L’OSCURO DRAMMA
DI FLAIANO
Ennio
Flaiano, pescarese dal genio multiforme, è conosciuto come giornalista, critico teatrale, brillante
umorista e sceneggiatore prolifico dei film dei più grandi registi dell’epoca
da Fellini a Monicelli, da Antonioni a Rossellini.
Il suo “mondo”, tuttavia, non è solo quello
pubblico dello “scrittore satirico dell’Italia del benessere” (come si definì
lui stesso) dai noti aforismi e dalle
battute al veleno ma anche quello privato che correva doloroso e parallelo con
la vita pubblica.
Una vena
di profonda malinconia e un senso di inappagamento e di inquietudine
caratterizzano la sua scrittura, la sua letteratura così nitida, limpida e formalmente perfetta, presenta
aspetti di amara satira a volte corrosiva ma anche di giocosità comica.
Malinconia
e vitalità scorrono nello stesso alveo.
Il dramma
di una figlia cerebrolesa è il riferimento della sua vita che può spiegare
molto della sua fuga verso un altrove diverso fatto di brillanti giochi verbali:
giocosi aforismi e ossimori i più impensati.
L’oscuro
dramma di Flaiano:
Flaiano ha
avuto un grande croce nella sua esistenza, la figlia Luisa che era l’amore e
il dispiacere del padre per una forma di ritardo mentale che ne faceva una
“diversa”.
Teneva un
diario del “dolore”, un diario privato fatto di lucide e disperate annotazioni
sul male incurabile della sua Lelè e di alcune lettere indirizzate alla moglie
Rosetta e alla figlia stessa. Questi scritti,
selezionati da Diana Ruesch e tratti da
interviste e giornali dell’epoca, fanno parte di un piccolo libro “Cristo torna
sulla terra” pubblicato, a Lugano città dove si conservano le carte di Flaiano.
Nata nel novembre del 1942, Luisa (Lèlè)
Flaiano a otto mesi fu colpita da una grave forma di encefalopatia. Di
conseguenza non parlò mai e a stento riuscì a camminare.
Un dramma per la madre e il padre, un' esperienza che li segnò profondamente. Una
delle lettere, del 25 luglio 1943, scritta poco prima della terribile malattia, è una perla di Flaiano in
quanto esprime il suo amore purissimo per la sua Luisa. «Cara Lèlè, le dice, questa è la prima
lettera che ti scriviamo per dirti che oggi il tiranno d' Italia è stato
mandato a spasso. Si chiamava Mussolini.
Un giorno tu ti sorprenderai quando ti
racconteranno quello che si è sofferto in ventun anni di miseria morale...».
Sul foglio lo scrittore aveva incollato una
riproduzione del Piffero di Manet: «Il
Piffero di Manet suona per te e per noi la dolce canzoncina della libertà.
Suonala
in eterno Piffero...».
In
un’altra lettera del 1951 inviata alla moglie che, per meglio far curare la
figlia, si era trasferita con lei a
Ginevra, Flaiano scriveva: «Prima di tutto, lascia che ti ringrazi per i
tre giorni passati insieme a te. È stata
per me una bella rivelazione, di conoscerti meglio, e sono davvero molto felice
che tu sia mia moglie e che ancora mi vuoi bene...». Del
volume fa parte anche un racconto breve di Ennio che esprime l’odissea del dolore paterno, la
croce da portare per tutta la vita, in silenzio, tenendo a bada la
disperazione. Un’altra splendida pagina sullo
struggente amore che nutrì per questa sfortunata figlia si trova ne “La Valigia delle Indie” dove scrisse: « Sei
stato condannato alla pena di vivere. La domanda di grazia, respinta…Coraggio,
il meglio è passato».
Con
il passare degli anni la sua tristezza si fa sempre più evidente ciò emerge da riflessioni rivestite da una
forma apparentemente ironica ma in realtà lacerata. “Mettendomi a letto ogni sera , si legge in
un passo di Autobiografia del blu di Prussia: compio un atto incalcolabile:
sarò nella lista il giorno dopo? E il pensiero di non svegliarmi mi spinge a
vivere ogni giorno daccapo, con tutte le futili noie che derivano da una simile
predisposizione d’animo. Io muoio alla giornata.
La stanchezza e la vanità degli accadimenti
diventano per lo scrittore le uniche costanti della vita. Anche il desiderio di viaggiare, di esplorare il mondo si è appannato . “
Viaggiare? scrive ,comincio a sentirne
il fastidio: non cambierei d’umore cambiando luogo”. Ma la sua personalità
poliedrica , versatile, vitale gli
consente di conservare una percezione divertita del mondo nei celebri
aforismi dedicati alla politica, alla
presa in giro, allo sberleffo.
“A
un secolo dalla nascita Flaiano viene considerato uno scrittore complesso,
anomalo, di notevole spessore,dallo stile chiaro, colorito, forbito con
risonanze poetiche . Svincolato da ogni ideologia di parte , ha osservato la
realtà senza paraocchi e denunciato le illusioni di massa e l’impoverimento
degli spiriti della società dei consumi” (F. Castelli)
Tutta
la sua vita fu dunque condizionata da
questo dramma personale a cominciare dalle
sue aspirazioni , infatti dichiarò in più
occasioni che il cinema lo aveva distolto dal lavoro letterario, risucchiandolo
in una attività superficiale e poco gratificante , perché allo sceneggiatore
andavano pochi riconoscimenti e il vero autore del film diventava solo il regista. Nutrì
per il mondo del cinema un rapporto di amore-odio: ne coglieva la precarietà, ne rifiutava l’aspetto
commerciale, pur riconoscendo il suo grande potere di rappresentare in modo
immediato i cambiamenti della società. In un’intervista, poco prima di morire,
rivalutò però la sua esperienza nel cinema, nel quale vedeva una forma di comunicazione
più immediata del libro, negli ultimi anni di vita abbandonò quasi
completamente il lavoro di sceneggiatore, ritornando freneticamente allo
scrivere, a riordinare e a raccogliere ciò che aveva pubblicato su vari
giornali. All'interno dell’opera
multiforme di Flaiano fu il giornalismo
che gli consentì di far fronte economicamente alla sua difficile situazione
familiare in quanto fonte di guadagno costante che gli permetteva
di sostenere meglio le spese legate alla cura della sua Lelè.
Per
questa personale tragedia Flaiano,
costretto ad una costante lontananza da sua moglie Rosetta che si era stabilita in
Svizzera, non essendo riuscita a trovare in Italia un istituto adatto che
potesse prendersi cura della figlia, fu condannato ad una grande solitudine
affettiva. Anche il sodalizio artistico con Fellini,
che fu spesso difficile, secondo alcuni
biografi, venne interrotto
definitivamente da Ennio nel 1965 quando colse un’ infelice battuta del
regista sulla figlia malata che amava di una passione struggente proprio perché
con lei la natura era stata matrigna e dal colpo non si riebbe mai.
GLI AFORISMI
Nel
“Diario degli errori”, appunti che vanno dal 1950 al 1972 pubblicati postumi nel 1976, dipinge l’Italia
dell’epoca con ironia e con una leggerezza che conservò tutta la vita
nonostante il suo dramma familiare. Il tema predominante di questi scritti è
apparentemente il viaggio. Ma in
realtà dice: è meglio non viaggiare perché la noia e la
malinconia ci perseguitano dovunque andiamo. Flaiano rivela in quest’opera
l’essenza della sua personalità: polemico, a tratti cinico, sempre
disincantato, individualista anticonformista, con un orientamento politico
antifascista ed anticomunista allo stesso tempo, in quanto non si riconosce
nelle ideologie dominanti.
Le sue
annotazioni mettono alla gogna i
malcostumi diffusi dell’epoca. I falsi miti, le false coscienze e l’idealismo
filosofico assurdo di quel periodo.
“Gli
intellettuali dovrebbero avere la funzione di far divenire più semplici le
questioni complesse, senza renderle semplicistiche, invece accadeva il
contrario: anche le cose più semplici diventano complesse. I politici non
parlano chiaro, gli intellettuali spesso scrivono libri illeggibili,
incomprensibili per chi non ha un solido bagaglio umanistico, le leggi possono
essere decifrate solo dagli avvocati. Insomma conclude: “Non esiste la verità
perché la linea più breve tra due punti è l’arabesco e gli italiani sono
costretti a vivere in una rete di arabeschi”.
Fu
il primo ad intuire la crisi della persona umana per colpa del consumismo col
suo venir meno di valori morali e punti di riferimento e dell’eccesso di una
comunicazione mass-mediale volgare e superficiale. «La civiltà del benessere porta con sé proprio l’infelicità».
Ennio
Flaiano è forse uno degli scrittori più citati per le sue battute, le sue frasi
celebri e i suoi aforismi. Fra quelli indimenticabili:
- Fra trent’ anni
l’Italia non sarà come l’avranno fatta i
governi, ma come l’avrà fatta la TV.
- Il libro sogna. Il
libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni
- Essere pessimisti circa le cose del mondo e la vita in generale è un pleonasmo ossia anticipare quello che accadrà.
- Quando l’uomo non ha
più freddo, fame e paura è scontento.
- Ci sono molti modi di
arrivare, il migliore è di non partire.
- I giorni
indimenticabili della vita sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
- I grandi amori si
annunciano in modo preciso, appena la vedi dici: chi è questa stronza?
- Oggi ho lasciato la
mia famiglia perché ero stanco di sentirmi solo.
I documenti e le immagini sono tratti da, “Invito alla lettura di
Flaiano di Lucilla Sergiacomo, “Ennio Flaiano, l'uomo e l'opera” dagli Atti del
convegno, Pescara, 1983, da “Le lettere a
Giuseppe Rosato” di G. Rosato e da
“Cristo è tornato sulla terra” raccolta a cura di Diana Ruesch, e da “La
civiltà Cattolica di Ferdinando
Castelli”.
Ricostruzione
storiografica a cura di Elisabetta Mancinelli
email: mancinellielisabetta@gmail.com
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