato alla pena di vivere. La domanda di grazia, respinta…Coraggio, il meglio è passato».
Con il passare degli anni la sua tristezza si fa sempre più evidente  ciò emerge da riflessioni rivestite da una forma apparentemente ironica ma in realtà lacerata.  “Mettendomi a letto ogni sera , si legge in un passo di Autobiografia del blu di Prussia: compio un atto incalcolabile: sarò nella lista il giorno dopo? E il pensiero di non svegliarmi mi spinge a vivere ogni giorno daccapo, con tutte le futili noie che derivano da una simile predisposizione d’animo. Io muoio alla giornata.
 La stanchezza e la vanità degli accadimenti diventano per lo scrittore le uniche costanti della vita. Anche il  desiderio di viaggiare,  di esplorare il mondo si è appannato . “ Viaggiare?  scrive ,comincio a sentirne il fastidio: non cambierei d’umore cambiando luogo”. Ma la sua personalità poliedrica , versatile, vitale gli  consente di conservare una percezione divertita del mondo nei celebri aforismi  dedicati alla politica, alla presa in giro, allo sberleffo.
“A un secolo dalla nascita Flaiano viene considerato uno scrittore complesso, anomalo, di notevole spessore,dallo stile chiaro, colorito, forbito con risonanze poetiche . Svincolato da ogni ideologia di parte , ha osservato la realtà senza paraocchi e denunciato le illusioni di massa e l’impoverimento degli spiriti della società dei consumi” (F. Castelli)

Tutta la sua vita fu dunque  condizionata da questo dramma personale a cominciare dalle  sue aspirazioni , infatti dichiarò in più occasioni che il cinema lo aveva distolto dal lavoro letterario, risucchiandolo in una attività superficiale e poco gratificante , perché allo sceneggiatore andavano pochi riconoscimenti e il vero autore del film diventava  solo il regista. Nutrì per il mondo del cinema un rapporto di amore-odio: ne  coglieva la precarietà, ne rifiutava l’aspetto commerciale, pur riconoscendo il suo grande potere di rappresentare in modo immediato i cambiamenti della società. In un’intervista, poco prima di morire, rivalutò però la sua esperienza nel cinema, nel quale vedeva una forma di comunicazione più immediata del libro, negli ultimi anni di vita abbandonò quasi completamente il lavoro di sceneggiatore, ritornando freneticamente allo scrivere, a riordinare e a raccogliere ciò che aveva pubblicato su vari giornali. All'interno dell’opera multiforme di Flaiano fu il giornalismo che gli consentì di far fronte economicamente alla sua difficile situazione familiare in quanto fonte di guadagno costante che gli permetteva di sostenere meglio le spese legate alla cura della sua Lelè.


Per questa personale tragedia Flaiano, costretto ad una costante lontananza da sua moglie Rosetta che si era stabilita in Svizzera, non essendo riuscita a trovare in Italia un istituto adatto che potesse prendersi cura della figlia, fu   condannato ad una grande solitudine affettiva. Anche il sodalizio artistico con Fellini, che fu spesso difficile, secondo alcuni biografi, venne interrotto  definitivamente da Ennio nel 1965 quando colse un’ infelice battuta del regista sulla figlia malata che amava di una passione struggente proprio perché con lei la natura era stata matrigna e dal colpo non si riebbe mai.

                                              GLI  AFORISMI


Nel “Diario degli errori”, appunti che vanno dal 1950 al 1972 pubblicati postumi nel 1976, dipinge l’Italia dell’epoca con ironia e con una leggerezza che conservò tutta la vita  nonostante il suo dramma familiare. Il tema predominante di questi scritti è apparentemente il viaggio. Ma in realtà dice: è meglio non viaggiare perché la noia e la malinconia ci perseguitano dovunque andiamo. Flaiano rivela in quest’opera l’essenza della sua personalità: polemico, a tratti cinico, sempre disincantato, individualista anticonformista, con un orientamento politico antifascista ed anticomunista allo stesso tempo, in quanto non si riconosce nelle ideologie dominanti. 

Le sue annotazioni mettono alla gogna i malcostumi diffusi dell’epoca. I falsi miti, le false coscienze e l’idealismo filosofico assurdo di quel periodo.
“Gli intellettuali dovrebbero avere la funzione di far divenire più semplici le questioni complesse, senza renderle semplicistiche, invece accadeva il contrario: anche le cose più semplici diventano complesse. I politici non parlano chiaro, gli intellettuali spesso scrivono libri illeggibili, incomprensibili per chi non ha un solido bagaglio umanistico, le leggi possono essere decifrate solo dagli avvocati. Insomma conclude: “Non esiste la verità perché la linea più breve tra due punti è l’arabesco e gli italiani sono costretti a vivere in una rete di arabeschi”.
Fu il primo ad intuire la crisi della persona umana per colpa del consumismo col suo venir meno di valori morali e punti di riferimento e dell’eccesso di una comunicazione mass-mediale volgare e superficiale. «La civiltà del benessere porta con sé proprio l’infelicità».

Ennio Flaiano è forse uno degli scrittori più citati per le sue battute, le sue frasi celebri e i suoi aforismi. Fra quelli indimenticabili:

- Fra trent’ anni l’Italia non sarà  come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la TV.
- Il libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni
- Essere  pessimisti circa le cose del mondo e la vita in generale è un  pleonasmo ossia anticipare quello che accadrà.        
- Quando l’uomo non ha più freddo, fame e paura è scontento.
- Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire.
- I giorni indimenticabili della vita sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
- I grandi amori si annunciano in modo preciso, appena la vedi dici: chi è questa stronza?
- Oggi ho lasciato la mia famiglia perché ero stanco di sentirmi solo.

I documenti e le immagini sono tratti da, “Invito alla lettura di Flaiano di Lucilla Sergiacomo, “Ennio Flaiano, l'uomo e l'opera” dagli Atti del convegno, Pescara, 1983, da “Le lettere a Giuseppe Rosato” di G. Rosato e  da “Cristo è tornato sulla terra” raccolta a cura di Diana Ruesch, e da “La civiltà Cattolica di  Ferdinando Castelli”.

Ricostruzione storiografica a cura di Elisabetta Mancinelli  
email: mancinellielisabetta@gmail.com




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