SPIAGGE E BAGNANTI A PESCARA: un profilo storico
La storia della nostra città è ancestralmente legata al mare che è parte
integrante del nostro vissuto.
La spiaggia è considerata come un
punto di riferimento sicuro a partire dalla fine del 1800 e le scene di vita marinara, tramandate da decenni di cultura, riflettono nella forma visiva delle cose ripetute continuamente, il segno di una realtà che cambia ma che può essere
ancora ritrovata intorno a noi.
La storia della costituzione e del popolamento
della nostra “riviera” è stata ricostruita con l’ausilio di interessanti documenti di
studiosi della materia e di quelli in
possesso dell’ Archivio di Stato di Pescara e della Soprintendenza
Archivistica per l’Abruzzo.
Francesco Di
Filippo nel volume “Stessa spiaggia,
stesso mare” edito dal Ministero per i Beni Culturali da cui sono tratti molti di questi documenti si chiede:
“E’ nato prima il mare o Pescara?” - e
continua- “Dalla lettura di pubblicazioni dell’epoca, testi e libri sulla storia della nostra città,
se da un lato sembra potersi affermare che “Pescara Centrale” o meglio
Castellammare Riviera, nasca improvvisamente con l’arrivo della ferrovia, dall'altro, è possibile riscontrare una
sporadica presenza di villini, nella spiaggia di Castellammare, ancor prima
dello sviluppo della linea ferrata sulla fascia costiera”.
L’Abruzzo del resto, nella letteratura di
viaggio del 1800, viene esaltata in
particolare per gli ambienti montani, mentre il mare e le spiagge erano considerati: "Tristi ed insalubri, regno dell’aria
malsana… di depositi fluviali che creano stagni e paludi”… non a caso a metà Ottocento solo sei centri (Castrum
Novum, Castellammare, Pescara, Francavilla, Ortona, Histonium) sono in basso
più o meno vicini alla riva, mentre tutti gli altri si ergono su le vette di
elevati colli che signoreggiano ad una certa distanza dal mare, le sottostanti
valli” (L.Piccioni in “Le regioni dall'Unità ad oggi”).
Anche nel
Registro delle Deliberazioni del Consiglio del Comune di Castellammare del 15
novembre del 1863 (conservato nell'Archivio di Stato di Pescara) la cittadina viene così descritta:
“… Castellammare è un paese che non ha riunione di abitato essendo le case poste
chi in un punto chi in un altro…; e
Francesco De Filippo in “Stessa
spiaggia stesso mare” così ne parla “Nella fascia costiera ‘una plaga deserta’ ciò che domina è ancora
fondamentalmente la natura, con vasti arenili, poche ville ed un piccolissimo borgo
di pescatori...”.
Secondo
le fonti archivistiche le prime notizie relative alle attività sulla costa
pescarese risalgono alla fine degli anni ’70 del 1800. Il tratto di spiaggia interessato all'attività balneare era quello che si estendeva sul lato sinistro del fiume Pescara nel
territorio del Comune di Castellammare Adriatico allora appartenente alla
provincia di Teramo.
Il Comune rivierasco comprese abbastanza rapidamente l’importanza
economica e sociale dell’industria balneare impegnando, per tale obiettivo,
risorse finanziarie e umane per migliorare la salubrità dei suoi arenili. Fino agli anni venti del 1900 si parlerà
sempre di Castellammare e poco di Pescara; due comuni (unica città dal
1927) a Nord e a Sud del fiume Pescara
che, condizionati da eventi contingenti e storici, vivranno un’esperienza ed
uno sviluppo turistico-balneare molto diversi tra loro.
Ma
poi improvvisamente, l’arrivo della ferrovia nel 1862 e l’inaugurazione della
stazione in muratura, nel maggio del 1863 alla presenza di re Vittorio Emanuele
II, trasformerà la realtà economica di tutti i territori attraversati e
favorirà la nascita di nuovi centri e
segnerà per Castellammare e, solo più tardi, per Pescara l’inizio di un grande
sviluppo con la discesa dell’abitato dai colli alla pianura.
Così ricorda lo studioso dell’epoca Marino questi importanti momenti:
“…E l’occasione venne. Quando nel 1862 si
dovette costruire la grande linea ferroviaria da Ancona a Foggia, fu necessario
uno scalo vasto… In una prossima
località i cittadini miopi (Pescara) in un’altra non si trovò spazio sufficiente e Castellammare, protetta
dagli Dei e dai suoi cittadini veggenti, ebbe la fortuna di disporre di molte
aree… e lì venne impiantato lo scalo con una cospicua rete di binari e
impianti capaci di accogliere un movimento di merci che si previde grande ed
immenso sviluppo…”.
Così
il caso e anche la fortuna determinarono la nascita istantanea e lo sviluppo di
Castellammare.
Il nuovo scalo ferroviario, punto di
innesto della linea adriatica e della
Pescara-Roma, fece aumentare notevolmente il flusso dei vacanzieri e furono censiti 1642 nuclei familiari e 195
accompagnatori provenienti per il 6% da Roma, Milano, Foggia, Bologna il
restante da Popoli e dal teramano.
E nessuno, sul finire del 1800, avrebbe potuto
riconoscere nella “frequentatissima” riviera di Castellammare quella campagna punteggiata di poche
casupole e villini descritta appena quarant'anni prima.
Nel
volume XVII Abruzzo Ulteriore I da “Il Regno delle due Sicilie”, si ha una suggestiva
immagine della cittadina:
"…. Sontuosi palagi, ville piene di delizie,
ad ognuno di essi un giardino tutto a fiori, a laghetti, a viali e labirinti di fiori da far credere quivi
posare e rider continuo primavera: e
questa che è la spiaggia di Castellammare...".
Anche Keppel Craven in “Viaggio attraverso
l’Abruzzo e le province settentrionali del Regno di Napoli” dice:
“…Una bassa catena di montagne alla sinistra
del fiume, la quale si estende dalla costa coperta di ville, boschi e coltivazioni… Fra di essi è il paese chiamato
Castellammare (come il suo famoso omonimo nelle vicinanze di Napoli) molto
frequentato nell'estate per i bagni di sole e per l’aria fresca e salubre.”
Oltre
a D’annunzio anche G. Finamore, in “L’Abruzzo come stagione climatica estiva”, eleva al pari delle stazioni
balneari nord adriatiche solo Francavilla e Castellammare definendola “…la Posillipo degli Abruzzi, in via di divenire
stazione balneare di primo ordine”.
In quel momento dati così confortanti spinsero il Comune di Castellammare Adriatico
ad intensificare gli interventi per trasformare la cittadina in un importante
luogo di villeggiatura della costa adriatica imitando modelli seguiti, in
quegli anni da Rimini.
Il 1° agosto 1887 fu inaugurato il Padiglione Marino, progettato e realizzato in soli 19 giorni da
Edgardo Guzzo; la velocità di realizzazione fece pensare all'intervento “della mano del diavolo”; in
realtà l’opera fu fermamente voluta dall'Amministrazione comunale guidata dall'intraprendente Sindaco Leopoldo Muzii e rappresenta il segno di una
strategia turistica ben definita.
L’innovativo
edificio, seppur realizzato in una zona “deserta” in fondo al viale della Stazione, diviene infatti il simbolo
intorno al quale organizzare l’intera stagione balneare. Conteneva un caffè, un ristorante, camerini
da riposo; gli arredi necessari alle pratiche balneari dell’epoca,
ma la vera forza di attrazione della struttura saranno le feste da ballo. Una
nuova concezione terapeutica-salutistica di balneazione che veniva a
comprendere nella terapia dei bagni di mare e di sole anche momenti di sano
piacere, relax, vita sociale.
Fu costituito un
Comitato per le feste: il Club Estivo fondato sull'esempio della Commissione balneare della città di Rimini. A tal proposito lo stesso D’Annunzio ricorda… "il club estivo ha ampie sale e
luminose che… si aprono a feste animatissime… accorrono signore e signori da
tutte le stazioni balneari dell’Adriatico… risuonano per le ville dell’altura e
della pianura dove convita magnificamente una gran parte della colonia
avventizia di Castellammare…”.
Nel
1888 il Comitato finanziò un cartellone per una spesa di oltre 3000 lire per
palloni aerostatici, fuochi artificiali, illuminazione della spiaggia, nel 1890
l’impegno di spesa fu sostenuto direttamente dall'amministrazione comunale e
ammontava ad oltre 4 mila lire di cui
l’80% rappresentato dal compenso pagato al complesso bandistico di Pianella e
anche 156 lire al suonatore di piano per 13 sere.
Nelle stagioni successive la spesa registrò un
incremento in media del 20% tra le voci
di spesa più rilevanti vi erano i compensi pagati alla banda musicale di
Città Sant'Angelo e alla ditta per l’illuminazione elettrica
della riviera.
Il
Padiglione Marino negli anni venti poi fu ampliato e acquistato dall'imprenditore Teofilo Pomponi e trasformato in teatro e infine abbattuto
nel 1963 perché dichiarato pericolante.
Nei primi anni del 1900 anche Pescara, la cittadina a
sud del fiume, come documenta Francesco De Filippo…” punta in maniera decisa
la strada del turismo balneare; inizia così quella che è stata definita “la Marcia verso la Pineta ” nel tentativo di
creare una nuova stazione balneare che sappia valorizzare la salubrità
dell’aria, il suo mare ma soprattutto la “sacra” pineta fino al mare
(oggi Piazzale delle Laudi).”
Istituisce
una stazione di Omnibus trainati dai cavalli che la collega a Castellammare con due fermate
in dotazione del nuovo stabilimento “Asteria” (nome scelto dal Vate).
Esso fu
concepito in legno su palafitte dall’ing. Liberi a cui l’Amministrazione Comunale affida anche il
compito di progettare l’intero nuovo quartiere turistico-residenziale della
Pineta. Quello che l’ingegnere immagina va oltre il semplice quartiere balneare: una vera e propria “Città
Giardino” con servizi, lo stadio, uno spazio espositivo, il mercato, una
colonia marina per i bambini e una chiesa.
Punto centrale
di questa progettazione sarà la realizzazione del “Kursaal” (letteralmente
casa delle cure) che venne ultimato non senza difficoltà e tutta l’operazione promossa dal Comune, per
la creazione di un moderno Rione balneare e climatico alla Pineta, procederà a
rilento sia per la scarsità di
finanziamenti che per la schiacciante concorrenza balneare delle due località
confinanti: Castellammare e Francavilla. Solo nel 1915 verranno realizzati i
primi villini.
Il Kursaal nel 1910 divenne l’equivalente pescarese del
Padiglione Marino e il luogo di ritrovo mondano della Pescara estiva. Negli anni venti fu poi trasformato, su
progetto dell’architetto Michelucci, (uno dei maggiori del secolo) nello
stabilimento del famoso liquore Aurum.
Significativa
la testimonianza pubblicata sul volume “Era Pescara” di G. Quieti: "… la Pineta di Pescara non l’ha mai calcolata nessuno, ci andavano i signori al mare col tram o la carrozza tutti con i cappelli
larghi. Allora non c’erano case, soltanto gli stabilimenti. Quelli di poco
conto, invece, andavano a ‘lu mare vicchie’.
Chi
andava al mare vecchio riportava quattro canne e dei veli; si costruivano sulla
spiaggia delle baracchette per fare ombra, come le capanne degli indiani che si
vedevano al cinema. ...Si chiamava Marevecchio perché sulla spiaggia l’acqua di
mare ristagnava durante la bassa marea e per la gente era un sollievo camminare
lì ed evitare la sabbia rovente... Per il Marevecchio passavano pure le pecore
che tornavano dalla Puglia, per rinfrescarsi gli zoccoli e per disinfettarsi nell'acqua dopo la tosatura."
Risolte le difficoltà legate allo smantellamento della
Fortezza e presa con decisione la via dell’espansione urbana Pescara, pur con
alcuni problemi, vive un momento importante in occasione della tradizionale
festa di San Cetteo del 1910 le cui manifestazioni segnano uno spartiacque
simbolico tra l’epoca della quieta atmosfera della “piccola città delle
Caserme” e “la nuova” e si coglie l’occasione per esaltare la
costruzione dell’Acquedotto, i lavori di banchinamento del Porto,
l’inaugurazione del Teatro Michetti (in alto), del nuovo Stabilimento balneare e del Grand Hotel (a destra) la cui struttura esterna originale fa ancora
mostra di sé nel piazzale antistante la stazione di Portanuova.
Finalmente
anche Pescara riceve gli onori delle cronache come testimonia un viaggiatore
straniero dell’epoca :“… e come non ammirare il prodigioso sviluppo di Pescara?
Unita alla vicina spiaggia di
Castellammare , sarà ben presto una delle più eleganti stazioni balneari
dell’adriatico… la vecchia Pescara aveva tre o quattro mila abitanti, la nuova
ne avrà presto cinquemila. Le sue spiagge, le pinete, il lungomare offrono passeggiate deliziose…”.
Purtroppo
sta per concludersi un lungo periodo che va dal 1885 al 1914 in cui alcuna guerra
sembrava più possibile ed i progressi tecnologici, quali il cinematografo, il
fonografo, la motocicletta, l’automobile e tanti altri avevano dato agli
uomini la sensazione di un periodo felice, di un progresso ed una civiltà di
cui il mondo poteva godere all'infinito.
“Dal costume alla marinara al due pezzi” dagli anni venti agli anni settanta.
Gli anni del primo dopoguerra sono difficili,
segnati da problemi esistenziali e di
reintegrazione nella vita sociale nei mestieri e nelle professioni; le donne, che avevano dovuto sopperire all'assenza di molti uomini raggiungono un diverso grado di consapevolezza e
partecipazione alla vita sociale. La vita familiare è particolarmente
difficile, ma inizia ad affermarsi anche un maggior grado di confidenza e di
condivisione tra uomo e donna.
Le spiagge tornano pian piano ad animarsi anche quella di Castellammare
Adriatico; tra il 1918 e il 1925 si
notano le prime trasformazioni nel modo di stare sulla spiaggia.
“Le donne molto
lentamente e timidamente non ‘prendono’ più il bagno o il sole completamente vestite con abiti lunghi a più ‘strati’ ed ampi cappelli, ma con
vestimenti lunghi più ‘alleggeriti’; si
afferma diffusamente l’uso dell’accappatoio bianco sia per l’uomo che per la
donna e per le più giovani fa la
comparsa quello che possiamo chiamare ‘costume da bagno’: la lunga ‘Redincotte’
d’inizio secolo diventa un vestitino blu o nero, con gonnellino a bande bianche e pantaloncino appena sopra il
ginocchio; per gli uomini ‘costume con
pettorina’ molto spesso a rigoni verticali o orizzontali, o nero” (da ‘Stessa spiaggia stesso mare’ di Francesco Di Filippo).
Nell'estate del 1923 Pescara vive un’intensa stagione di iniziative di rilievo tanto da
meritarsi la copertina a colori de “La Domenica del Corriere”. Vengono organizzati una fiera campionaria con
padiglioni espositivi, gare di canto,
bande musicali, rappresentazioni teatrali, fuochi d’artificio, una sfilata di
carri colorati tradizionali provenienti
da tutta la regione ed una bellissima e
coreografica sfilata- raduno di Paranze.
Nel 1924 ebbe inizio la gara automobilistica
di valore mondiale intitolata a Tito Acerbo che diverrà un appuntamento fisso
fino al 1957. Ogni anno migliaia di
forestieri affluivano a Pescara, questi, spesso non trovando alloggio, si
sistemavano in spiaggia che, la sera appariva invasa da centinaia di lucciole
che erano bagliori di sigarette. Teodorico Marino nel 1926 ci parla di 5000 turisti su 23000 abitanti, un chilometro e 300 metri di spiaggia (tra via Foscolo e via Muzii) 9
stabilimenti e 350 casotti ed erano sempre più frequenti “teli obliqui” (foto
a destra) sistemati a mezza capanna
che, ruotati con il girare del sole, garantivano sempre una zona d’ombra.
Negli anni ’30 i cambiamenti sono tanti
anche nel panorama balneare: compaiono i primi ombrelloni e gli uomini usano sempre più i pantaloncini abbandonando il costume con
‘salopette’; per le donne fanno la
comparsa i costumi interi anche aderenti, i capelli alla maschietto o il cappellino alla moda; alcune
indossano un solo vestito leggero, altre continuano ad usare l’accappatoio che
ancora resiste per gli uomini sfoggiando vistose righe verticali.
Nel 1927 aprì i battenti il Dancing “La Sirenetta ” mentre lo Stabilimento omonimo sorgerà qualche
anno più tardi (1931). Era in concorrenza con il
Padiglione Marino e con
il Circolo Tennis che, sorto nell'area della ex Università,
divenne un ritrovo alla moda dove le
famiglie dei soci passavano le serate tra le partite di allenamento e le danze.
Nel
1930 al Pomponi venne proiettato il primo film parlato per la soddisfazione dei
forestieri: “La canzone dell’amore” di Girelli e al piano terra del Teatro
verrà aperta la famosa gelateria “La
Glacia ” ricordo indelebile per i bambini ma anche i più
grandi fino agli anni ’50.
Davanti allo Stabilimento Venere, realizzato nel 1932 in legno con
verniciatura in bianco e rilievi colorati, un po’ al largo, vi era un
trampolino per tuffi e sulla spiaggia venivano organizzati vari giochi: i "circuiti", i "vulcani", i "buchi", il "trabocchetto", il "cavalluccio", il "chiodo", "i
sassetti", le "piramidi umane" e "rubabandiera".
Passeggiando si rischiava di inciampare su
mucchi di sabbia bollente che
ricoprivano anziane signore che usavano ricoprirsi di queste ‘sabbiature’ per
placare i loro reumatismi.
Una
bella pubblicità, apparsa su “Tempo nostro” nel mese di maggio del 1933, sintetizza la Pescara turistica di
quegli anni "Pescara- Riviera di
Castellammare Adriatico". Stazione di cura, turismo e soggiorno. Spiaggia
incantevole tra le migliori dell’Adriatico, 4 chilometri di lungomare,
7 stabilimenti balneari, 9 alberghi, 2000 appartamenti disponibili, 5 cinema
teatri. Nel giardino di piazza F. Crispi
(attuale 1° Maggio) la villa de “Le
Nereidi” il più elegante ritrovo della riviera Adriatica: tennis, canti,
danze spettacoli folcloristici e d’arte varia. Tutte le sere jazz di Dame e
Orchestre Argenti, parco di divertimenti, Dancing notturno sul mare, salone
di intrattenimenti. Bar, Caffè, Ristoranti, Attrazioni diverse. Suggestiva
pineta dannunziana. Dintorni deliziosi, centro turistico della regione
abruzzese-molisana. Ottimi servizi tranviari; "Centro ferroviario”.
Molti
sono i ricordi di quegli anni della storia cittadina: personaggi sospesi tra
fantasia e realtà: Mollicone che faceva gustare i suoi famosi gelati ed una
donna corpulenta che, al grido quotidiano di "Pizze calde, bombe fresche", vendeva sulla spiaggia gustose
pietanze gioia di grandi e piccini.
Particolare
era anche il personaggio di “Grazia” la Marinara , Grazia Masciarelli immortalata
in una statua del Michetti dalle
sembianze piuttosto mascoline, che viene ricordata seduta davanti all'omonimo stabilimento di sua proprietà, mentre fumava stanca una delle tantissime sigarette dopo aver fatto con la sua imbarcazione la
sua solitaria quotidiana battuta di pesca.
Alle soglie degli anni ’40 il lungomare è ormai definito con il suo
marciapiede, il muretto e l’alberatura.
La vita balneare si svolge regolare nei 9-10
stabilimenti attivi sulla riviera: lo storico Miramare (all'altezza di via De Amicis), il frequentato
Adriatica, la Sirenetta , Grazia, La Venezia , Venere, Saturno,
Sirena, Rondine, Marino Adriatico.
Si
aprono anche nuove colonie tra cui la “Vittoria
Colonna” alla Pineta destinata ad ospitare 385 “Piccole italiane” e la "Stella Maris" inaugurata nel 1939
nella futuristica struttura di Montesilvano, che oggi finalmente si sta
recuperando e ristrutturando.
Questi
sono ricordi di una vita di spiaggia lontana nel tempo che la storia sta per
cambiare ancora una volta.
I primi anni del secondo conflitto mondiale
determinano un rallentamento
dell’attività turistica e di presenze di forestieri, ma per i pescaresi la vita
si svolge quasi regolare fino alle 13:30 di quel terribile 31 agosto del 1943, quando, allora del rientro dalla spiaggia, si abbattono su Pescara le bombe
degli aerei alleati. La città, anche a
seguito dei successivi raid, è ormai ridotta ad un accumulo di macerie; il
colpo di grazia arriva però nel 1944 con le mine dei tedeschi che abbattono
palazzi, villini ed edifici nei pressi della riviera, le strutture del
Porto e il Ponte Littorio.
Il dipinto in alto a destra è di Tommaso Cascella |
Anche
la spiaggia viene interamente disseminata di mine che, scoppieranno
negli anni successivi al conflitto dilaniando ignari vittime innocenti,
nonostante l’opera effettuata e gli enormi spazi di arenile recintato con
piccoli corridoi per accedere al mare.
Nell'immediato dopoguerra, quando l’ingegner Luigi Piccinato viene chiamato a proporre un
Piano di ricostruzione e poi un Piano Regolatore, la Provincia di
Castellammare “fatta di strade larghe, ombrose… di villini eleganti nascosta in
una festa di piante e di fiori…” è solo un lontano ricordo per poi essere dimenticata
per sempre. Il Touring Club Italiano del
1946 così descrive la cittadina…” la martoriata Pescara lavora tenacemente a
ricostruire se stessa…è la più danneggiata tra le altre spiagge meridionali, ma
essa dimostra di essere la più pronta a
riaversi. La vita si svolge
animatissima…sullo specchio del loro mare si vanno diradando le variopinte vele
delle Paranze uscenti alla pesca sostituite gradualmente dai Motopescherecci”.
Un eccesso di
frenesia, esagerazione e voglia di vivere caratterizza gli anni del secondo
dopoguerra e, come ricorda Paola Lombroso in “La vita privata”:
"… questa
esagerazione si riversa anche nella moda… ma dove la moda mette un accento
particolare è nel costume da bagno ridotto a un reggipetto ed a una scarsa
mutandina che le donne portano con
disinvoltura non solo per tuffarsi nelle onde, ma anche per passeggiare sulla
spiaggia e per le strade e per entrare nei caffè. Né questa moda è giudicata scandalosa:praticata da tutti è diventata consuetudine naturale...".
Anche un articolo riportato su un
giornale pescarese del 1951 (raccolto e
ripreso dal libro di G. Quieti "Gente di Pescara") recita così: “…la nostra spiaggia ha ripreso la sua
verve… costumi sempre più piccoli….oltrepassando tutti i limiti del minimo
indispensabile fino a quasi annullare
gli indumenti che dovrebbero servire da toilette da bagno….il guaio è che la
grande affluenza di creature umane alla spiaggia crea una promiscuità
impressionante di sessi…”.
La spiaggia nel tardo pomeriggio diveniva uno
spazio di relazione per feste di compleanno, per vedersi in comitiva, per
giochi di gruppo quasi che la spiaggia fosse una ‘zona franca’ uno spazio in
cui era possibile stare seduti un po’ più vicini. L’ora del bagno era il momento ‘clou’ per la
possibilità di contatti quando si facevano tuffi dal pattino o ci si teneva a galla usando ‘camere d’aria’ dei camion.
Tra
il 1950 e il 1960 agli storici stabilimenti: Miramare, Grazia, Alcione, Marechiaro, Adriatica vengono ad aggiungersene tanti altri (molti degli
attuali) tra cui la Croce
del Sud, E’ nata una stella (abbattuto
negli anni ’90), Albatros il primo stabilimento di Eriberto, Trieste, Le 4 vele, il Gabbiano e Il Lido rinomato per la sua gelateria.
La
loro distribuzione supera via Muzii ma non raggiunge via Cavour dove permane
una spiaggia ampia e dunosa come quella davanti all’Istituto Ravasco dove i
bambini in fila, guidati dalle loro maestre, dopo aver varcato il cancello,
situato in fondo al viale, e aver oltrepassato cautamente la ferrovia e magari salutato i viaggiatori del treno sbuffante, venivano condotti per una ‘visita guidata’ all'arenile dunoso.
L’Azienda
di Soggiorno intanto costruisce la propria sede nel sito dell’ex Circolo Tennis
“Le Nereidi” completando l’arredo dei giardini di Piazza I Maggio che divenne,
negli anni ’70 la sede dell’Università D’Annunzio (oggi Museo d’Arte Moderna
Vittoria Colonna). Il Comune al centro
della Rotonda (oggi Largo Mediterraneo) al posto del Monumento ai Caduti degli
anni ’30, costruisce un’aiuola ornata da una palma con ai lati fiori colorati a formare lo stemma
della città e un orologio. Nella metà degli anni ’60 essa venne sostituita da una fontana.
Nello stesso periodo (anni ’50) a Pescara
Portanuova la vita balneare si svolgeva essenzialmente nei due stabilimenti
Asteria e Aternum nella zona storica della Pineta (attuale
Piazza delle Laudi).
Più
verso il fiume, nella zona dell’ormai ‘ex Marevecchio’, un nuovo
stabilimento sostituì la vecchia casetta
di ‘Zacchia’ un piccolo fabbricato creato appunto da Zacchia negli anni ’30 che fungeva da stabilimento con vendita di
bevande e noleggio di canne e bastoni che reggevano i teli obliqui per
ripararsi dal sole.
Ma la nascita di nuovi stabilimenti sarà più lenta e, solo nel corso degli anni ’60, si realizzeranno la maggior parte degli
attuali.
Per
le famiglie forestiere la villeggiatura sulla spiaggia durava un mese, due per
i più abbienti, molte prendevano case o parte di esse in affitto. Sulla
spiaggia, alle famiglie dei turisti la domenica, si aggiungevano le famiglie
dei ‘fagottari’, così chiamate dai proprietari degli stabilimenti che mal
digerivano questi nuclei familiari provenienti dai paesi dell’interno con ‘il fagotto’ con tutte le provviste.
Le
famiglie pescaresi frequentavano regolarmente la spiaggia, rientrando a casa allora di pranzo tranne la domenica, quando si aggiungeva anche il
capofamiglia.
Fino
al 1965 i titolari degli stabilimenti difficilmente possedevano più di 10-15
ombrelloni, altri però li affittavano ai bagnanti occasionali. I servizi si
facevano sempre più confortevoli per i clienti: docce con acqua a caduta, le
prime toilettes, la vendita di bevande (la famosa gassosa con la pallina e il
chinotto) lasciate in fresco in blocchi di ghiaccio, l’affitto di ‘mosconi’, i giri in barca a pagamento, la vendita di
pizze.
L’uso di togliere gli ombrelloni ogni pomeriggio si
interrompe nel 1961 quando Eriberto Mastromattei, eccentrico e lungimirante
balneatore pescarese allora titolare
dello stabilimento Albatros, stanco di quella massacrante perdita di tempo,
fece gridare ‘al matto’ lasciando gli ombrelloni chiusi per tutta la notte al
loro posto, cosa che gradualmente fecero poi tutti gli altri gestori.
Altre innovazioni introdurrà Eriberto nelle
abitudini e nei servizi dei bagnanti:la costruzione del nuovo ed esclusivo
stabilimento omonimo (1966-1967) con l’organizzazione di mitiche feste estive
che iniziavano al mattino in spiaggia per finire sul terrazzo dello
stabilimento a notte fonda, il pontile (anni ’70) con il trampolino, lo scivolo in acciaio,
l’introduzione di materassini di gomma e sdraio direttamente sulla battigia per
i suoi clienti e infine l’introduzione
delle palme che danno al nostro arenile un paesaggio più esotico e suggestivo.
Entriamo
così negli anni ’60 e più precisamente
nel 1963: l’anno in cui il Teatro
Pomponi (costruito ampliando il
Padiglione Marino) venne abbattuto e i
personaggi della Pescara che fu (Mollicone, Grazia) sfumano sempre più,
la città supera i 100.000 abitanti facendo il salto di categoria e il sindaco Mariani, in occasione del
centenario della nascita di D’Annunzio, inaugura il Teatro alla Pineta dedicato
al ‘vate’. Realizzata in cemento armato
da Vicentino Michetti junior divenne il simbolo della nuova Pescara moderna e vivace, ma nello stesso tempo con un richiamo al passato sia
per la dedica al suo illustre cittadino sia per la forma che evoca le analoghe antiche costruzioni romane
arricchita dallo slancio di un obelisco alto 65 metri.
Un
articolo del Tempo del 18 agosto di quello stesso anno racchiude questa bella descrizione della
nostra città dalla duplice anima: turistica e commerciale: “…. La città vive
con inesauribile versatilità la sua doppia vita, quella frenetica del traffico
e del commercio e quella salutare e gaia della lunga stagione estiva… per
l’intera sua estensione di 8 km. La spiaggia è fiancheggiata da un magnifico
lungomare al quale fanno corona da una
parte la giovane Pineta di Montesilvano e dall'altra la più celebre Pineta
dannunziana…. L’estate che si approssima non potrà che confermare la costante
ascesa di questa città straordinaria…giustamente definita “perla
dell’Adriatico”.
Ricostruzione
storiografica a cura di Elisabetta Mancinelli
email: mancinellielisabetta@gmail.com
I documenti sono
tratti da “Stessa spiaggia stesso Mare” di Francesco Di Filippo, da “Era
Pescara” della Sovrintendenza Archivistica per l’Abruzzo”, da “Gente di
Pescara” di G. Quieti, da “Pescara stagione climatica estiva” di G. Finamore, "La vita privata" di Paola Lombroso e dall'Archivio di Stato.
Le immagini sono tratte dal patrimonio
fotografico di Tonino Tucci che ne autorizza la pubblicazione.
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